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di GUIDO COSTA 07 dic 2017 11:29

Festività: protesta senza i lavoratori

La protesta dei sindacati riguardante le realtà lavorative cui giorno di riposo incrocia quasi mai la domenica o le festività vede l'assenza dei lavoratori dipendenti.

Alla protesta di inizio dicembre contro le aperture festive natalizie dei centri commerciali sono mancati i lavoratori.

I quotidiani ci hanno fatto un titolo impietoso ma vero: “I sindacati sono rimasti soli”.

A sventolare qualche bandiera e a stendere lo striscione a favore dell’obiettivo dell’agenzia fotografica c’erano gli operatori sindacali, i delegati. La cosa fa pensare perché lo sciopero non era nato dal niente. Dietro aveva uno storytelling serio, racconti di vita delle persone il cui giorno di riposo incrocia quasi mai la domenica (non parliamo di una festività!), con tempi e carichi di lavoro ormai da stress e uno straniamento dal reale generato dalla bolla gioiosa e dorata di questi non luoghi dove al sovraffollamento corrisponde una impermeabilità delle relazioni che dà un bel po’ da pensare a sociologi e antropologi. Una cosa seria, serissima. Scivolata via nella malcelata soddisfazione di chi si è preoccupato di mettere in percentuale la scarsissima adesione allo sciopero e nell’indifferenza della gente. Che è come dire tutti noi, sia ben chiaro. Che la sindacalizzazione nel commercio sia largamente al di sotto di quanto avviene in altri settori del mondo del lavoro (su 100 dipendenti si fa fatica a trovarne 20 con una tessera sindacale in tasca) non è una novità, condizionata, più che dal tempo determinato di tanti contratti, da precise strategie di gestione aziendale. Parcellizzando il lavoro per aree, gruppi e reparti si riduce al minimo la dimensione collettiva del lavoro e si esaltano le differenze competitive.

Queste sono per natura divisive e finiscono per ribaltare i contenuti rivendicativi: non più tra lavoratori e azienda ma, paradossalmente, tra lavoratori e lavoratori. Il depotenziamento della rappresentanza degli interessi collettivi dei lavoratori del commercio nasce da queste impostazioni aziendali.

Ne fanno le spese tanto le battaglie quotidiane sulla turnistica quanto quelle straordinarie sul lavoro festivo. Un fallimento sul quale pesa il cambiamento culturale di cui siamo parte: nessuno ormai sembra disposto a riflettere su cosa c’è dietro i nostri vantaggi, che si tratti degli acquisti on line, del supermercato aperto 24 ore su 24 o del centro commerciale che chiude solo il tempo per fare le pulizie. In questi tempi di strenne c’è un libretto che parla dei “benefici del fallimento”. La battaglia per un Natale senza folle a Elnòs o all’outlet è persa, mettiamoci il cuore in pace; non lo è la guerra all’indifferenza che ci impedisce di metterci al posto e nei panni degli altri.

GUIDO COSTA 07 dic 2017 11:29