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di LUCIANO ZANARDINI 30 nov 2017 09:35

Sempre meno padri e madri

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Oggi fare una famiglia è complicato. Prosegue il calo della natalità (-455 rispetto al 2015) anche nel Bresciano. Lo dicono i numeri dell'Istat, lo impone la società con i suoi modelli di consumo

Oggi fare una famiglia è complicato. Lo dicono i numeri, lo impone, forse, la società. I dati sulla popolazione, resi noti dall’Istituto nazionale di statistica, confermano un calo della popolazione sull’intero territorio provinciale pari a 1427 persone. Il risultato, come si evince dai dati Istat, è il frutto della combinazione di un calo della natalità (-455 rispetto al 2015) e di un aumento del numero delle persone che hanno lasciato la provincia di Brescia per trasferirsi altrove. Concentriamoci, però, sulla natalità. È sempre più difficile aprirsi alla vita. Le spiegazioni possono essere molteplici. Da una parte riflettono un senso di insicurezza generale che, complice la crisi economica, è ancora presente. La precarietà e la paura di perdere il posto di lavoro incidono. Dall’altra sono il frutto di una società a modello consumistico che ci ricorda, ogni giorno, quanto il costo della vita sia alto e poco sostenibile salvo poi scoprire che ci sono ancora famiglie che con un solo stipendio e con più figli riescono a vivere in maniera molto dignitosa. E poi c’è anche una crisi valoriale: siamo in un contesto sempre più individualista. Per quanto riguarda le comunità cristiane, è necessario rimettere al centro la famiglia, rispettandone anche i tempi (quando le riunioni si moltiplicano non facciamo il bene della coppia che tendenzialmente si vede poco), accompagnando le fragilità che sono inevitabili in una quotidianità che corre veloce e che non permette di fermarsi. Neppure per riflettere sulla propria vita. Tutto si consuma rapidamente. Forse anche la parola responsabilità fa un po’ più paura. C’è anche chi, come dicevamo in precedenza, va controcorrente e progetta una vita che contempla anche l’apertura all’altro e che si fa dono per gli altri. E i genitori si donano per i loro figli. Perdono il sonno, litigano, restano delusi, si sorprendono, piangono e ridono in tutte le diverse fasi della crescita. A volte, soprattutto nell’adolescenza, i loro sforzi non vengono compresi. Il ruolo del padre e della madre è impegnativo ma è una grande occasione (non ovviamente l’unica) per attribuire un senso alla vita.

Sul piano politico è evidente l’assenza di politiche strutturali. Il bonus bebè è stato confermato ma ridotto. In Italia, purtroppo, tutto ciò che ruota attorno alla famiglia, nonostante la Costituzione ne riconosca l’importanza, viene considerato un argomento confessionale. Ci sono, invece, nazioni europee notoriamente laiciste come la Francia che hanno cercato di investire risorse nelle politiche familiari. Non è un caso che l’Italia sia stabilmente sotto la media degli Stati dell’Oecd (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) per il Pil investito in sostegno alla maternità e per la durata dei congedi parentali. La scarsa sensibilità nei confronti di queste tematiche è facilmente rintracciabile in un dato: non esiste da anni un Ministero dedicato alla famiglia. Oggi la famiglia vive, quindi, una grave emergenza. La mancanza di lavoro, i costi per la cura degli anziani destinati a salire, la situazione dei nidi (pochi posti e rette alte), l’impossibilità in alcuni casi di conciliare i tempi del lavoro con quelli della casa... potremmo fare un lungo elenco di servizi che ricadono come macigni sulle famiglie. E tutto questo crea una spirale di sfiducia ben evidenziata dal tasso di natalità in una nazione sempre più vecchia che fatica a investire sul suo futuro (i figli). In Francia, ad esempio, investono per la maternità qualcosa come il 5% del Pil. Quando capiremo che la famiglia è davvero un investimento sul futuro, non un costo per lo Stato, sarà troppo tardi. Servono interventi organici e non “una tantum”.

LUCIANO ZANARDINI 30 nov 2017 09:35