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di PAOLO BUSTAFFA 13 lug 2017 10:00

Non ci sono altre risposte?

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E se gli immigrati, giunti da diversi angoli del mondo, improvvisamente sparissero dall’Italia? La domanda non è per nulla nuova. Qualche anno addietro questo interrogativo è diventato un film che ha posto una domanda all’opinione pubblica anche se non ha del tutto colto l’aspetto umano della repentina scomparsa degli immigrati

E se gli immigrati, giunti da diversi angoli del mondo, improvvisamente sparissero dall’Italia? La domanda non è per nulla nuova. Qualche anno addietro questo interrogativo è diventato un film (“Cose dell’altro mondo” nella foto) che ha posto una domanda all’opinione pubblica anche se non ha del tutto colto l’aspetto umano della repentina scomparsa degli immigrati. Ha lasciato l’impressione che questa eventualità potesse essere letta solo come un venir meno di forze lavoro. Un venir meno di braccia e di corpi ma non di persone. Non c’è bisogno di citare le diverse forme di contributo degli immigrati, comunitari ed extracomunitari, all’economia e alla società italiana. Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, non perde occasione per ricordare quanto gli immigrati regolari che lavorano nel nostro Paese contribuiscano alla tenuta del regime pensionistico. Tutto questo in gran parte dell’opinione pubblica passa in secondo piano rispetto alle immagini che i media doverosamente continuano a trasmettere dal Mediterraneo. Prevale la forza della paura sulla forza della ragione critica. La motivazione sembra non fare una grinza. “Sono troppi, non possiamo accoglierne altri. Non possiamo offrire un’accoglienza dignitosa. Rimandiamoli a casa, aiutiamoli nel loro Paese”. È da tempo che l’opinione pubblica gira, comprensibilmente, attorno a questa affermazione che la politica, non solo italiana ed europea, sostiene per nascondere il proprio smarrimento. “In Africa – racconta un immigrato in un servizio di Domenico Quirico apparso in questi giorni su un quotidiano nazionale – vedevamo i turisti, anche italiani, ricchi, tutti ricchi, spendevano, pagavano. Così pensiamo che da voi tutti abbiano soldi. Adesso arrivati qui sappiamo che non è così, ma nessuno lo racconta a chi è rimasto in Africa”.

Nessuno racconta all’Africa che l’Europa non è una terra dove scorre latte e miele. E forse non è neppure una terra dove il primato della vita umana, tranne qualche eccezione, guida il pensiero e l’agire attorno a un fenomeno mondiale. Il racconto degli immigrati continua: “Noi africani non abbiamo niente, viviamo sulla lama del coltello, ci bilanciamo da un minuto di speranza a un altro minuto di speranza. Ci tenete ben stretti al morso, due parolette e la nostra vita è andata un’altra volta al diavolo. Amministrate il paradiso, amministrate la speranza, la consolazione. Avete tutto in pugno noi possiamo solo accostare le labbra per qualche minuto”. Abbiamo tutto in pugno, anche noi stessi? Si arriva – si legge nello stesso giornale – a gettare ogni anno nell’immondizia 5 milioni di tonnellate di cibo pari a oltre 13 miliardi di euro. C’è un volontariato, espressione di una solidarietà di fatto, che recupera il più possibile questo spreco per i poveri. Non si tratta di fare confronti moralistici tra immigrazione e spreco. Occorre però chiedersi quale traccia di umanità ci sia nel gettare nei rifiuti tonnellate di cibo e nel temere, perché sono troppi, quanti cercano un po’ di pane e di dignità. Non ci sono altre risposte?

PAOLO BUSTAFFA 13 lug 2017 10:00