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Darfo
di M. VENTURELLI 17 set 2015 00:00

L'accoglienza dei profughi nelle parrocchie. Si scrive apertura si legge carità

Arrivano alla Caritas diocesana le prime risposte all’appello che il vescovo Monari ha lanciato alle parrocchie. L’esperienza della comunità di Darfo

Prima il Papa, poi i vescovi e poi ancora il Papa. Non si può certo dire che sacerdoti, religiosi, monasteri, santuari e parrocchie non abbiano ricevuto in queste ultime settimane messaggi diretti per l’accoglienza dei profughi ormai sparsi, non senza polemiche e chiusure, in mezza Europa. Uno fra i primi vescovi italiani a rilanciare, a livello locale, gli inviti e gli appelli di Papa Francesco all’accoglienza, è stato proprio mons. Monari che si è rivolto ai suoi preti, alle parrocchie. Le risposte, come si legge in questa pagina, stanno cominciando ad arrivare. Come tanti sindaci, è facile immaginare che ci siano in queste ore anche tanti parroci alle prese con le resistenze e le preoccupazioni delle comunità. In loro aiuto può forse tornare utile l’esperienza di chi la strada dell’accoglienza ha iniziato a percorrerla da tempo.

“Mons. Monari ha saputo toccare i tasti giusti e non sono poche le comunità, anche in Valle, che si sono lasciate interpellare e che stanno verificando se sia possibile rispondere a quell’appello, che poi è anche quello che ogni giorno papa Francesco rivolge alla Chiesa. Dopo tutto le parole del nostro Vescovo non sono altro che un richiamo a ciò che il Vangelo ci indica perché la carità è uno degli aspetti fondamentali della nostra fede”. È questo il pensiero di don Danilo Vezzoli, parroco di Fucine di Darfo, responsabile della Caritas zonale e uno degli animatori di una disponibilità all’accoglienza e alla solidarietà che in Valle Camonica vanta una lunga storia. Convinto che l’ultima ondata di arrivi, così come altre tante emergenze che si sono succedute nel tempo, siano un modo con cui il Signore mette alla prova i cristiani e il dovere dell’accoglienza, il sacerdote, che pure non nasconde la fatica e l’impegno che questa “apertura” richiede, fa ricorso al vissuto della sua parrocchia per rassicurare sacerdoti, sindaci e tante comunità ancora titubanti. “L’esperienza dell’accoglienza – afferma – funziona e serve per ravvivare la carità, la misericordia e rendere vivo il Vangelo nelle nostre comunità”. La riprova, conferma, arriva dal progressivo numero di persone che, a partire dalla fine degli anni ’90, con le risposte che la Caritas zonale diede a forme di povertà sino allo sconosciute (su tutte il dramma delle donne dell’est, vittime dello sfruttamento sessuale), si sono affiancate come volontari a don Danilo per le opere di carità messe in campo. “Se il lavoro di accoglienza viene impostato in modo serio – continua il sacerdote – aiuta a crescere anche la comunità che si apre e contribuisce all’abbattimento di tanti pregiudizi. E poi quando il bisogno bussa, chi si dice cristiano non può aspettare più di tanto, non ha bisogno di particolari parole per rispondere positivamente”.

Dal 22 marzo dello scorso anno nella casa Caritas “Anch’io” sono è ospitato un gruppo di 12 richiedenti asilo. A oggi sono 24 i profughi complessivamente passati dalla Caritas zonale di Darfo, che ha così rilanciato e riattualizzato l’esperienza del 2011 quando aprì le porte per rispondere all’emergenza Nord Africa. “Nei giorni scorsi – continua ancora don Danilo Vezzoli – abbiamo comunicato alla prefettura e la Caritas diocesana la nostra disponibilità ad accogliere altre sei donne nella canonica vuota che la parrocchia di Darfo ha a Pellalepre. Stiamo poi seguendo un gruppo di richiedenti asilo ospiti di un albergo di Darfo e ci siamo detti disponibili a seguire e ad accompagnare eventuali parrocchie che intendessero seguire l’invito del Vescovo ad accogliere alcuni profughi”. Analoga disponibilità è stata offerta a quei Comuni della Valle per eventuali progetti di accoglienza.

Da Darfo e dalla Valle Camonica arrivano messaggi rassicuranti, in controtendenza rispetto a quelli lanciati da manifestazioni di chiusura nei confronti dei profughi che si sono registrate in altra parte del Bresciano. Perché, conferma don Vezzoli, in tanti anni gli ospiti passati per Darfo non hanno mai creato particolari problemi. “Certo – conclude – non bisogna sottovalutare l’impegno che un’accoglienza che è qualcosa in più dell’offrire un pranzo e garantire un letto, richiede. Quelli che ospitiamo sono uomini e donne che chiedono, un minimo di vicinanza. La loro presenza, però, ci aiuta a crescere nella carità e nella nostra capacità di mettere in campo concreti percorsi di integrazione”.
M. VENTURELLI 17 set 2015 00:00