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Brescia
di +LUCIANO MONARI 11 set 2016 18:42

Mons. Monari: "Che il tuo sia un ministero di speranza"

L'omelia pronunciata da mons. Luciano Monari in occasione dell'ordinazione episcopale di don Marco Busca

Quando insegnava teologia sacramentaria don Busca era solito dire agli alunni che per un cristiano il ‘cursus honorum’, la ‘carriera’, culmina e termina con il battesimo. Non c’è infatti onore o distinzione più grande di quella che appartiene a un battezzato: nuova creatura, figlio di Dio, membro del corpo di Cristo, tempio dello Spirito Santo… Se nel mondo la carriera è una scala che si slancia verso gli onori più alti, nel regno di Dio è invece un cammino che si abbassa verso il servizio più umile, imitando Gesù che si è fatto servo fino alla morte e alla morte di croce. L’ordinazione episcopale non è dunque il conferimento di un titolo d’onore; è invece la chiamata a un servizio che requisisce per sé tutte le energie di una persona, per tutta la vita. Marco non diventa oggi qualcosa di più che un cristiano; riceve invece una missione che gli farà vivere in un servizio particolare la vocazione battesimale [alla sequela di Gesù]. “Se mi atterrisce l’essere per voi – diceva sant’Agostino – mi consola l’essere con voi. Perché per voi sono vescovo, con voi sono cristiano. Quello è nome di ufficio, questo di grazia; quello è nome di pericolo, questo di salvezza.” È motivo di consolazione sapersi amati da Dio, redenti da Cristo, santificati dallo Spirito; è motivo di timore svolgere un servizio dove ogni negligenza comporta una responsabilità grave. Sono anche per noi le parole che il Signore rivolse a Ezechiele, quando lo chiamò a essere sentinella per Israele: “Se io dico al malvagio: Tu morirai! E tu non lo avverti e non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta perversa e viva, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io chiederò conto a te.” Se le cose stanno così, verrebbe da chiedersi, vale la pena essere vescovo? Dico senza esitazione: sì! e senza dubbio alcuno! È vero che l’episcopato moltiplica il numero e il peso dei nostri peccati: rimaniamo sempre in difetto di fronte ai bisogni del presbiterio, delle comunità e dei cristiani; costringiamo preti e laici ad avere un’immensa pazienza con noi, per i nostri limiti; dobbiamo ricorrere ogni giorno alla misericordia di Dio. Ma se vogliamo un poco di bene al Signore, che cosa è più desiderabile che spendere la vita per coloro che Cristo ama e per i quali Cristo ha portato la croce? e se vogliamo un poco di bene all’uomo ferito, che cosa di meglio possiamo fare per lui che dargli un motivo vero di speranza? Cristiano è nome di salvezza – dice sant’Agostino – vescovo è nome di pericolo. Ma si può dire che anche ‘vescovo’ è nome di grazia, nella misura in cui non lo consideriamo un titolo di grandezza mondana ma, con umiltà e con gioia, ne facciamo un’occasione di amore per Dio e per gli uomini.

Tra poco, nel corso del rito di ordinazione, don Marco si prostrerà a terra in segno di quell’umiltà che dovrà accompagnarlo durante tutto il ministero. Come vescovo, porterà la mitra che è un copricapo di onore, avrà al dito un anello prezioso che è segno di distinzione, indosserà spesso paramenti splendidi – ma il suo spirito dovrà rimanere sempre nella posizione prostrata dell’umiltà. Quanto più grande è il compito che gli viene affidato, tanto più grande dovrà essere il suo abbassamento personale. Solo così potrà dire con san Paolo che “la nostra capacità viene da Dio che ci ha resi ministri di una nuova alleanza nello Spirito.” Quando si ordina un diacono gli si consegna il vangelo perché lo annunci e lo viva fedelmente; ma quando si ordina un vescovo, il vangelo non gli viene consegnato, gli viene messo sulla testa e sulle spalle e sulla schiena. Sembra quasi che il vangelo voglia pesare come un giogo sulla persona del vescovo e avvolgerlo interamente e proprio così dev’essere. La parola del vangelo è Cristo stesso risorto; è lei, la Parola, che domina e noi, piccoli uomini, diventiamo suoi servi. Quel gesto di sottomissione al vangelo di Cristo dice, carissimo Marco, che non dovrai piegare la schiena davanti a niente e a nessuno; ma questo ti sarà possibile solo se rimarrai costantemente piegato sotto la sovranità di Cristo e della sua parola.

La familiarità con la Parola ti permetterà di celebrare il mistero di Cristo con consapevolezza e con gioia perché lì, nell’eucaristia, sta anche il culmine del tuo servizio. Il cuore del servizio episcopale non si trova, come si potrebbe pensare, nell’esercizio dei poteri disciplinari, che pure sono importanti, ma nell’eucaristia perché è la celebrazione comune dell’eucaristia, in obbedienza al comando del Signore, che dà forma alla Chiesa locale, che edifica il corpo di Cristo, che fa crescere unanime il presbiterio, che plasma i battezzati secondo la logica della comunione, che trasmette al mondo la forma dell’amore oblativo di Dio. Quando il vescovo celebra e attorno a lui c’è il presbiterio, ci sono i diaconi, c’è l’intera assemblea cristiana, mai come in quel momento il vescovo è davvero vescovo, strumento attraverso in quale il Cristo risorto chiama, perdona, istruisce, nutre, rinnova la sua chiesa. Siamo davvero cristiani da poco noi che sentiamo l’eucaristia come un obbligo a volte pesante, a volte noioso. Infine dovrai raccogliere i presbiteri nell’unità di cuore, di sentimenti, di decisioni, di azioni. La qualità di un servizio episcopale dipende dalla qualità del presbiterio; solo la comunione di fede dei presbiteri, il loro amore reciproco, il loro senso di corresponsabilità potranno dare al tuo episcopato fecondità e gioia. Papa Francesco invita spesso a risuscitare il senso della sinodalità come forma della comunione e del discernimento ecclesiale. Sinodo: convenire insieme per conoscersi, ascoltarsi a vicenda, confrontarsi, prendere delle decisioni comuni stando tutti insieme in preghiera davanti al Signore. Ma noi stiamo vivendo quella che è stata chiamata ‘la notte della comunità’ e facciamo fatica a vivere gli uni con gli altri e gli uni per gli altri. Viene da chiedere al profeta: “Sentinella quanto ancora durerà la notte? Quanto tempo ancora perché si possa vedere la luce?” La risposta del profeta è sempre la stessa: “Convertitevi!” Perché sorga il mattino manca solo lo spazio della vostra conversione sincera. Quanto più ci rendiamo conto che è notte, tanto più vogliamo anticipare il giorno con la conversione, il desiderio, la pazienza, l’attività operosa. Non può fare altrimenti una comunità cristiana che crede in un Dio uno e trino, un Dio nel quale l’unità è tenace proprio perché non è una forma di isolamento, ma un legame d’amore condiviso, un dono reciproco fedele.

C’è chi pensa che il nostro mondo europeo sia vecchio e decrepito, un mondo che ha sparato tutte le sue cartucce nel passato e che ora si trova sfiancato, sfinito, senza futuro. Ma si può anche pensare che il nostro mondo sia ancora bambino, non ancora cosciente della sua responsabilità nel disegno di Dio, quella di ricapitolare tutte le cose nel mistero di Cristo, nel mistero dell’amore di Dio incarnato. Siamo ancora adolescenti, sospesi tra l’illusione dell’onnipotenza e la delusione per le numerose sconfitte. Ci rendiamo conto di dover fare un salto di qualità nel modo di pensare e di vivere, ma ci illudiamo ingenuamente di poter creare l’uomo nuovo con manipolazioni genetiche. L’uomo nuovo non sarà un uomo più potente, ma un uomo più saggio, più responsabile, più buono. Per questo la novità non è questione di cromosomi; è questione di coscienza, di libertà, di amore; è questione di Cristo. C’è un’alba che comincia a schiarire l’orizzonte, c’è un motivo delicato e sommesso che anticipa e prelude ai toni travolgenti della sinfonia. Dice il Signore: “Ecco, faccio una cosa nuova; proprio ora germoglia; non ve ne accorgete?” È vero: ci sono guerre fratricide, circolano idee distruttive, ci sono forme di degrado – ma tutto questo non dovrebbe meravigliarci più di tanto: Caino non uccise forse Abele, suo fratello? E non fu già Isaia a denunciare i poteri criminali che stringono un patto scellerato con la morte? Sodoma e Gomorra hanno già conosciuto tutte le forme di degrado del desiderio. Dejà vu; già visto. Queste parole potrebbero essere scritte su molti dei mali che feriscono oggi il mondo e umiliano le speranze ostinate dell’uomo.

Ma un’alba nuova inizia a schiarire l’orizzonte: questa è la vera novità, questa è la sorgente di speranza. C’è un uomo, Mosè, che si è messo davanti a Dio per intercedere a favore di Israele. E’ un popolo incostante, Israele, infedele, inaffidabile; eppure quell’uomo, Mosè, servo di Dio, è solidale con lui e a motivo di Mosè Dio camminerà con Israele, attraverso il deserto. C’è un uomo, Gesù, che sta alla destra di Dio e intercede a nostro favore (Rm 8,34; Eb 7,25). Siccome egli ha obbedito a Dio fino alla morte, il suo legame con Dio è indissolubile; ma siccome ha dato la sua vita per noi, anche il suo legame con noi è indistruttibile. Per questo la sua intercessione è efficace: poiché egli non può più essere separato né da Dio né da noi, in lui la comunione di Dio con gli uomini è affatto salda. A motivo di quest’uomo l’esistenza dell’uomo sulla terra può essere esistenza con Dio, quindi esistenza sempre nuova, santa.

In obbedienza a un decreto del papa, oggi ordiniamo vescovo don Giammarco Busca, bresciano, perché possa guidare la chiesa di Mantova sui passi del vangelo di Cristo. Che cosa significa questo gesto? Significa che c’è e ci sarà ancora domani una parola di Dio nel mondo; che in mezzo alla desolazione dei nostri peccati c’è e ci sarà ancora il mistero di Cristo che riconcilia il mondo con Dio; opera ancora in mezzo a noi una forza di amore che tutti i nostri egoismi e le nostre stupidità non sono capaci di cancellare. Vengono ordinati vescovi, preti e diaconi, perché ci siano sentinelle che, mentre la notte sembra ancora ricoprire il mondo, spiano e indicano i primi segni dell’alba. Ecco, Marco carissimo: chiedo, chiediamo al Signore che il tuo ministero di vescovo sia un ministero di speranza, dove chi ha smarrito la strada scopra di essere cercato da Cristo, buon pastore; e dove chi ritorna col peso dei suoi errori trovi un Padre che gli corre incontro, ricco di misericordia e di perdono.



+LUCIANO MONARI 11 set 2016 18:42