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di SAVIO GIRELLI 14 set 2017 11:54

Liturgia: il Magnum principium

Papa san Gregorio Magno (590-604) inviò Agostino di Canterbury con un consistente gruppo di monaci in Britannia per evangelizzare l’Inghilterra...

Papa san Gregorio Magno (590-604) inviò Agostino di Canterbury con un consistente gruppo di monaci in Britannia per evangelizzare l’Inghilterra. A una domanda postagli da Agostino sui diversi modi di celebrare l’Eucaristia, il Papa rispose: “Tu conosci le usanze della Chiesa di Roma, in cui sei stato educato. Io desidero però che se trovi nella Chiesa romana, in quella delle Gallie, o in qualsiasi altra, qualcosa che Dio onnipotente possa gradire di più, dopo una accurata scelta, lo porti alla Chiesa degli Inglesi…”(Sources Chrétiennes, Cerf, Paris 1991, 492-495 vol. 371). Il 3 settembre, giorno in cui la Chiesa fa memoria dell’illustre pontefice, papa Francesco con il motu proprio Magnum principium, ha offerto alla Chiesa un nuovo documento che valorizza le peculiarità liturgiche delle Chiese locali. In particolare, Francesco stabilisce che la traduzione dei testi liturgici, approvata dalle Conferenze episcopali nazionali, non vada più sottoposta ad una revisione da parte della Sede apostolica (recognitio), ma alla sua conferma (confirmatio), che non si configura pertanto come un intervento alternativo di traduzione, ma come un atto autoritativo con il quale il dicastero competente ratifica l’approvazione dei vescovi. Papa Francesco conferma così alle Conferenze episcopali l’importante compito di tradurre i testi liturgici redatti in latino nelle lingue nazionali, affinché si possa “fedelmente comunicare ad un determinato popolo, tramite la sua propria lingua, ciò che la Chiesa ha inteso comunicare ad un altro per mezzo della lingua latina” (MM 5).

Non v’è dubbio che questo comporta un clima profondamente dialogico tra le Conferenze stesse e la Sede Apostolica come già da lui stesso auspicato nell’Esortazione apostolica Evangelli Gaudium, documento programmatico del suo pontificato, quando nel n. 32 desidera che le Conferenze episcopali siano “soggetti di attribuzioni concrete” e dove ricorda che “un’eccessiva centralizzazione, anziché aiutare, complica la vita della Chiesa”. Papa Francesco, sulla scia di Gregorio Magno, dà più spazio, quindi, alle Chiese locali. Naturalmente, ciò comporta anche che le Conferenze episcopali siano consapevoli delle loro responsabilità nell’approvazione della traduzione dei testi liturgici, come, nondimeno, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti che andrà a modificare il proprio regolamento in base alla nuova disciplina in modo da aiutare le Conferenze Episcopali ad espletare il loro compito.

SAVIO GIRELLI 14 set 2017 11:54