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Roma
di REDAZIONE 15 gen 2018 08:15

Papa Francesco in Cile e Perù

Prende il via questa mattina, per concludersi il 22 gennaio, il viaggio apostolico nei due Paesi sudamericani segnati grandi problemi

Un viaggio complesso. Il Papa si appresta a vivere da oggi fino al 18 gennaio un altro viaggio difficile. Atterrerà a Santiago del Cile intorno alle 20.10 (ore locali) e ad accoglierlo ci saranno pellegrini giunti qui anche da altri Paesi del Sud America ma anche questioni calde, problemi aperti, un Paese alla ricerca di stabilità, sociale e politica. Padre Tony Mifsud, direttore della rivista gesuita “Mensaje” parla di “un ambiente agitato”. E la vigilia di questo viaggio è stata purtroppo segnata anche da minacce rivolte allo stesso Papa e da una serie di attacchi a chiese con bottiglie incendiare, frequenti in occasioni simili e segno di un malessere profondo che attraversa oggi il Cile, non solo la sua capitale. Un Paese molto diverso da quello che visitò papa Giovanni Paolo II. E papa Francesco lo sa molto bene. “Negli anni Ottanta – spiega il gesuita – l’immagine della Chiesa godeva di grande credibilità per il suo impegno nella difesa dei diritti umani, mentre ora fa parte della generale crisi istituzionale che attraversa il Paese. Tutte le istituzioni pubbliche, per diverse ragioni, sono viste con sospetto.Prevale un clima di sfiducia”.

A questo si aggiungono le critiche per i costi elevati della visita papale e il le polemiche non ancora sopite per il coinvolgimento di alcuni esponenti della Chiesa cilena in casi di abusi sessuali 

“Senza dubbio – afferma padre Tony Mifsud - la questione degli abusi sessuali ha avuto un’influenza negativa sull’immagine pubblica della Chiesa. Alcuni sacerdoti accusati e puniti erano persone molto conosciute nel Paese e, quindi, l’impatto è stato maggiore. Di fronte a tali scandali, è normale che la posizione della Chiesa su alcune questioni legate alla sessualità abbia perso di credibilità. Ho poi l’impressione che la posizione della Chiesa ufficiale sia stata più difensiva nei confronti di chi denunciava, quando invece era necessario un atteggiamento di accoglienza. È mancata anche una maggiore trasparenza, superando quella mentalità secondo la quale i panni sporchi devono essere lavati a casa propria”. Per questo, secondo il gesuita, più che discorsi la gente si aspetta da papa Francesco alcuni gesti concreti, specialmente in un contesto di sfiducia che predomina nel Paese, come ad esempio unirsi alle vittime.

C’è poi la questione delle popolazioni indigene come i mapuche e la messa che sarà celebrata sulla loro terra, a Temuco. Il Papa ha sempre molto a cuore le minoranze. Che cosa ci si aspetta da lui?
“Il Paese – sono ancora considerazioni del direttore della rivista “Mensaje” - ha un debito molto grande con i mapuche. Ho l’impressione che lo Stato non sia stato in grado di entrare in un dialogo autentico con loro, anzi, c’è una tendenza a ricorrere alla legge anti-terrorismo. La maggior parte dei mapuche è pacifica e non violenta, ma ora anche questa maggioranza comincia a simpatizzare con la piccola minoranza che ha fatto ricorso ad atti violenti. C’è un problema ermeneutico molto serio, perché la realtà è interpretata in modo diverso tra le due culture (cilena e mapuche), come nel caso del significato della terra, che per i mapuche è la “madre terra”. Inoltre, in alcuni settori mapuche la Chiesa è considerata parte dell’establishment colonizzatore delle loro terre. Penso che sia necessario mettersi in ascolto, capire le loro richieste e le loro proposte e spero che la visita del Papa possa diventare un’occasione. Il Papa può ascoltarli e accompagnarli nelle loro giuste richieste, e insistere sul fatto che il ricorso alla violenza non porta ad alcuna soluzione permanente.

Nonostante queste “ferite”, la visita di papa Francesco ha raccolto a Santiago in questi giorni un milione di fedeli. Sono migliaia i giovani volontari. Quale messaggio il Cile si aspetta da Papa Francesco?
Casi di corruzione, un mondo politico che non interpreta la cittadinanza, casi di abusi sessuali, crescente secolarizzazione, crisi delle istituzioni, prevalente mentalità individualista, seduzione del denaro, sfiducia nel pubblico e nelle istituzioni, mancanza di credibilità nell’istituzione della Chiesa. È questo il contesto che Francesco incontrerà. “Penso che sia difficile dire cosa ci si aspetta dal Papa – è la conclusione del gesuita -, ma oso suggerire una parola di difesa per i più vulnerabili attraverso l’impegno per la solidarietà; una parola di speranza che scaturisce dalla fede, che non ignora le difficoltà ma, al tempo stesso, non si rassegna perché è capace di vedere la luce nell’oscurità del tunnel della vita; una parola sul senso più profondo della vita; l’annuncio del Dio misericordioso annunciato dal Figlio Gesù; una parola sull’importanza di costruire un sogno comune tra tutti come espressione di un autentico patriottismo; una parola sull’accoglienza fraterna dei migranti che sono aumentati in Cile negli ultimi anni”.

Dopo il Cile, dal 19 gennaio, il viaggio del Papa toccherà il Perù, un altro Paese lacerato da divisioni e da tensioni politiche. In questo scenario così complesso, Papa Francesco aprà portare un messaggio di unità. È questo l’auspicio espresso dal segretario generale del Ministero degli Affari Esteri del Perù, Eric Anderson ai microfoni di Radio Vaticana.

“Per noi – queste le sue parole - è molto importante. Siamo un Paese cattolico e il Papa arriva in un momento molto importante della congiuntura politica ed economica; porta un messaggio di unità, di speranza: questo il popolo aspetta dal Santo Padre. La parola unità dice tutto: congresso e parlamento divisi, il presidente ha avuto problemi con il congresso … politicamente è diviso, questo Paese. E allora, speriamo che con la figura del Papa e con questo suo messaggio – unidos por la esperanza – tutti dimentichino i problemi politici e torniamo ad essere un solo popolo per ricevere il Papa”. Quello peruviano, ha ricordato Anderson, è un popolo molto credente, religioso a cui piace ricevere lo straniero. “È un popolo – sono ancora le parole del segretario generale - che crede nel fatto che noi siamo un Paese che ha tutto per andare avanti; quello che noi vogliamo, come popolo, è uno sviluppo che annulli la povertà; e in questo contesto vogliamo ricevere il Papa e farlo sentire a casa sua”.

REDAZIONE 15 gen 2018 08:15