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Brescia
di +LUCIANO MONARI 17 ago 2015 00:00

Monari: "Guardando Maria impariamo a riconoscere l’opera di Dio nel quotidiano"

L'omelia del vescovo Luciano Monari in occasione della Sollenità dell'Assunta celebrata in cattedrale

Abbiamo bisogno di questa festa, in mezzo alle ferie; abbiamo bisogno di fermarci a guardare qualcosa di bello, di riempire l’immaginazione e il cuore di speranza, di fare riposare la fatica, le preoccupazioni. L’immagine di Maria Assunta ci fa bene: le nubi che la sollevano, gli angeli che la circondano, Dio che l’accoglie sono elementi di un immaginario positivo di cui abbiamo bisogno: un’esistenza umana che viene innalzata alla gloria di Dio; e non un’esistenza fuori dell’ordinario – quella di un re, per esempio, o di un riccone. No; proprio un’esistenza normale, banale addirittura, quella di una donna della quale non ricordiamo grandi opere se non di aver dato alla luce un figlio. Anche in questi giorni non sono mancate, purtroppo, le brutte notizie nel mondo, nel nostro paese, nella nostra città; notizie che s’imprimono nella nostra memoria e che producono inevitabilmente paura; dalla paura, poi, discendono risentimento, aggressività, isolamento, senso di colpa. Abbiamo bisogno di immagini buone, che dicano l’altro aspetto della vita umana – anche questo, per fortuna, presente: quello della bontà, della pazienza che porta il peso della fatica quotidiana, della speranza che fa guardare con fiducia verso il futuro. Misera è la vita degli uomini, diceva il saggio pagano. Ed è vero; ma, per fortuna, non è tutta la verità. La vita umana è misera ma è anche degna e può esprimere valori che comandano rispetto e ammirazione. Maria ci presenta un’esistenza di questa forma. La sua assunzione in cielo (cioè presso Dio) è il compimento della sua esistenza umana, un compimento fatto di gloria, di comunione, di gioia duratura e pulita.

Le feste hanno anche questo significato. Ci richiamano le opere di salvezza e di misericordia di Dio, riaccendono nel nostro cuore la riconoscenza per il dono della vita, ci spingono a costruire legami di conoscenza e di affetto con gli altri. Con il veggente del libro dell’Apocalisse siamo saliti anche noi in cielo e abbiamo potuto vedere il segno grande: l’incoronazione del Messia vittorioso che è sfuggito alla minaccia del drago ed è stato rapito in alto verso Dio e il suo trono. La protezione garantita da Dio alla donna nel deserto, in modo che la minaccia del drago contro di lei sia inefficace. Abbiamo così consentito alla voce potente che diceva: “Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo.” Ora – la salvezza. Abbiamo bisogno di questa visione; soprattutto quando le violenze e le ingiustizie rischiano di renderci duri o rassegnati: non con la violenza e con l’inganno, dice il Signore, ma con la pazienza e la sincerità. “Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni e ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote.” Così ha cantato Maria sulla montagna di Giuda; e così continuiamo noi a cantare tutti i giorni, nella celebrazione dei vespri. Da anni, da secoli, queste parole continuano a risuonare nella chiese e nelle case dei credenti per distruggere ogni pensiero di orgoglio, per suscitare solidarietà fraterna. Viene da chiederci: quando potremo finalmente vedere gli effetti che questa preghiera vuole avere sul cuore umano? Quando il cuore umano sarà finalmente umile e affabile? L’educazione del cuore umano, la sua purificazione avviene molto, molto lentamente. E purtroppo, ogni passo avanti non è garantito per sempre, per tutti; il regresso è possibile. Basta a volte una delusione cocente, l’impressione di esser stati traditi o disprezzati per fare franare un edificio intero di buoni propositi. È sempre possibile diventare più duri, più aggressivi, più intolleranti di ieri; le conquiste scientifiche sono assicurate una volta per tutte; le conquiste morali no. Queste hanno bisogno di gesti ripetuti, di convinzioni rinnovate, di decisioni mantenute pagando il loro prezzo, che può essere alto.

La liturgia ci aiuta a custodire vivo il senso di responsabilità, a mantenere l’attenzione sveglia anche nelle circostanze semplici della vita quotidiana, quando sembra che le nostre azioni abbiano poca rilevanza. Può sembrare curioso: ci troviamo in chiesa, stiamo facendo una celebrazione solennissima, con candele e incenso, paramenti ricchi e canti curati, vescovo e preti e diaconi e ministranti e popolo di Dio. E ascoltiamo la proclamazione della parola di Dio che ci narra… che cosa? La visita di una donna, incinta, a una sua parente, pure lei incinta! Un fatto di cui nessuno si è accorto se quelle tre o quattro persone che l’hanno vissuto; un fatto per cui non ci può essere posto nella narrazione della grande storia. Cesare conquista la Gallia: un milione di morti e un milione di prigionieri venduti schiavi. Battaglia delle Nazioni a Lipsia: in cinque giorni 100.000 morti. Battaglia di Stalingrado: oltre un milione e mezzo di perdite. Può avere senso, in un mondo che conosce queste tragedie, fermarsi a ricordare la visita di Maria a Elisabetta come se fosse un evento importante, degno di memoria? Certo; e ha senso proprio perché questa narrazione è così diversa. Non si può immaginare una contestazione più radicale dei giochi di potere, delle grandezze mondane; qui non si scontrano poteri, non si moltiplicano i morti, non si schiacciano i deboli. Qui si riempie un fatto quotidiano con un poco di fede, di amore, di speranza. Eppure da questo piccolo evento si prepara il compimento della vita di Maria, la sua ascensione, la sua vittoria sopra la morte; e nell’assunzione di Maria si prefigura la nostra vittoria sulla morte, l’unica speranza che può valere per quella schiera di poveri che i poteri della storia hanno stritolato, senza nemmeno farci caso. Celebrando Maria diciamo che crediamo nel riscatto della persona umana, di chi ha vissuto e vive con serietà e rigore il compito, anche defilato, che gli era assegnato dalla vita. Gli eventi storici umani sono spesso eventi imponenti che distruggono vite; i fatti della vita di Maria sono eventi ordinari che distruggono la morte.

Non voglio naturalmente dire che la grande storia sia secondaria; voglio dire che i valori che aprono il futuro si trovano in eventi storicamente minimi, ma umanamente ricchi e sono questi eventi che possono plasmare positivamente il nostro immaginario, dare forma ai nostri desideri. Onoriamo Maria come la più grande delle creature. Che cos’ha fatto di speciale? Ha vinto battaglie? Ha dominato imperi? No; semplicemente ha dato alla luce un figlio; lo ha dato alla luce in obbedienza alla parola di Dio; ha accettato che questo figlio compisse la volontà di Dio anche se questo significava per lei perderlo. Tutto qui: quante donne hanno fatto e continuano a fare lo stesso?

Ebbene, è in questo tessuto semplice dell’esistenza quotidiana che può innestarsi la speranza più vera per il mondo. Dare alla luce un figlio, allevarlo ed educarlo al bene, senza risentimenti per i sacrifici necessari o per le delusioni possibili. In obbedienza alla propria vocazione: “Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto.” Quando questo avviene, allora l’esistenza umana viene trasfigurata. Dobbiamo analizzare con attenzione i problemi economici e politici; dobbiamo immaginare con intelligenza le possibili risposte ai problemi; dobbiamo decidere con un senso di responsabilità… La fede non ci esonera da tutte queste fatiche. Ma abbiamo bisogno della fede per dare robustezza alle scelte giuste e permettere loro di superare i punti morti che insuccessi, opposizioni, inganni inevitabilmente producono. Il senso della nostra vita si deciderà su questo versante: non sulla misura dei successi che abbiamo mietuto, ma sulla forza di amore che avremo immesso nel mondo.

Guardando Maria, impariamo a riconoscere l’opera di Dio nel quotidiano; a intrecciare le nostre scelte con l’ascolto della parola di Dio; a diventare attenti a ciò che Dio fa in noi e negli altri; a ringraziare quotidianamente il Signore per ogni cosa; ad andare incontro agli altri nella convinzione che un semplice incontro umano può contenere in sé l’incontro stesso con Dio. Quando la vita si coniuga con la parola di Dio il risultato è un’esistenza che rimane fragile perché fatta di carne e di sangue; ma che nello stesso tempo diventa ferma e buona perché è radicata in Dio. Questa esistenza la fede cristiana intende suscitare nell’uomo. Per questo nostro modello originario è Gesù di Nazaret che ha dato la sua vita per noi; nostri modelli, derivati da Gesù, sono Maria e i santi.

Maria, unica nella sua sintonia perfetta con la volontà di Dio; i santi che nella loro varietà riflettono l’infinita bellezza di Dio. Poi saremo attenti a tutte le forme della vita umana: ai politici e agli scienziati, agli artisti e ai cantanti, agli imprenditori e ai giornalisti. A tutti, perché in tutti è presente il germe della parola e l’energia dell’amore che viene da Dio. Ma non ci lasceremo affascinare da ciò che è vistoso e seducente; sapremo raccogliere, in ogni esistenza, quei granelli di autenticità e di bontà che per fortuna ci sono, anche se nascosti. Questo sia il frutto della contemplazione di Maria nella festa della sua Assunzione.
+LUCIANO MONARI 17 ago 2015 00:00