lock forward back pause icon-master-sprites-04 volume grid-view list-view fb whatsapp tw gplus yt left right up down cloud sun
Brescia
di ROMANO GUATTA CALDINI 18 gen 2019 15:08

Decreto sicurezza: quali conseguenze?

Decreto sicurezza: un patto fra società civile ed enti locali per attenuarne l'impatto sociale. Continua l’interlocuzione tra la Prefettura e gli enti che in questi anni, nel Bresciano, si sono occupati dell’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati, sia nell’ambito dei progetti Sprar che nella gestione dei Cas, quindi Tavolo Asilo del Terzo settore, Diocesi e Coordinamento provinciale Sprar

Continua l’interlocuzione tra la Prefettura e gli enti che in questi anni, nel Bresciano, si sono occupati dell’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati, sia nell’ambito dei progetti Sprar che nella gestione dei Cas (Centri di accoglienza straordinaria), quindi Tavolo Asilo del Terzo settore, Diocesi e Coordinamento provinciale Sprar. Le conseguenze sul territorio del Decreto sicurezza - a seguito di quanto riferito nelle comunicazioni di questi giorni dalla Prefettura, sulle modalità di attuazione di quello che è previsto dal dispositivo legislativo - sono state l’oggetto all’ordine del giorno.

La prima ricognizione del tavolo è stata sulla situazione dei titolari di protezione umanitaria (che per effetto del Decreto sicurezza non potranno più accedere allo Sprar e verranno pertanto espulsi dall’accoglienza, pur in possesso di regolare permesso di soggiorno) finalizzata a valutare la presenza di persone con vulnerabilità e nuclei familiari, in vista di una prossima uscita dal sistema di accoglienza. Nei giorni scorsi il prefetto Vardé aveva annunciato che, nell’immediato, non ci sarebbero state pesanti ricadute sul territorio, richiedendo disponibilità e supporto alle realtà da sempre in campo sul fronte dell’accoglienza.

 “Cominciano le prime azioni concrete – ha sottolineato Antonio Trebeschi del Coordinamento Sprar -  in particolare in merito ai titolari di permesso di soggiorno umanitario presenti nei Cas. Sino al 5 ottobre scorso erano ospitati nei Cas in attesa di essere inseriti negli Sprar. Oggi non hanno più questa prospettiva. Durante l’incontro in Prefettura ci è stato chiesto di collaborare affinché vengano attenuate le conseguenze del Decreto Sicurezza”. Sono circa un centinaio le persone coinvolte, che si trovano oggi in questa sorta di limbo. “Il fatto che si possa prevedere, come sottolineato dal Prefetto – continua Trebeschi – che non ci siano nell’immediato delle conseguenze eccessivamente impattanti per il territorio, sicuramente dipende anche da quanto fatto sino ad oggi, in tema di accoglienza e integrazione, dagli enti gestori dei Cas”. Si pensi all’alfabetizzazione, ai percorsi verso l’autonomia, ai tirocini formativi.

Don Roberto Ferranti, direttore dell’Ufficio migranti, più che alla contingenza guarda positivamente al domani, allo sguardo prospettico con il quale si è voluto intavolare il dialogo fra le diverse realtà: “Siamo tutti chiamati a mettere in gioco qualche cosa di più e a farlo con quella qualità che ha portato agli esiti positivi sotto gli occhi di tutti. Siamo chiamati a prendere una posizione ”.

L’impegno profuso in questi anni della cosiddetta “emergenza rifugiati” dalle associazioni che si sono riunite nei giorni scorsi è sempre stato improntato nel tenere livelli alti della qualità dell’accoglienza, destinati - a fronte di un minor trasferimento di fondi, a calare, se non verranno messe in campo le sinergie del caso. Il servizio svolto dalle realtà che si sono occupate di accoglienza è, infatti, sempre stato caratterizzato da una adeguata professionalità degli operatori sociali, da una puntuale attenzione verso i bisognosi e i diritti delle persone accolte, in una costante opera di costruzione di legami sociali tesi al rafforzamento dei principi di solidarietà, di reale integrazione nel tessuto sociale bresciano e in una azione educativa di rispetto del contesto accogliente bilanciando diritti e doveri civici.

Grazie all’importante lavoro svolto dalla maggioranza degli enti gestori dei Cas facenti capo al Forum del Terzo Settore e alla Diocesi, che hanno garantito ai beneficiari accolti (richiedenti asilo e titolari di protezione umanitaria o di altra forma) i servizi previsti dagli standard dei progetti Sprar (alfabetizzazione e accompagnamento all’autonomia, mediante tirocini formativi ed altre attività professionalizzanti, che in molti casi ha già portato anche all’acquisizione di competenze o anche contrati lavorativi) si può prevedere che, nell’immediato, possa essere contenuto l’impatto sui servizi sociali comunali  delle persone che verranno espulse dall’accoglienza.

Per fra fronte alla contingenza, dalla valutazioni condivise durante l’incontro di mercoledì scorso, le realtà coinvolte ritengono che “il principio della responsabilità sociale e di collaborazione con le istituzioni che ha caratterizzato in questi anni l’operato degli enti che fanno accoglienza deve continuare a caratterizzare il nostro modo di affrontare il fenomeno, per tale ragione si sta valutando con un coordinamento tra le varie e realtà che possa portare a: ricercare sistemazioni alloggiative temporanee a carico della singola struttura di accoglienza al fine di rendere l’uscita della persona umanitaria il meno impattante possibile sul soggetto e sul territorio;  rivolgere particolare attenzione ai diversi nuclei familiari attualmente in accoglienza, quando ne verrà stabilita l’uscita, al fine di tutelare al meglio l’integrità del nucleo e il benessere dei minori; accompagnare le donne singole verso una uscita coerente con le potenzialità effettive di autonomia della donna e i possibili rischi connessi a fattori di sfruttamento; potenziare ulteriormente le azioni già in essere nell’accompagnamento al lavoro fornendo ulteriore supporto alla realizzazione di tirocini formativi professionalizzanti a carico temporaneo delle strutture di accoglienza; studiare progettualità di cohousing a carico dei soggetti con attività lavorative in essere al fine di rendere efficace e concreta una azione di mediazione alloggiativa verso i privati; rendere disponibile la rete dei progetti Sprar (ora Siproimi) per intercettare accogliere i soggetti vulnerabili che potrebbero rientrare nella tipologia dei casi speciali e contenere l’effetto della marginalizzazione".

Se quelle succitate sono le azioni previste nel breve periodo, il progetto sinergico fra società civile ed enti locali si pone obiettivi maggiormente strutturati, tendenti a frenare, sul lungo periodo, gli effetti della precarizzazione e dell’appesantimento della situazione sociale, a seguito dell’’uscita del sistema di accoglienza degli umanitari, il primo di una serie di effetti. Seguirà, infatti, un’alta percentuale di rigetti della commissione dovuti all’assenza di un ammortizzatore sociale come il permesso umanitario.

Dal tavolo di confronto fanno sapere che, in prospettiva, potrebbero essere 1300 le persone, nel Bresciano, destinate a diventare illegalmente soggiornanti, andando, inevitabilmente, a bussare ai servizi sociali dei singoli Comuni.

Per tali ragioni i prossimi step previsti sono: la realizzazione di un osservatorio provinciale sugli effetti a lungo tempo della legge; studiare nuove forme di accoglienza non governativa che possa dare, almeno in parte, risposte concrete a forme di marginalizzazione sociale che potrebbero trasformarsi in degrado sociale della persona e della sua dignità; individuare nuove forme di finanziamento europeo destinate alla gestione responsabile dei processi migratori; tenere alta l’attenzione verso la qualità dell’accoglienza prevista nel prossimo bando ministeriale in considerazione della notevole riduzione di servzi di integrazione se non totale assenza descritti nei nuovi capitolati dei Cas.

ROMANO GUATTA CALDINI 18 gen 2019 15:08