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Lumezzane
di MAURO TONINELLI 05 mag 2015 00:00

Stefano e Giacomo di ritorno dal Nepal

Due lumezzanesi si sono trovati nel bel mezzo del terremoto che ha devastato il Paese asiatico

Partiti per il Nepal affascinati dalla cultura, dalle zone e dalla gente per una camminata e un’esperienza di trekking che gli ha segnano la vita. Stefano Cavagna e Giacomo Venosta, di ritorno dalle zone colpite dal recente terremoto proprio nei giorni scorsi, hanno ancora negli occhi quelle immagini. “Arrivati a Kathmandu abbiamo deciso di proseguire il nostro cammino – racconta Stefano, non nuovo a imprese simili, lui che ama, spesso da solo, conoscere luoghi, culture e popolazioni camminando per quelle terre – alloggiando nei villaggi Himalayani, come suggeritoci dalla nostra guida, il nostro Sherpa”. Un viaggio e un contatto che Stefano aveva raccolto dalle impressioni di altri incontrati lungo il cammino di Santiago.

Lumezzanesi entrambi, 33 anni il primo e 27 il secondo, si sono trovati improvvisamente nel ben mezzo di una catastrofe anche se “al momento del terremoto – spiega ancora Stefano – eravamo nel villaggio della madre del nostro sherpa a circa 3000 metri. Una zona povera a cui eravamo giunti atterrando con un aereo al vicino aeroporto di Lukla. Il villaggio era povero e le case simili ai nostri ‘casotti’ della caccia. La scossa è arrivata. Forte. Ci siamo resi conto della forza ma non dei danni. Lì c’era poco da distruggere”. La prima presa di coscienza è stata quando i due giovani e lo sherpa hanno scoperto l’impossibilità di riprendere l’aereo per tornare alla capitale- Aeroporto chiuso. Ma non solo. Strade e ponti in difficoltà e non percorribili con jeep. Non restava altro da fare che camminare per le valli a cavallo dei 3000 metri e raggiungere la capitale.

“Abbiamo incontrato persone senza casa, accampate sotto teli sostenuti da bastoni a mo’ di tende improvvisate – continua – e sempre pronti a offrirci un angolo al riparo e quanto avessero”. Un viaggio a ritroso che li ha portati a Kathmandu per poi tornare qui. Così scrive Giacomo sul profilo facebook: “per noi una lezione: dormendo sotto le loro tende, mangiando allo stesso tavolo e pregando un Dio ‘diverso’ abbiamo raggiunto una città devastata dal terremoto. Ci si aiutava a vicenda ed anche nelle ore più tristi un semplice sorriso permetteva di andare avanti; uno in particolare mi è rimasto impresso nella mente, quello di una bambina conosciuta il giorno prima del terremoto, si chiama Sonam ed in Nepalese significa Speranza”. Per chi volesse aiutare il Nepal i due giovani consigliano il Progetto Nepal Mario Vallesi (progetonepal.dalmonvisoalbrasile.it), collegata allo sherpa che li ha guidati: “così – ne sono certi – i soldi arrivano!”.
MAURO TONINELLI 05 mag 2015 00:00