lock forward back pause icon-master-sprites-04 volume grid-view list-view fb whatsapp tw gplus yt left right up down cloud sun
Botticino
di R. GUATTA CALDINI 07 set 2015 00:00

Esperienze di microaccoglienza. La testimonianza di don Raffaele Licini

Il 2 settembre nella parrocchia di Botticino Sera sono arrivati 4 profughi. Abbiamo tracciato un bilancio di questi primi giorni con il parroco

Rivolgendosi a parrocchie, comunità religiose, monasteri, santuari di tutta Europa, il Papa vuole che la comunità cattolica "si faccia animatrice di accoglienza”. Anche il vescovo Monari nei giorni scorsi aveva invitato i sacerdoti bresciani ad accogliere i richiedenti asilo. Nel Bresciano c’è già chi si è attivato. E’ il caso di Don Raffaele Licini che il 2 settembre scorso ha accolto nella parrocchia di Botticino alcuni profughi.

Quando ha preso la decisione di accogliere i profughi? Quante persone sono arrivate?

Sono arrivati 4 profughi, 3 del Ghana e uno dalla Nigeria. La decisione è stata presa alcune settimane fa, su richiesta anche del sindaco che era alla ricerca di luoghi per accogliere queste persone. Visti anche gli ambienti che abbiamo, si è pensato che l’unico posto era la canonica di Botticino Sera. Nell’appartamento al piano superiore non occupato dai sacerdoti c’era la possibilità di accoglierli. Nella parrocchia di Botticino Mattina i luoghi sono già occupati da alcune famiglie che vivono situazioni di difficoltà qui del paese.

Molte volte ci si chiede come venga gestita l’accoglienza. Dal punto di vista prettamente materiale queste persone come vengono aiutate?

Sono seguiti da una cooperativa, che da tempo si occupa di queste persone. La mattinata è scandita dalle lezioni, per lo studio della lingua italiana, conoscenza del posto e altre occasioni d’incontro. Dal punto di vista legale sono sempre seguiti da questa cooperativa. Durante il pomeriggio, come nei giorni di festa, si sono resi disponibili per dare una mano. A me han detto: “Per chi ci ospita, se ha bisogno di qualcosa, noi siamo disponibili a dare una mano”. Domenica mattina, senza chiedere niente a nessuno, hanno preso in mano una scopa e hanno iniziato a pulire tutto l’oratorio. Una piccola cosa, ma che palesa la presenza di una buona volontà da parte loro… Mentre la cooperativa li segue negli ambiti già citati, noi ci siamo attivati per una maggiore integrazione: già fanno parte delle squadre del territorio, partecipano ad allenamenti e partite. Sono pochi giorni che sono qui, è ancora “tutto” da costruire.

Se dovessimo tracciare un bilancio potremmo dire che è positivo, anche per quanto riguarda l’accoglienza da parte della comunità?

Per quello che vedo io, posso dire che ci sono tante persone che hanno apprezzato, non tanto come scelta mia, ma come attenzione che le comunità stanno maturando pian piano nella direzione dell’accoglienza. Certo, ci sono anche i soliti – per di più quelli che vengono proprio in chiesa – che nei confronti dell’accoglienza riscontrano le solite difficoltà: pensano che si porti via qualcosa a loro, pensano che sia la parrocchia a pagare, pensano ai debiti. Io, invece, penso che dobbiamo convertirci, un po’ di più…
R. GUATTA CALDINI 07 set 2015 00:00