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Brescia
di REDAZIONE ONLINE 29 gen 2016 00:00

Bombe italiane all'Arabia Saudita: La Rete Italiana per il disarmo si rivolge alla Procura

Si è tenuto nella giornata di ieri 28 gennaio davanti alla Procura di Brescia un incontro con le associazioni locali aderenti a Rete Italiana per il Disarmo, le quali hanno voluto presentare le azioni e le mobilitazioni contro il reiterato invio all'Arabia Saudita di ordigni prodotti in Italia, bombe che sono state utilizzate anche nell'attuale sanguinoso conflitto in Yemen

Dopo le ripetute condanne all'invio dal suolo nazionale di bombe aeree all'Arabia Saudita, dal 2014 in conflitto con lo Yemen, la Rete Italiana per il Disarmo è passata ai fatti, ieri ha presentato alla Procura della Repubblica di Brescia, e contestualmente in altre città (da Roma a Verona, da Cagliari a Pisa) un esposto con il quale si chiede "l'immediata cessazione della vendita di armamenti allo Stato saudita, impegnato in una guerra sanguinosa non riconosciuta da alcuna realtà istituzionale mondiale" come ha spiegato Piergiulio Biatta, portavoce della Rete e presidente dell'Osservatorio permanente sulle armi leggere.
"Esistono prove certe che dal 29 ottobre 2015 ad oggi sono partiti dalla Sardegna sei carichi di bombe prodotte nello stabilimento sardo di Domunovas dalla società tedesca RMW, che ha sede legale a Ghedi" ha detto Biatta, alla testa di una delegazione di associazioni che comprende Pax Christi, Amnesty International, missionari Colombiani e Comitato Non Violento.

Secondo la Rete Italiana per il Disarmo questo viola la legge 185 del 1990, che vieta l'esportazione di materiali bellici verso paesi in stato di conflitto armato e che calpestano i diritti umani.
"In contrasto con l'articolo 11 della Costituzione e con i principi della Carta delle Nazioni Unite, ha proseguito Biatta, la fornitura continua senza sosta ad avere luogo, nel totale silenzio delle istituzioni".

L'esposto presentato ieri mattina, e documentato anche fotograficamente con il carico partito Cagliari, è uno strumento legale che punta a impedire un commercio giudicato "illegale" dalla Rete, "commercio che alimenta un conflitto che ha già causato oltre sei mila morti, dei quali circa la metà tra la popolazione civile yemenita". La parola passa ora alla magistratura che, qualora dovesse accertare una violazione normativa, potrebbe sospendere immediatamente l'invio di armi all'Arabia Saudita.
REDAZIONE ONLINE 29 gen 2016 00:00