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Brescia
di REDAZIONE 29 mar 2018 15:17

Caro Marco, hai giocato bene la tua vita

In Cattedrale sono stati celebrati i funerali di Marco Solfrini, leggenda del basket italiano. Nell'omelia, mons. Claudio Paganini ha sottolineato alcuni passaggi della vita del giocatore argento alle Olimpiadi di Mosca 1980

Ha emozionato da giocatore, ha continuato a insegnare (e a giocare a basket) con quella passione che non l'ha mai abbandonato. "Vorrei che dal cielo, caro Marco, tu guardassi a noi tutti oggi in preghiera. A Dio rendiamo grazie per la tua presenza, per i valori e la gioia che hai saputo trasmettere". Così nell'omelia durante le esequie in Cattedrale mons. Claudio Paganini, delegato vescovile per gli sportivi, ha voluto ricordare Marco Solfrini, leggenda del basket italiano scomparso all'età di 60 anni per un arresto cardiaco. "Marco ha portato nel mondo sportivo, ancora prima dei successi e delle medaglie, l’agonismo frutto dell’impegno personale, la passione che conduce a traguardi elevati, i valori umani vissuti e la testimonianza delle potenzialità educative dello sport".

Ha sottolineato la caducità della vita ("La cura del corpo e una vita sana non ci preservano per sempre da sorella morte") e il rimpianto umano per quello che ancora poteva essere scritto ("Tu potevi ancora dare molto e, attraverso il basket giocato alla nostra età, potevi ricordarci quanto lo sport sia l'ingrediente indispensabile per rendere felice una vita").

Paganini ha utilizzato la metafora del pallone che si infila nel canestro come metafora della vita e come metafora del cammino del cristiano nella liturgia del triduo pasquale. "Guardare alla Pasqua vicina diventa, anche per noi sportivi, l'attesa dell'esito finale. La tua vita ha spiccato il volo... Questa gara, questa vita, l'hai certamente giocata bene! Bomba da tre punti e vittoria!".

Mons. Paganini ha esortato, infine, tutti i presenti a "fare tesoro dei ricordi meravigliosi di un incontrro, di un dialogo e dell'amicizia con Marco. Fatene tesoro. Recitate una preghiera. Obbligherà anche voi a guardare in alto per cercare un anello e una rete in cui indirizzare la palla e l'essenza della vita".

Leggi l'omelia integrale

La cerimonia di commiato da Marco ci offre oggi una liturgia caratterizzata dal Triduo Pasquale. Le liturgie di questi giorni mettono il centro della nostra attenzione gli ultimi eventi della vita terrena di Gesù e l’annuncio della sua Resurrezione. Oggi è Giovedì Santo, dopo la messa crismale celebrata questa mattina dal nostro vescovo con tutti sacerdoti, ci viene proposta la liturgia della messa in “cena domini” (della Cena del Signore). Nel Venerdì Santo, domani, commemoriamo la morte in croce di Gesù. Nel sabato Santo, il vuoto e il silenzio di Dio. E poi seguirà la grande veglia Pasquale con l’annuncio della Risurrezione di Gesù. Nelle letture appena proclamate abbiamo ascoltato il brano in cui Gesù istituisce il sacramento dell’eucaristia e attraverso la lavanda dei piedi ci invita a servire tutti i nostri fratelli. Sono brani molto toccanti per la vita di un credente. Fare “memoria” di quanto avvenne a Gesù diventa per noi fare “memoria” dei nostri comportamenti quotidiani e, nel contempo, creare una “memoria” che racchiude i valori in cui abbiamo creduto e che vogliamo trasmettere alle persone che amiamo. Tutti sappiamo molto bene che quando una persona vive nel cuore delle persone che lo hanno amato non morirà mai più. Ma quanta fatica!

Ed anche oggi ci fermiamo in preghiera per dare un ultimo saluto all’amico Marco, per confermare nella nostra memoria le esperienze vissute con lui, per fare tesoro di quanto ci ha trasmesso, per cercare un modo per continuare a vivere i valori dello sport e della maturità umana.

Allo sgomento della morte improvvisa che ha toccato profondamente noi tutti si è aggiunta la memoria di un percorso di vita sportiva unico nella storia bresciana.
Marco ha portato nel mondo sportivo, ancora prima dei successi e delle medaglie, l’agonismo frutto dell’impegno personale, la passione che conduce a traguardi elevati, i valori umani
vissuti e la testimonianza delle potenzialità educative dello sport. Come gli antichi atleti mitologici custodivano le porte della città, così Marco ha custodito i
valori sportivi della nostra città. Ed ha insegnato ai giovani, con tanta generosità, la via per rendere la vita pienamente vissuta: da protagonista! E di certo ha insegnato a vedere le
difficoltà come strumento per crescere e non come un problema.

Pensiamoci un attimo: ciò che fuori dallo sport è un problema, nel campo del gioco è un dono. Pensiamo alla fatica per un giocatore nel trovare le scarpe taglio 49 o nel cercarsi una camicia adeguata, o nel trovare un albergo chi abbia i letti lunghi 2 mt e trenta. Eppure quelle difficoltà, perché si è troppo alti, diventano un’arma in più per raggiungere la
vittoria. Si, ciò che nel mondo è un problema nello sport diventa un dono!

Ciò che dentro il campo nasce per passione sportiva, nella vita diventa uno strumento per crescere. Si gioca dentro una squadra, e la partita si vince soltanto insieme. Collaborando. Il campo gara, poi, ha dei confini. Come la vita non si può mai andare oltre. Ogni sport ha le sue regole … come ogni uomo ha il suo tempo per nascere e per morire, per amare e per odiare, per vincere e per essere sconfitto.

Ma anche ciò che ti spinge verso la vittoria … è metafora dell’anelito a Dio! Pensiamo a come la rete appesa al canestro ci costringa a guardare in alto. Ci costringe a
cercare in alto le gioie vere. In cielo. Con Dio. E quando guardi in alto puoi sbagliare un tiro o un passaggio ma sei sempre perdonato e puoi ritentare.

Guardando sempre in alto, ti ricordi che le regole sono fatte da altre persone ma tu le hai accettate. E se anche commetti o subisce falli sai chi esiste un giudizio superiore, un arbitro inappellabile a cui ti devi sottomettere. Fratelli, quanto è uguale tutto ciò al vivere la religiosità e l’anelito a Dio!

Ma poi, mi direte, c’è anche la vita con la drammaticità degli eventi. Un arresto cardiaco, caro Marco, è un fallo tecnico ingiustamente subito. E i sacrifici e gli allenamenti, la cura del corpo ed una vita sana non ci preservano per sempre da sorella morte! Inoltre, tu potevi ancora dare molto, certo, ed attraverso il basket giocato alla nostra età potevi
ricordarci quanto lo sport sia l’ingrediente indispensabile per rendere felice una vita.

Al riguardo, consentimi una nota caro Marco. Siamo coetanei ed io a 16 anni giocavo nella Juniores del Basket Orzinuovi. Ricordo perfettamente l’emozione di una gara giocata sul
parquet del EIB (il tempio dello sport bresciano!) contro la Pinti Inox … e ne prendemmo tante ma tante quella volta!!! Tu c’eri vero? Temo cha la mia carriera sia finita li! Ed andai in
seminario qualche anno dopo …

Ma tu continuasti. Eccome! Dopo i tanti successi agonistici nazionali ed internazionali, non hai smesso di giocare e di educare attraverso lo sport.
La tua proverbiale generosità l’hai utilizzata fino a pochi giorni fa per coinvolgere, appassionare ed insegnare ai ragazzi più giovani il modo con cui un atleta sta in campo.
Tu ben conosci, perché l’hai insegnato a tanti bambini, la gioia di poter andare in “lunetta” per tirare con calma e guadagnarsi un punto. È un tiro facile questo!
E quante volte hai insegnato a giocare di finte e di passaggi per giungere ad una schiacciata in rete da 2 punti. È più faticoso così! Ma la gioia vera è spiegare ad un bambino la bellezza della “bomba da tre punti”. Quella che fa vincere la partita a tempo scaduto. Quella che diventa boato di gioia nel palazzetto. Quella che solo tu puoi decidere quando eseguire … perché te la senti dentro. È un attimo, un solo attimo che la vita ti lascia per decidere e per osare quel tiro. Anche se quel gesto atletico è stato provato e riprovato mille volte quanta sofferenza nel decidere e nel prendersi la responsabilità del tiro. È il Venerdì Santo di un atleta! Poi, scoccata la palla, quegli attimi lunghissimi in cui pensi, speri, preghi … attendi l’esito del tiro. In pochi secondi vivi il Sabato Santo di chi, nella solitudine, attende il compiersi dell’evento sperato. Quella “bomba da tre” punti è il tiro della fede!

Hai anche insegnato che il sacrificio e l’attesa non sempre porta al successo e alla vittoria! Ahimè! Vorrei però che dal cielo, caro Marco tu guardassi a noi tutti oggi in preghiera, nel ricordo di te. A Dio rendiamo grazie per la tua presenza, per i valori e la gioia, che hai saputo trasmetterci. Guardare alla Pasqua ormai vicina diventa, anche per noi sportivi, l’attesa dell’esito finale. La tua vita ha spiccato il volo… la palla si avvicina il canestro. E… questa gara, questa vita, l’hai certamente giocata bene! Bomba da tre punti e vittoria!

Sono consapevole che tutti voi presenti avete ricordi meravigliosi di un incontro, di un dialogo… e dell’amicizia con Marco. Fatene tesoro. Recitate una preghiera. Obbligherà anche voi a guardare in alto per cercare un anello e una rete in cui indirizzare la palla e l’essenza della vostra vita. Anche per questa inattesa “Pasqua dello sportivo” … grazie Marco!

REDAZIONE 29 mar 2018 15:17