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Brescia
di UMBERTO ZILIANI 16 ott 2020 16:45

Bruni e il sogno della B svanito

La campagna acquisti del Lumezzane, che milita in Eccellenza, ha fatto capire quali sono gli obiettivi della società valgobbina. In passato, i rossoblù sono stati ad un passo dal traguardo della Serie B. Emanuele Bruni, classe 1979, è di Marcheno ed è stato un difensore del Lumezzane. Il suo nome è legato al “grande Lume” che sfiorò quel sogno. Contro la Pistoiese un petardo lanciato dalla curva dei sostenitori toscani fece perdere conoscenza a Borghetto, il portiere bresciano; invece con il Cesena, il gol del pareggio di Russo innescò la rissa ai danni di Pietro Strada. Bruni, che al tempo sfoggiava un “ look” alla Nesta, ha giocato prevalentemente nel Lumezzane, poi nella Pro Vercelli, nell’Ivrea e infine nel Savona, con una piccola parentesi alla Triestina in serie B.

Dove ha mosso i primi passi?

Ho iniziato nell’Uso Mompiano. In squadra con me c’era Roberto De Zerbi che poi ho ritrovato al Lumezzane. Un anno nei giovanissimi del mio paese, Marcheno, prima di andare al Darfo in serie D. Quando ero a Darfo giocavo anche nella Nazionale Dilettanti dove ero il capitano.

A Lumezzane sono passati dei giocatori che poi hanno calcato i campi di serie A. Cosa le è mancato per il grande salto?

Mi è mancata un po’ di fortuna in alcune scelte, ma se avessi avuto la maturità di adesso... La giovane età fa commettere degli errori che solo crescendo si riescono a comprendere. Quando ero alla Triestina in serie B, avevo tre anni di contratto ma percepivo che le cose in società non andavano bene, quindi chiamai d’istinto il mio procuratore perché volevo tornare a Lumezzane. Ci arrivai con il rammarico del “sogno svanito”; non fu un bell’anno: terminammo con la retrocessione in C2.

Lei sfiorò per due volte il sogno di andare in B con il Lume…

Sfumarono entrambi di un soffio, in situazioni poco limpide.

Come ci si riprende da due finali perse?

Con la spensieratezza dell’età: ero molto giovane per quanto riguarda la prima, contro la Pistoiese. Dopo Cesena invece fu una batosta, una vera e propria sofferenza. L’ultimo giorno di mercato di quell’anno accettai di andare a Trieste, una scelta dettata anche da quella delusione.

Ora è allenatore degli Juniores nazionali del Franciacorta: qual è la prima cosa che cerca di trasmettere ai suoi ragazzi?

Cerco di trasmettere loro la voglia di imparare: se non hai quella e la “fame”, non vai da nessuna parte. Viviamo in una società con tanti stimoli, e tante distrazioni, ma per giocare a calcio ci vuole sacrifico.

Il ricordo più bello?

È legato ad un avvenimento spiacevole, l’anno della finale persa con il Cesena. Eravamo una squadra forte e molto unita, il giorno del “rompete le righe” ci salutammo, abbracciandoci con le lacrime agli occhi. Bello è stato naturalmente, anche il mio esordio in serie B con la Triestina.

Lei era un giocatore fisico e anche tecnico, ma da mister, come vede questa moda che vuole il gioco partire “da dietro”?

Si cercava di farlo anche ai miei tempi che poi non sono cosi lontani. È una cosa che mi piace molto, tutti i giocatori sono coinvolti nella manovra e il portiere diventa un giocatore vero, che aiuta nella superiorità numerica. Ora senza la tecnica non si riesce a mettere in pratica la tattica. Il calcio è in continua evoluzione.

De Zerbi lo sente ancora?

Certo, siamo rimasti in contatto. Ogni tanto vado a Sassuolo per assistere agli allenamenti. Lo stimo molto come uomo e come allenatore.

Cosa fa Lele Bruni, oltre ad allenare?

Lavoro in un’azienda che si occupa di arredobagno ma allenare a certi livelli rimane il mio obiettivo.

UMBERTO ZILIANI 16 ott 2020 16:45