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di LUCIANO PACE 25 mag 2017 09:36

Educazione e cyberbullismo

Un insegnante potrebbe anche educare ad astenersi dall’entrare in alcuni ambienti digitali, stimolando negli studenti una riflessione critica su di essi, senza partire dal presupposto, implicito nel ddl, che di internet non si possa anche fare a meno

Qualche giorno fa è stato approvato in via definitiva al Senato il Disegno di legge n. 1261, dal titolo “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”. Nell’articolo 2 è riportata la definizione di “cyberbullismo”: “Qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on-line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”. Di fronte a questa forma telematica di abuso e diffamazione, il comma 4 dell’articolo 4 sottolinea che “Le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, nell’ambito della propria autonomia e nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, promuovono l’educazione all’uso consapevole della rete internet, quale elemento trasversale alle diverse discipline curricolari, anche mediante la realizzazione di apposite attività progettuali aventi carattere di continuità tra i diversi gradi di istruzione”.

Da un punto di vista didattico, ci si potrebbe domandare se l’attività di ordine educativo prevista dal citato comma 4 (e cioè “l’uso consapevole della rete internet”) sia sufficiente a prevenire il preoccupante fenomeno del “cyberbullismo”. In fondo, ogni forma di comunicazione, di cui il dialogo “faccia a faccia” è ancora il prototipo, non è un mero strumento o canale per trasmettere altre informazioni. E’ essa stessa un’informazione di senso, espressione di modalità con cui si intende abitare il mondo interlocutorio. Internet, e con lui ogni social network, non è un mero canale informativo: è un habitat conversazionale. Per questa ragione, un insegnante potrebbe anche educare ad astenersi dall’entrare in alcuni ambienti digitali, stimolando negli studenti una riflessione critica su di essi, senza partire dal presupposto, implicito nel ddl, che di internet non si possa anche fare a meno. A meno che, l’insegnante stesso si percepisca ormai come un burocrate del sapere, il cui unico compito educativo è inviare informazioni fornitegli da altri, senza concedere più nemmeno a se stesso il lusso e l’onere di pensarle, ma solo di “postarle” in aula.

LUCIANO PACE 25 mag 2017 09:36