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di MARIO TOFFARI 09 nov 2017 08:56

Migranti. Scusate se insisto

Ancora una volta il moralizzatore di turno chiede che cosa facciano la Chiesa e le parrocchie per gli stranieri. In quel momento mi appare l’immagine del vecchio Parini e come lui constato che “mia bile, al fin costretta già troppo, dal profondo petto rompendo, getta impetuosa gli argini..."

Ancora una volta il moralizzatore di turno chiede che cosa facciano la Chiesa e le parrocchie per gli stranieri. In quel momento mi appare l’immagine del vecchio Parini e come lui constato che “mia bile, al fin costretta già troppo, dal profondo petto rompendo, getta impetuosa gli argini; e rispondo”, ricordando che nel 1981, quando né le forze sociali, né le numerose associazioni italiane e straniere di oggi, né i politici di turno si rendevano conto del fenomeno che stava iniziando, la Chiesa Bresciana c’era, col suo piccolo, ma significativo “Segretariato Migranti”. Faccio notare come oggi, senza strombazzamenti, lo stesso Centro Migranti, le Parrocchie, le Caritas non sono seconde a nessuno, anche se, da bravi cristiani, cerchiamo sempre di coniugare l’esigenza che “la destra non sappia quello che fa la sinistra” con l’obbligo “di non mettere la lampada sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce alla casa”.

Al contempo rivendico quella che ritengo l’azione più significativa del Segretariato Migranti: a metà degli anni ’90, quando a Brescia aumentava l’affollamento dei migranti, P. Bernardo Zonta, d’accordo con il Vescovo, chiuse per due mesi gli uffici del Segretariato, e li riaprì solo quando il Comune di Brescia istituì un suo ufficio. P. Zonta ribadiva così il carattere suppletivo della carità, che non poteva né doveva sostituire gli obblighi della società civile, ma semmai, affiancarla. Scusate se insito, ma a me pare che le amministrazioni pubbliche abbiano perso e perdano un’occasione d’oro di fronte all’accoglienza di richiedenti protezione internazionale. Perché non prendono loro in carico direttamente l’accoglienza, procurando alloggi, investendo in personale, dando lavoro ai loro cittadini? È un modello che sta funzionando in altri Stati. Si eviterebbero sia le speculazioni di enti privati spregiudicati, sia il sospetto nei confronti di chi non ha paura di sporcarsi le mani con l’accoglienza vera e rispettosa. Eppure un dubbio ce l’ho:” Non è che le amministrazioni pubbliche stiano dubitando di se stesse, della propria capacità di onestà e di trasparenza? Non è che prevalga la paura del futuro dei propri ospiti all’arrivo di un diniego alla loro richiesta di asilo (circa il 60% dei casi), con la necessità di dare loro un benservito ed esortarli a ritornare a casa loro?”. Perché questa è la sintesi terribile della legge in vigore: “Non hai diritto ad alcuna protezione: arrangiati a tornare a casa tua. E se non hai i soldi, non ti resta che la clandestinità”.

MARIO TOFFARI 09 nov 2017 08:56