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di SAVIO GIRELLI 27 ott 2016 11:05

Tra memoria e oblio

Esiste il pericolo dell’insinuarsi di una concezione panteistica che pone in ombra la fede nella Risurrezione

È di qualche giorno fa la notizia della prima Istruzione promulgata dalla Congregazione per la dottrina e la fede, nel pontificato di Francesco. Il documento, firmato il 15 agosto scorso, e pubblicato in prossimità della “Commemorazione di tutti i fedeli defunti”, invita a riflettere, oltre che fornire indicazioni dottrinali e pastorali, circa la sepoltura dei defunti e la conservazione delle ceneri in caso di cremazione. Il titolo, seguendo una prassi antica, consiste nelle prime parole del documento: “Ad resurgendum cum Christo”, “Per resuscitare con Cristo”. Raccogliendo le preoccupazioni pastorali esposte nel “Rito delle esequie in caso di cremazione”, l’Istruzione muove i passi considerando la sempre più diffusa prassi della cremazione delle salme anche tra i cattolici. Un processo che pare inarrestabile: i dati Istat riferiti al 2014 segnalano come questa opzione venga scelta quasi nel 20 per cento dei casi di decesso, quando dieci anni fa il dato si arrestava all’8 per cento. I motivi sono tanti: c’è chi chiede di far disperdere i propri resti sul campo di calcio della squadra del cuore e chi intende in questo modo marcare il proprio nichilismo. Ma ci sono anche dei casi in cui le persone vi ricorrono perché costa meno del funerale e della tomba. Per molti, infine, la cremazione rappresenta un modo “ecologico” per ricongiungersi alla natura. Certamente, il Signore non ha bisogno delle nostre ossa per resuscitarci nell’ultimo giorno, ma esiste il pericolo dell’insinuarsi di una concezione panteistica che pone in ombra la fede nella Risurrezione.

Sul piano strettamente umano, invece, la conservazione delle ceneri in un luogo sacro consente un’elaborazione del lutto più graduale, un distacco meno immediato, nonché, si specifica al n.3, “può contribuire a ridurre il rischio di sottrarre i defunti alla preghiera e al ricordo dei parenti e della comunità cristiana, (…) che possono avvenire soprattutto una volta passata la prima generazione”. La Chiesa, chiamata a custodire “Verità e Carità”, dichiara pertanto apertamente che “seppellendo i corpi dei fedeli defunti, la Chiesa conferma la fede nella risurrezione della carne, e intende mettere in rilievo l’alta dignità del corpo umano come parte integrante della persona della quale il corpo condivide la storia. Non può permettere, quindi, atteggiamenti e riti che coinvolgono concezioni errate della morte, ritenuta sia come l’annullamento definitivo della persona, sia come il momento della sua fusione con la Madre natura o con l’universo, sia come una tappa nel processo della reincarnazione, sia come la liberazione definitiva della ‘prigione’ del corpo”. Non può consentire perciò “la dispersione delle ceneri nell’aria, in terra o in acqua o in altro modo oppure la conversione delle ceneri cremate in ricordi commemorativi, in pezzi di gioielleria o in altri oggetti, tenendo presente che per tali modi di procedere non possono essere addotte le ragioni igieniche, sociali o economiche che possono motivare la scelta della cremazione.” (n.7). Preoccupata invece di condividere l’esperienza del dolore con i sui figli, in ogni circostanza, la Chiesa, nel momento della deposizione dell’urna cineraria, prega con queste parole: “Dio che prova i giusti come oro nel crogiuolo e li accoglie come sacrificio a lui gradito, visiti questo luogo in cui deponiamo le ceneri del defunto nell’attesa del giorno del Signore quando i morti in Cristo saranno rivestiti di un corpo di gloria”. “A noi che verremo ancora a visitare questo luogo, (…) fa’ che, osservando i tuoi comandamenti, ricordiamo quale sarà la nostra fine”.

SAVIO GIRELLI 27 ott 2016 11:05