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Brescia
di L. ZANARDINI 09 mar 2015 00:00

Profughi: i sindaci scelgono il modello dell'accoglienza diffusa

43 Sindaci del Bresciano hanno siglato un accordo territoriale per l’accoglienza diffusa in Provincia dei richiedenti asilo e dei titolari di protezione internazionale in Italia. Decisivo il ruolo del Forum provinciale del Terzo Settore

La via dell’accoglienza diffusa iniziata nell’aprile 2011 in Valle Camonica con l’emergenza del Nord Africa ha fatto scuola. L’obiettivo è quello di evitare le grandi concentrazioni di richiedenti asilo, che hanno creato e creano non poche polemiche. Per superare quelle situazioni, è necessario il coinvolgimento di tutti, perché ognuno deve fare la propria parte. Il Comune di Brescia (quello che oggi ospita più richiedenti asilo), l’Associazione comuni bresciani (Acb), la Provincia e il Forum provinciale del Terzo Settore (decisivo l’apporto del mondo associativo nell’accompagnamento e nell’inserimento nelle comunità) si sono confrontati e hanno raggiunto un risultato importante.

La firma ha interessato 43 Comuni, ma l’accordo è aperto alla sottoscrizione di nuovi enti locali. “Continua l’impegno – spiega Gabriele Zanni, sindaco di Palazzolo e presidente dell’Acb (Associazione Comuni Bresciani) – per far sì che si possa creare una rete in grado di farci uscire dall’emergenza”. La speranza, ora, è che altri Comuni seguano l’esempio dei firmatari. Visto che spesso gli “imprenditori della paura” (l’assessore del Comune di Brescia Marco Fenaroli dixit a proposito di chi agita false informazioni sui profughi) scelgono la strada dei numeri (“l’invasione”), sono proprio questi numeri a dire che i posti nei Distretti bresciani sono 777 (146 nei Centri Sprar, 333 nei posti messi in campo dal Terzo Settore, 298 negli alberghi): questi 777 si inseriscono in un territorio che raggiunge i 687.346 abitanti. Possiamo davvero dire che siamo invasi? In rapporto alla Provincia (un milione e 264.780 abitanti), la percentuale di accoglienza arriva al 54,40%. Non ci si può lamentare, ma se ogni amministrazione (sono 206 i Comuni) facesse davvero la sua parte, potrebbe essere facilmente assorbito quel fenomeno che noi chiamiamo emergenza.

Nel frattempo il Terzo Settore non si è tirato indietro. Oltre all’opera di sensibilizzazione, si è attivato concretamente: alla data del 5 marzo sono 232 i posti di accoglienza attivi. E quando si parla di accoglienza, si intende un accompagnamento vero e proprio. In prima linea una serie di realtà: la cooperativa Fraternità (Brescia, Castegnato, Ospitaletto e Travagliato); il Consorzio Clarabella (Provaglio d’Iseo e Iseo); Museke (Castenedolo); la cooperativa K-Pax (Breno-Malegno); Consorzio Tenda (Montichiari); Fondazione Fobap (Toscolano); cooperativa Il Mosaico (Gardone Valtrompia); Consorzio Laghi (Sopraponte Gavardo); Fondazione Maggi (Seniga); cooperativa La Rete (Brescia); Asilo Notturno Pampuri (Brescia); associazione Puerto Escondido (Calvagese); Adl Zavidovici (Carpenedolo); cooperativa Isb (Brescia).

La firma dei Comuni è un primo risultato importante. Dott. Zanni, qual è la ratio che vi ha spinto ad andare nella direzione dell’accoglienza diffusa?

Siamo partiti dalla constatazione delle esperienze passate, perché abbiamo visto che i modelli che prevedono grosse concentrazioni in alcune strutture e in alcuni Comuni avevano creato tutta una serie di criticità e di problematiche. Attraverso la partecipazione al Tavolo richiedenti asilo organizzato in Prefettura si è cercato di proporre un modello diverso, più gestibile e più sostenibile. Come Acb in collaborazione con il Comune di Brescia, la Provincia di Brescia e il Forum del Terzo Settore abbiamo voluto promuovere la micro-accoglienza, sollecitando le amministrazioni comunali a farsi carico di un impegno per attivare strutture o, con il Terzo Settore, attivare piccoli nuclei di 4, 5 o 10 persone (nei Comuni più grossi). Questo permette una gestione più sostenibile e al tempo stesso un’accoglienza più dignitosa per le persone che usufruiscono di questo servizio.

In seguito all’accordo Stato-Regioni, rispetto alle quote degli arrivi, la Lombardia è in debito di circa 2000 persone. Ai Comuni è chiesto uno sforzo per colmare l’accoglienza…

Sappiamo le problematiche degli enti locali, ma dobbiamo avere la responsabilità di affrontare il problema con un approccio pragmatico, cercando soluzioni che siano le meno impattanti per le nostre comunità.

I singoli Comuni chiederanno anche una mano al Terzo Settore…

Le possibilità sono varie. Le amministrazioni locali possono stipulare direttamente delle convenzioni con la Prefettura o cercare il sostegno di realtà locali del Terzo Settore che si facciano carico di reperire sul territorio anche strutture private (appartamenti sfitti) perché possano essere utilizzati per l’accoglienza con gli standard dettati dallo Sprar: la presa in carico riguarda la parte giuridica, di alfabetizzazione e di accompagnamento.
L. ZANARDINI 09 mar 2015 00:00