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Brescia
di ROMANO GUATTA CALDINI 02 feb 2015 00:00

Il dopo elezioni presidenziali presenterà dei problemi seri per Matteo Renzi

Il commento dello storico Roberto Chiarini all'elezione del nuovo presidente della Repubblica, Sergio Mattarella

Sergio Mattarella è il nuovo presidente della Repubblica. Sabato 31 gennaio, ala quarta votazione a Camere congiunte, l'ex esponente della Democrazia cristiana, già giudice costituzionalista, ha superato il quorum con 665 voti. Siciliano, classe 1941, un passato nel Partito popolare italiano e nella Margherita, Mattarella ha saputo ricomporre le tante anime del Partito democratico. Dell'elezione del dodicesimo presidente della Repubblica italiana ne abbiamo parlato lo storico Roberto Chiarini.

Ci può fornire un breve profilo del nuovo presidente? Magari ricordando il rapporto con il bresciano Martinazzoli.
Mattarella è una figura organica al mondo di cui Martinazzoli forse è stato l’esponente politico e intellettuale più autorevole. La sua è una visione molto severa della politica, intonata a una moralità pubblica molto rigorosa, insieme a una consapevolezza del servizio civile che fa un politico, con una vocazione moderatamente di sinistra, allergica alle rigidità conservatrici di un certo mondo cattolico.

Possiamo dire che un uomo della Prima Repubblica è stato chiamato a chiudere la passata stagione politica, aprendo la strada alla Terza?
Mattarella non ha una lunghissima carriera politica standard nella Prima Repubblica. La sua militanza nella Dc corrisponde al periodo in cui il partito è in crisi. Viene eletto quando la Dc ha ceduto il passo a un presidente laico, Spadolini, e nell’83 a Craxi. Entra nella Dc quando questa è agli sgoccioli, non è un periodo trionfale, sia in Sicilia che a livello nazionale. Mattarella è un uomo di transito, dalla crisi della Dc alla nascita del Partito popolare e poi della Margherita. Più che essere un uomo della prima Repubblica - definizione che può suonare anche irriguardosa considerata l’immagine nel senso comune che è legata, secondo me ingiustamente, a pagine nere della nostra Stori, dimenticando quelle gloriose – io direi che è il primo presidente che non esce dal circuito della politica standard. Non a caso, non era più rientrato in parlamento da alcuni anni. Viene dalla Corte Costituzionale: è la politica che attinge, un’altra volta, fuori di sé, per riscattarsi. Mattarella è stato un personaggio rimasto ai margini della politica, sulla frontiera, negli ultimi anni fuori dall’agone politico. Un elemento che forse connoterà la sua presidenza della Repubblica.

Renzi è ormai conosciuto per il suo profilo di uomo solo al comando. Pensa che in vista della stagione delle riforme, anche costituzionali, ci saranno dei dissidi fra il Premier e il presidente Mattarella?
C’è tutta questa euforia, giustamente, per il grande successo ottenuto da Renzi da un punto di vista politico, perché era un po’ in difficoltà. Però io credo che il dopo elezioni presenterà dei problemi seri per Renzi. Mattarella, sia per formazione giuridica che per profilo etico-politico, non sarà molto sollecito a controfirmare i passsi di Renzi. Pensiamo alla trafila dei decreti legge, a certe forzature che ci sono state in questo periodo che hanno avuto un patronaggio politico, soprattutto per senso di responsabilità, da parte di Napolitano. Da questo punrto di vista la presidenza della Repubblica, indirettamente, senza nessuna congiura, farà leva- Renzi ha ricompattato il partito, ma lo ha fatto ringalluzzendo la sinistra che reclama subito, non solo la rottura del Patto del Nazzareno, questo fantomatica congiura alle spalle democrazia, ma allo stesso tempo chiede che si rinsaldi il ruolo della sinistra, interna ed esterna al Pd, per verificare una serie di riforme che sono in itinere: non solo e non tanto quella della legge elettorale. Le riforme istituzionali hanno bisogno di un doppio passaggio parlamentare, hanno un percorso lungo, nel quale Renzi si troverà ad avere una destra che è allo sbando che, o fa la voce grosssa, o fa solo testimonianza, dall’altro lato ci sarà la sinistra che, stimolata dall’onda anti-europeista, anti-Strasburgo, anti-Troika, per una politica sociale, più di crescita, metterà in difficoltà non poco il premier. Renzi si trova ad operare in un triangolo fra Presidenza, sinistra interna ed esterna e destra che gli procurerà il problema delle cosiddette tre maggioranze: parlamentare con Ncd, Patto del Nazareno con Berlusconi, Governo e governo del partito con la sinistra interna.

La domanda che si pongono tutti riguarda Forza Italia e i suoi rapporti con il Premier, dato che Mattarella non era di certo il candidato preferito da Berlusconi, tanto che ha indicato ai suoi di votare scheda bianca. Secondo lei, il Patto del Nazareno è destinato a sciogliersi? Anche in virtù della ritrovata unità fra le anime della sinistra.
Sciogliersi non credo, di certo non sarà più quello di prima. Da parte di Berlusconi c’era stata - un po’ dovuta, un po’ ingenua – un’apertura di credito senza possibilità di retromarcia. Un fattore che in politica manda allo sbando: se uno ha una sola carta e gli altri lo sanno, è facile giocarlo. Allo stesso tempo il centra-destra non solo è frantumato, ma alla deriva. Almeno in tre tronconi, se non quattro, in Forza Italia e nel Nuovo centro-destra c’è la bagarre, non c’è una leadership sostitutiva di Berlusconi in grado di aggregare tutto questo, non c’è un progetto politico. Come credo, Berlusconi, per tante ragioni, dovrà continuare questa politica perché non ne ha altre, non avrà vita facile al suo interno e dovrà comunque cercare di contrattare, seppur con poche cartucce, con Renzi.


La prima visita del nuovo presidente della Repubblica è stata alle Fosse Ardeatine. Come possiamo leggere questo atto?
Un atto doveroso e dal significato simbolico importante: significa riconfermare e sottolineare la matrice della Repubblica, nata dalla Resistenza. Da quel che è trapelato, sembra che Mattarella voglia richiamarsi allo spirito parlamentarista della Repubblica, di fronte alle pressioni che vengono anche e soprattutto da Renzi a rafforzare, in maniera, non dico pericolosa, ma arrischiata, i poteri dell’esecutivo. Con l’Italicum tutti sanno che chi vince, vince il banco, vince tutte le partite perché ha il parlamento a sua disposizione, la presidenza del Consiglio, può essere determinante per il presidente della Repubblica, per i giudici costituzionali… a questo punto il parlamento potrebbe essere alla mercé di un segretario di partito.
ROMANO GUATTA CALDINI 02 feb 2015 00:00