lock forward back pause icon-master-sprites-04 volume grid-view list-view fb whatsapp tw gplus yt left right up down cloud sun
di ADRIANO BIANCHI 04 gen 2018 16:05

Quei bar oratoriani terra di nessuno

Ascolta

L’oratorio non è educativo “di per sé”, ma la qualità dell’educazione è data dall’insieme delle figure che a questa sono preposte, dalle persone che l’oratorio lo abitano spendendosi per le giovani generazioni

Ha avuto un qualche rilievo sulla stampa locale la decisione dell’unità pastorale di Lumezzane di chiudere fino al 6 gennaio tutti i bar degli oratori parrocchiali a seguito del verificarsi, negli ultimi mesi, di alcuni fatti incresciosi e non certo consoni alla vita oratoriana. Si parla di risse organizzate con comportamenti omertosi, furti con scasso da parte di adolescenti, danneggiamenti di strutture, poco decoro nelle relazioni, disordine, percezione anche all’esterno di un uso distorto di alcol e sostanze, bestemmie. Da qui la chiusura, “consapevoli − scrivono i sacerdoti − del ruolo educativo dell’oratorio”. Chiusura per chiedere un tempo di riflessione. Su cosa? Su ciò che dovrebbe essere scontato e che talvolta dimentichiamo. Anzitutto che l’oratorio non è dei preti, ma è della comunità tutta che ne è responsabile. Non fa specie che i ragazzi si comportino a volte in modo non perfetto, ma che la comunità smetta di percepire che educare esige tempo, compagnia, spirito di servizio.

L’oratorio non è educativo “di per sé”, ma la qualità dell’educazione è data dall’insieme delle figure che a questa sono preposte, dalle persone che l’oratorio lo abitano spendendosi per le giovani generazioni. In secondo luogo va ricordato che la qualità educativa di un’oratorio si misura certo nel fare, ma prima ancora nello stare. Dirà qualche animatore: “Ma noi facciamo già catechismo, animiamo il grest, cosa altro dobbiamo fare?”. All’oratorio bisogna starci, per stare con i ragazzi. E il bar non è “terra di nessuno”, ma è forse l’ambiente che ci ricorda di più come lo stare gratuito e l’intessere relazioni sia fondamentale nell’esperienza educativa dell’oratorio. Per questo i baristi non sono meno dei catechisti e degli educatori e vanno sostenuti. Per questo il bar non può essere solo uno spazio di passaggio, ma deve diventare anche il luogo di qualche proposta educativa, magari del tempo libero. I fatti di Lumezzane ci ricordano che spesso sono i ragazzi più bisognosi quelli che abitano i nostri bar.

Che tipo di investimento stiamo facendo su di loro? L’appello di Lumezzane ai genitori, educatori, adulti e a tutta la comunità è più che opportuno. Serve una presenza degli adulti, attenta, discreta e non invadente. Non per far diventare l’oratorio la loro casa, ma perché resti il luogo del protagonismo giovanile a cui gli adulti si mettono accanto. E come non possiamo accettare che gli oratori siano in ostaggio di quattro ragazzi sballati, così non va bene se diventano più un’osteria che la casa dei giovani. Allo stesso modo non è accettabile un oratorio dove una presenza troppo eccessiva di genitori “genera” un clima inadatto alla presenza di preadolescenti e adolescenti che hanno bisogno che gli adulti ci siano, ma a “una giusta distanza”; rispettando, così, la sua vocazione originale. Mi ha colpito, infine, che a Lumezzane si parli anche di bestemmia. Non è poi così facile che oggi ci sia un richiamo anche a un linguaggio appropriato negli ambienti educativi. L’offesa a Dio della bestemmia è offesa anche a coloro che credono e certo non aiuta, insieme alla volgarità, a produrre una qualità alta delle relazioni educative. Ben venga quindi anche questo richiamo, ci aiuta a pensare e forse a correggere. Come sono lontani i tempi in cui addirittura si celebrava a Brescia una Giornata contro la bestemmia! Scorrendo proprio il numero di Voce del 3 gennaio del 1948, accanto al commento sull’entrata in vigore della Costituzione repubblicana c’è l’appello del vescovo Tredici. “La nostra patria sta attraversando un’ora grave della sua storia. Prossimamente, con le elezioni, la nostra vita sociale riceverà un’impronta decisiva. Se vogliamo che il Signore ci assista e ci benedica in tali avvenimenti, porgiamogli un sublime omaggio d’amore sferrando una poderosa offensiva antiblasfema”. A questo seguivano il programma della giornata con tanto di manifesti da affiggere in negozi, fabbriche e famiglie. Altri tempi?

ADRIANO BIANCHI 04 gen 2018 16:05