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Desenzano
di ANGELO ONGER 16 feb 2017 01:09

Laudato Sì': un sogno realizzato

Don Piero Ferrari sin dagli anni '80 ha progettato la costruzione di un ospedale oncologico. Allora parlava di utopie, di sogni, di coraggio dell'impossibile. Negli anni '90 è riuscito ad acquisire un luogo sui cui edificare il sogno. Nel 2006 è stata benedetta la prima pietra dell'edificio e ci sono voluti altri dieci anni per aprirne le porte

Nel momento in cui sabato 11 febbraio è stato tagliato il nastro che ha aperto il futuro del Laudato Sí' ho pensato a una circostanza singolare. Il 15 ottobre 1978 mentre i cardinali riuniti in Conclave si accingevano a eleggere papa San Giovanni Paolo II, don Piero scriveva a madre Giovanna: «Vorrei si chiamasse Francesco…».Quel suo desiderio è stato esaudito nel 2013. Don Piero sin dagli anni '80 ha progettato la costruzione di un ospedale oncologico. Allora parlava di utopie, di sogni, di coraggio dell'impossibile. Negli anni '90 è riuscito ad acquisire un luogo sui cui edificare il sogno. Nel 2006 è stata benedetta la prima pietra dell'edificio e ci sono voluti altri dieci anni per aprirne le porte. Non sono quelle di un ospedale, ma sono porte aperte non solo verso i bisogni di oggi ma anche verso nuovi e impellenti impegni. Isaia dice che i pensieri di Dio non sono i nostri pensieri. Nemmeno i tempi di Dio sono sovrapponibili ai nostri. Ci vuole pazienza. Una virtù che oggi viene soffocata dalla voglia del tutto subito. Al Laudato Sí' non c'è tutto e non è venuto subito. Don Piero invocava scienza, coscienza e amore. Con i ritmi della Provvidenza e la pazienza per condividerli, il sogno troverà nuovi sbocchi verso la piena realizzazione.

L'entusiasmo dei moltissimi amici che hanno partecipato all'evento, e molti di loro protagonisti del suo inveramento, ha colorato il grigiore che aleggiava anche sulle rive del Garda. La presenza di tante persone è stata la nota dominante e rivelatrice di una realtà che si è formata nel tempo grazie alla forza dello Spirito che a partire dalla spinta viale di don Piero ha contaminato e continua a contaminare i cuori. La sensazione, avvertita anche da qualche politico, meno dai giornalisti, è del manifestarsi di una società del bene, quotidianamente soffocata dalla cronaca delle miserie umane e delle vanità esibizionistiche.

Veniamo alla cronaca. Il vescovo di Verona, mons. Giuseppe Zenti, ha benedetto i presenti e la struttura. È seguito il taglio del nastro da parte di don Dario Pedretti e madre Fatima Godiño, mentre il nastro stesso era tenuto per mano da Tecla Cioli e Bruno Bonfiglio, insieme sintesi umana e spirituale delle opere di don Piero. I partecipanti hanno quindi visitato gli ambienti, ammirando la diffusa eleganza estetica e la qualità degli strumenti a disposizione degli operatori. Raccolti, e quasi stipati, in un salone improvvisato nel parcheggio seminterrato, ma attrezzato efficacemente, i presenti hanno potuto ascoltare gli interventi che hanno messo a fuoco la storia, l'attualità, le prospettive del Laudato Sí'.

Don Dario ha richiamato le parole e i progetti di don Piero e ha commentato: «Siete presenti in molto che avete creduto nella fede di don Piero fin dall’inizio di quest’opera concepita nel 1980; numerosi siete coloro che vi siete lasciati coinvolgere con entusiasmo durante il cammino; alcuni seppur dubbiosi inizialmente, vi siete ricreduti. Oggi ci accomuna la meraviglia di assistere all’inaugurazione di quest’opera di Dio. Siamo qui a dire grazie a Dio e a don Piero che ha accolto l’invito di curare i malati».

Roberto Marcelli , dopo aver ricordato che «Il Laudato Sì’ è l'inverarsi di una intuizione di don Piero Ferrari, divenuta progetto per poi tradursi in opere», ha sottolineato che, nella sua più ampia accezione, «potrebbe essere letto come un intreccio virtuoso di istituzioni e sostegno popolare. Al suo interno convivono la Fondazione Laudato Sì’, con le comunità Mamré, del Cenacolo e la congregazione delle Missionarie Francescane del Verbo Incarnato, delle quali è espressione; la cooperativa Raphaël che rappresenta il braccio operativo; l'associazione degli amici di Raphaël, le Sentinelle del Laudato Sì’ e le migliaia di persone che hanno sostenuto con elargizioni economiche e prestazioni di volontariato l'opera. Uno spaccato originale nel quale è chiaramente visibile un profilo di autentica sussidiarietà».

Ha ricordato l’opera si qui compiuta da Raphaël e che i nuovi spazi ambulatoriali inaugurati si aprono «nel contesto di un progetto che ci vede collaborare con i medici di medicina generale della cooperativa Medici Insieme e con l' Associazione Priamo. La finalità è di migliorare ed estendere, mediante l'apporto sinergico dei diversi specifici contributi, il composito sistema delle cure primarie sul territorio. Un progetto sperimentale, al quale annettiamo notevoli prospettive di sviluppo e di vantaggi per le comunità del territorio. Ma anche un passo del tutto nuovo e significativo, se solo ricordiamo i rapporti del passato, non sempre idilliaci, tra Raphael e i medici di medicina generale». Prima di una lunga serie di ringraziamenti, ha concluso: «Con l'apertura del Laudato Si, possiamo immaginare di aver spiccato il volo o, se si preferisce, di aver preso il largo verso il mare aperto. Una sfida nuova che richiede impegno, umiltà, capacità di accendere relazioni sinergiche e alleanze, di progettare e progredire, senza dissipare alcunché del lascito ideale di don Piero Ferrari. Una sfida resa ancor più delicata e difficile dal nostro voler agire prevalentemente sul terreno dell'oncologia».

Dopo questo intervento di Marcelli, sono seguiti i saluti di sindaci e politici che hanno auspicato una felice collaborazione tra pubblico e privato. Quindi è intervenuta madre Fatima Godiño, superiora generale delle suore Missionarie  Francescane del Verbo Incarnato che ha fatto memoria della preoccupazione della fondatrice, madre Giovanna Francesca dello Spirito Santo, che nel 1958 invitò le figlie a impegnarsi nella lotta contro il cancro. Madre Giovanna incontrò pochi mesi dopo don Piero e fra i due nacque una grande amicizia, su cui si fonda la collaborazione tra le Suore (presenti non solo nella Fondazione ma, dal 1996, anche nell’impegno quotidiano del Laudato Sì’) e le opere di don Piero. Questo il suo auspicio: «Nel giorno di nostra Signora di Lourdes, giornata dei malati, testimoni dell’inaugurazione degli spazi ambulatoriali, ci apriamo al futuro. Lo speriamo con un’attesa operosa, fiduciosi nelle promesse di Dio e cercando di essere una buona risposta alle necessità attuali, specialmente dei più poveri e sofferenti, dove “la vita chiama”. Desideriamo che questa non sia un’azienda più o meno uguale a tante altre. Preghiamo il Signore che ci assista sempre e ci conceda di donare il meglio», con una buona formazione scientifica degli operatori sanitari, con una spiritualità solida, una bontà radiosa, con l’adesione di tutti alla missione profetica.

Il dott. Enzo Galligioni, direttore scientifico degli ambulatori Raphaël, si è soffermato sul cammino sin qui compiuto, anche nel settore della ricerca, mettendo l’accento sulla relazione dottore-paziente, con un sostegno totale, anche nei momenti duri e dolorosi. Ha evidenziato l’importanza delle nuove consulenze che permetteranno di affinare l’impegno quotidiano degli operatori sanitari. Il dott. Carmelo Scarcella, direttore generale dell’ATS (Agenzia per al tutela della salute), ha posto l’accento sulla importanza delle risorse che il Laudato Sì’ mette a disposizione, rilevando come Raphaël abbia anticipato la recente legge regionale nella presa in carico globale del paziente. Ha auspicato per il futuro lo sviluppo di una integrazione fra pubblico e privato che favorisca l’ampliamento dell’offerta di servizi per tutti e la continuità fra centri ospedalieri e assistenza sul territorio. Ha segnalato la necessità di una progettualità futura attenta ai problemi dei malati terminali.

La chiusura è stata affidata a due sentinelle: un’anziana, Silvia Poli, e una giovane, Isabella Botticini. Nel racconto della loro esperienza hanno descritto il primo e l’ultimo anello di una catena che ha una storia vicina alla soglia dei 50 anni. La giornata dell’11 febbraio ha detto che la catena è viva e forte. Ed è destinata a prolungarsi nel tempo. A Dio piacendo. Sotto gli occhi vigili di don Piero.

ANGELO ONGER 16 feb 2017 01:09