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Brescia
di GIANLUCA MANGERI 17 nov 2017 11:50

Il Papa e il fine vita

Leggendo il discorso del Papa ai partecipanti al Meeting Regionale Europeo della "World Medical Association" si sente la preoccupazione del Pastore per scelte delicate, talvolta angoscianti che toccano globalmente l'uomo coinvolgendo la sua personalità, i suoi affetti, le sue convinzioni, la sua fede

Sta facendo discutere il messaggio rivolto dal Papa il 16 novembre scorso a mons. Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita e ai partecipanti al Meeting Regionale Europeo della "World Medical Association", riuniti a Roma sul tema del "fine vita". In esso il Santo Padre ha ribadito il “no” della Chiesa sia all'accanimento terapeutico che all'eutanasia. Il Pontefice ha infatti ripreso il discorso pronunciato da Pio XII nel 1957 ad anestesisti e rianimatori in cui è ritenuta lecita "la sospensione dei trattamenti che procurerebbero soltanto un prolungamento precario e penoso della vita" e la "Dichiarazione sull'eutanasia" del 1980 della Congregazione per la dottrina della fede che dice che è moralmente lecito rinunciare all'applicazione di mezzi terapeutici o sospenderli, quando il loro impiego non corrisponde a quel criterio etico definito come "proporzionalità delle cure".

C'è tuttavia nel messaggio del Papa una novità non tanto sul piano del magistero, ma su quello pastorale. Leggendo il discorso si sente la preoccupazione del Pastore per scelte delicate, talvolta angoscianti che toccano globalmente l'uomo coinvolgendo la sua personalità, i suoi affetti, le sue convinzioni, la sua fede. Si avverte il desiderio del Papa di venire incontro alla persona malata, ai suoi familiari e naturalmente a chi si prende cura, al medico, all'infermiere con il riferimento alla concreta situazione che si sta vivendo. Il Papa scrive che la scelta deve partire dal malato il quale "riveste il ruolo principale", tuttavia in dialogo con il medico per valutare insieme i trattamenti che gli vengono proposti e giudicare sulla loro effettiva proporzionalità in rapporto alla situazione concreta. E' quindi col dialogo e con il riferimento alla situazione concreta che c'è spazio per un discernimento su una cura che non abbandoni mai il paziente ma che nello stesso sia aperta a "lasciarlo andare" nell'accettazione del "limite della condizione umana mortale, nel momento in cui si prende atto di non poterlo più contrastare".

E' questo per il Papa il luogo per esercitare quella che lui definisce, citando la parabola del buon samaritano, la "prossimità responsabile" intesa come amore e vicinanza a chi soffre. Per questo invita ciascuno a dare amore: "Ciascuno dia amore nel modo che gli è proprio: come padre o madre, figlio o figlia, fratello o sorella, medico o infermiere. Ma lo dia!". La "prossimità responsabile" si concretizza per il Papa nelle cure palliative. Qui il malato non viene mai abbandonato, riceve prossimità, dedizione da parte dei familiari, operatori sanitari e pastorali, qui viene combattuto "tutto ciò che rende il morire angoscioso e sofferto ossia il dolore e la solitudine". Le cure palliative si pongono quindi come un antidoto sia all'accanimento terapeutico sia all'eutanasia lasciando così lo spazio per il dialogo tra il malato e il medico e quindi per un discernimento ispirato dalla "prossimità responsabile”. E' in questa direzione che si sente pulsare il cuore del Pastore preoccupato dell'enorme sofferenza dei malati ma anche di chi con essi deve prendere gravi decisioni.

Nel messaggio c'è anche un'ulteriore preoccupazione del Papa che è quella del difficile e complesso discernimento che può investire le persone più deboli e povere economicamente: "I deboli non possono far valere da solo i loro interessi" e i poveri sono condizionati per quanto riguarda la possibilità di accesso alle cure stesse anche nei Paesi cosiddetti "ricchi". Per questo il Papa formula l'auspicio per una legislazione in campo medico e sanitario che "maggiormente promuova il bene comune nelle situazioni concrete". Francesco invita quindi anche il legislatore a quella "prossimità responsabile" che diventa il criterio in base al quale avviare non solo il discernimento per le grandi, delicate e difficili scelte nelle concrete situazioni ma anche per tutelare i più fragili ed i più poveri. Un messaggio quello del Papa che non si può certo ridurre al "no all'accanimento" e al "no all'eutanasia", posizioni richiamate ma note del magistero, ma che va accolto come l’offerta di aiuto di un Padre che, di fronte al groviglio di scelte difficili e delicate dei suoi figli, suggerisce dei criteri di discernimento e delle risposte guardando alla concretezza della vita sempre alla luce del Vangelo.

GIANLUCA MANGERI 17 nov 2017 11:50