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Brescia
di L. ZANARDINI 01 apr 2016 00:00

Il Prefetto: Il terrorismo non ha vita facile

Fatta la premessa che il rischio zero non esiste, il prefetto Valerio Valenti rassicura i cittadini sul controllo del territorio

“Bisogna continuare a vivere tranquillamente e serenamente, spostarsi e viaggiare. Le Forze dell’Ordine sono presenti e i nostri Servizi sono molto attivi ed efficienti. L’Italia non ha avuto queste tristi esperienze concentrate soprattutto in altre realtà. Fatte queste premesse, il pericolo del terrorismo è realmente presente in Europa: continueremo a vigilare. Spero che la gente non cambi le proprie abitudini, ma continui a vivere serenamente, perché chi fomenta questi episodi terribili spera che la gente cominci ad avere paura, a cambiare le proprie abitudini e a perdere la gioia di vivere”. Con queste parole il prefetto di Brescia, Valerio Valenti, prova a tranquillizzare i bresciani. Nel corso dell’intervista, il Prefetto, classe 1958 e originario di Trapani, spiega quanto si sta facendo sul nostro territorio per scongiurare il rischio di attentati e ribadisce un no convinto all’equazione profughi-terroristi, perché “bisogna tenere ben distinte le due questioni”.

Dott. Valenti, dopo i recenti fatti di Bruxelles anche in Italia è stato alzato il livello di allerta. Concretamente, se guardiamo alla nostra provincia, cosa significa alzare il livello?

A Brescia, come credo nelle altre province, siamo partiti dai cosiddetti obiettivi sensibili, che in questo caso sono rappresentati dalle stazioni, dagli aeroporti e dalle metropolitane, e più in generale i luoghi di aggregazione colpiti negli eventi più recenti. A questi si aggiungono, nell’Anno giubilare, le chiese con le Porte Sante.

Il ministro degli Interni Angelino Alfano ripete spesso che, data la situazione internazionale, il grado di rischio zero è difficile da raggiungere. Possiamo, comunque, rassicurare i cittadini bresciani che il livello di attenzione è alto?

Non c’è dubbio. Il rischio zero non c’è e non esisterà, probabilmente, per diverso tempo. Dobbiamo convivere con questa situazione per molto tempo, ma questo non deve far cambiare le nostre abitudini. I cittadini devono sapere che i luoghi sono controllati e vigilati. Non esiste un rischio reale che nasce da situazioni oggettive, ci sono allarmi e innalzamenti delle misure di sicurezza che nascono da un contesto internazionale, che inducono anche il nostro Paese ad allinearsi con gli altri e a mantenere un’attenzione particolare, innanzitutto sugli obiettivi sensibili. Il rischio è presente, ma non è concreto e immediato. Questo non esclude che possano verificarsi dei fatti, ma ad oggi le Forze dell’Ordine e il nostro apparato hanno garantito una vita ordinata e serena per tutti i cittadini.

Tra gli obiettivi sensibili ci sono anche le Porte della misericordia delle nostre chiese… Nei giorni scorsi è stata paventata anche l’ipotesi di reintrodurre il metal detector per l’accesso in Cattedrale.

In sede di Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica abbiamo parlato anche di questo. La valutazione è stata rimessa alle Forze di Polizia in relazione agli eventi che si susseguono: non ci sarà, quindi, una presenza costante del metal detector, ma in alcune situazioni ci saranno delle attenzioni particolari. Tutto si svolge regolarmente. Il Questore potrà valutare l’introduzione della misura aggiuntiva in alcune occasioni specifiche.

La provincia di Brescia, dato anche l’alto numero di stranieri, così come quella di Milano e di Roma, è controllata a vista dal Ministero per il rischio di infiltrazioni di stampo terroristico… C’è però un fenomeno che va chiarito. Si è diffusa in parte dell’opinione pubblica, grazie anche ad alcune forze politiche, la convinzione che il terrorismo possa trarre vantaggio dall’accoglienza di richiedenti asilo e di profughi… e magari in questo contesto trovare nuovi adepti.

I profughi e i richiedenti asilo che sono arrivati sul territorio bresciano e, in generale, in Italia non hanno nulla a che fare con i terroristi. I fatti ci insegnano che si trattava, in Francia e in Belgio, di soggetti di seconda e terza generazione. Certo tutto può accadere, ma bisogna tenere ben distinte le due questioni: l’accoglienza e il proselitismo nei confronti del jihadismo; sono due fronti completamente avulsi l’uno dall’altro.
L. ZANARDINI 01 apr 2016 00:00