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di ADRIANA POZZI 18 gen 2018 09:23

Un impegno scontato?

Ritorna la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani. Nelle nostre società secolarizzate, in un mondo come quello occidentale stanco e affaticato, che ha perso le radici della fede e dei valori umani decisivi, le chiese hanno ancora tante parole da dire

Ritorna la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani e il rischio è quello di vedere in questo ritorno solo un impegno a cui ormai non ci si può sottrarre, ma che, in un modo o nell’altro, bisogna onorare. Non mancano, per la verità, motivi che giustificano un simile pensiero: nonostante tanti segnali, tanti piccoli gesti, tante parole, l’unità dei cristiani resta lontana, una meta che non si vede e che può sembrare irraggiungibile. Ma è proprio questa la sfida che la Settimana ripropone: sperare anche contra spem, come dice S.Paolo per riaffermare, quasi caparbiamente, che l’unità resta un traguardo da raggiungere e conquistare insieme grazie agli sforzi e alla volontà di tutti. Il tema che quest’anno segna la rotta è tratto dall’Esodo e ci ricorda che la mano del Signore è potente ((Es 15,6) : un richiamo all’evidenza che solo fidando nell’aiuto di Dio gli uomini riescono a fare qualcosa che va al di là dei ristretti orizzonti contingenti e può davvero generare un cambiamento.

Placatisi gli scontri e le tensioni che in passato hanno caratterizzato i rapporti tra le diverse chiese, resta però ancora un lungo cammino da fare perché non ci si può accontentare di quella che molti chiamano “diversità riconciliata” che è come dire che ci si rassegna all’evidenza dei fatti e si cerca di convivere il più armonicamente possibile, senza andare troppo a fondo delle questioni. Invece, da una parte, non si deve smettere di seguire il cammino più esigente del confronto, anche vigoroso, sul piano teologico e dottrinale, senza aver paura di rinunciare alla propria identità (cosa che l’ecumenismo non chiede a nessuno) nella consapevolezza che solo dal dialogo, sia pure serrato, possono scaturire punti d’incontro, non come da una trattativa tra gruppi che hanno idee diverse, ma come sforzo, richiesto da Cristo stesso, di tornare a quell’unità che era nel suo cuore. Dall’altra parte, poiché la sfida dell’unità non riguarda solo gli accordi siglati a tavolino,ma tocca il cuore dell’uomo, bisogna che tutte le chiese siano in grado di raccogliere questa sfida e di rilanciarla al mondo di oggi.

Nelle nostre società secolarizzate, in un mondo come quello occidentale stanco e affaticato, che ha perso le radici della fede e dei valori umani decisivi, le chiese hanno ancora tante parole da dire, soprattutto quelle della conversione, dell’accoglienza e dell’evangelizzazione perché nella vita di tutti i giorni ogni uomo veda “la mano potente di Dio” che salva, libera e fa rinascere.

ADRIANA POZZI 18 gen 2018 09:23