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Brescia
di + LUCIANO MONARI 12 feb 2016 00:00

Monari: "La Quaresima è un tempo nel quale fare esperienza di misericordia"

"Il nostro rapporto con Dio dipende dal modo in cui trattiamo gli altri; il bene che facciamo è fatto a Cristo; il bene che non facciamo è rifiutato a Cristo. L’importanza delle opere di misericordia nasce dal fatto che l’uomo è strutturalmente un bisognoso, che per vivere ha bisogno di molte cose". Leggi l'omelia integrale del vescovo Monari durante il rito delle Ceneri

Sempre la misericordia di Dio sta all’inizio del cammino quaresimale; ma in particolare quest’anno, anno giubilare, diventano attuali le parole del profeta: “Ritornate a me con tutto il cuore con digiuni, con pianti e lamenti.” È il Signore che chiama, lui che è misericordioso e pietoso, lento all’ira e grande nell’amore; è il Signore che spontaneamente, gratuitamente dona la remissione dei peccati, la riconciliazione, la salvezza, che offre l’opportunità di un cammino di vita nuovo. Il volto di questa misericordia di Dio è Cristo stesso che, libero da ogni peccato, ha preso sopra di sé il peccato del mondo perché nessun uomo possa dubitare del perdono e debba perciò sentirsi lontano da Dio, senza speranza. Non dobbiamo attraversare un mare pericoloso per giungere a conquistare la riconciliazione; non dobbiamo salire vie impervie e faticose per ottenere la grazia di Dio. Il perdono di Dio ci raggiunge qui dove siamo, negli spazi del nostro egoismo e del nostro orgoglio quotidiano. “Ti ho esaudito, dice, ti ho soccorso”; e lo dice usando un tempo del passato perché non rimangano incertezze. La sentenza di assoluzione è passata in giudicato: a motivo della passione e della morte di Gesù siamo liberati dai nostri peccati.

E noi, cosa dobbiamo fare per ricevere il dono di Dio? Risponde Paolo: “Lasciatevi riconciliare con Dio” e cioè: lasciate che l’azione di Dio, la sua misericordia operi dentro di voi purificando i vostri cuori. In Cristo possiamo diventare ‘giustizia di Dio’ cioè uomini resi giusti dal dono di Dio, che vivono secondo la volontà di Dio; la fede e cioè l’accettazione riconoscente del dono di Dio apre il cuore senza riserve alla grazia. A sua volta, la grazia di Dio arriva a cambiare non solo l’esterno dell’uomo, ma il suo cuore, il centro della sua libertà; è la libertà stessa che deve essere sanata e questo, naturalmente, non può avvenire se l’uomo non abbraccia liberamente uno stile di vita nuovo e umanamente sano. La misericordia di Dio, accolta nel cuore dell’uomo, lo rende misericordioso; la santità di Dio, donata all’uomo, lo rende santo; la bontà di Dio, comunicata alla creatura, la rende buona… e così via. La Quaresima è dono gratuito di Dio; proprio perché è gratuito, nessuno può dire: non è per me, non riesco a meritarlo; e proprio perché è di Dio, è certo ed efficace: se viene accolto non lascia inalterato il cuore umano ma lo purifica e lo rigenera.

Da parte sua il cuore dell’uomo, rigenerato, diventa sorgente di pensieri e di decisioni giuste, di comportamenti buoni. La tradizione cristiana ha elencato una serie di 14 opere di misericordia che definiscono alcuni comportamenti propri dell’uomo che Dio ha graziato e riconciliato con sé; sette sono le opere di misericordia che riguardano l’uomo nel suo corpo e sette quelle che toccano l’uomo nel suo spirito. Dar da mangiare agli affamati; dar da bere agli assetati; vestire gli ignudi; alloggiare i pellegrini; visitare gli infermi; visitare i carcerati; seppellire i morti. Questo elenco deriva in gran parte dall’affresco del giudizio finale che Matteo ha delineato nel cap. 25 del suo vangelo. Lì l’evangelista presenta il Signore risorto che esercita il potere di giudicare ogni uomo usando come criterio le opere buone compiute o non compiute: mi avete dato da mangiare, mi avete dato da bere, mi avete vestito… e così via. Il senso è che il nostro rapporto con Dio dipende dal modo in cui trattiamo gli altri; il bene che facciamo è fatto a Cristo; il bene che non facciamo è rifiutato a Cristo.

L’importanza delle opere di misericordia nasce dal fatto che l’uomo è strutturalmente un bisognoso, che per vivere ha bisogno di molte cose. Ebbene, nel disegno di Dio la vita sociale deve essere una rete di comunicazione attraverso la quale tutte le persone hanno il necessario per vivere; Dio ci ha creato e ci affida gli uni agli altri: tocca a ciascuno di noi farsi carico del bene di tutti in modo da diventare gli uni per gli altri motivo di sostegno e di aiuto. Dobbiamo uscire dall’indifferenza che ci farebbe dire: il bisogno degli altri non mi riguarda; dall’avidità che ci farebbe dire: quello che appartiene a me è mio e lo tengo per me; dall’orgoglio che si aggrappa alla ricchezza per affermare la sua superiorità sugli altri. Potremmo dire così: la misericordia di Dio sta all’origine di tutti i beni della creazione che possiamo procurarci; Dio è il primo, grande donatore; tutto ciò che possediamo o che possiamo procurarci viene da lui e deve suscitare in noi una sincera gratitudine. Quando la misericordia di Dio ci raggiunge e ci cambia, diventiamo noi stessi misericordiosi a somiglianza di Lui e come lui diventiamo ‘benefattori’ e cioè sorgente di bene per gli altri. Le sette opere di misericordia corporale ci offrono immagini di uno stile di vita che può aprirsi a infinite realizzazioni nei diversi ambiti dell’esistenza umana: la famiglia, il lavoro, le relazioni di vicinanza, l’impegno politica, la vita economica e così via. Tocca a noi cogliere, momento per momento, le concrete possibilità di solidarietà che la vita ci presenta. La Quaresima dovrebbe diventare un laboratorio dello spirito, un tempo propizio nel quale fare esperienza di misericordia: di quella che riceviamo da Dio e che ci rende riconoscenti, di quella che doniamo ai fratelli e che fa di noi degli operatori di bene.

Accanto a queste opere concrete, la tradizione cristiana ne enumera altre sette che chiama ‘spirituali’; sono queste: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti. Il motivo di questo secondo settenario è che l’uomo non vive solo di pane ma anche di consolazione, di amicizia, di verità, di sicurezza, di fraternità…; anzi, proprio questi bisogni del cuore caratterizzano l’umanità dell’uomo. Quanto essi siano importanti, non ha bisogno di essere dimostrato; tutti sappiamo quanto valga avere vicino una persona dalla quale ci sentiamo amati e capiti e quanta sofferenza produca la percezione di essere soli, respinti dagli altri. Le relazioni umane costituiscono una parte importante (forse la più importante) della nostra vita. La misericordia di Dio si è rivelata soprattutto nel suo farsi vicino all’uomo. L’incarnazione del Figlio di Dio esprime la volontà di Dio di non lasciare l’uomo solo di fronte alle minacce del mondo e alle incertezze della vita. Ebbene, quella pace che riceviamo da Dio abbiamo il desiderio di comunicarla agli altri; la gioia che riceviamo dagli altri non possiamo tenerla egoisticamente per noi stessi. Siamo chiamati a dilatare lo spazio di serenità nel quale ci muoviamo; siamo invitati da Dio a farci carico anche del benessere psicologico e spirituale degli altri. Lo stile è quello di Paolo che scriveva ai Corinzi: “Sia benedetto Dio… Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione che ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare coloro che si trovano in qualsiasi genere di tribolazione con la consolazione con la quale siamo consolati noi stessi da Dio.”

Di qui l’importanza di curare le relazioni, di diventare affabili, di imparare ad ascoltare e a fare spazio agli altri in mezzo ai nostri interessi, di sostenere chi è più debole. Soprattutto l’importanza del “perdonare le offese”. Forse rimaniamo perplessi davanti a formulazioni come: “consigliare i dubbiosi” o “insegnare agli ignoranti”; ci sembrano atteggiamenti presuntuosi, come se ci mettessimo in cattedra a insegnare nella convinzione di potere dirigere le scelte degli altri. In realtà si tratta solo di assumere lo stile che è delineato nel libro della Sapienza quando si dice: “Ciò che ho imparato senza mio merito, lo comunico senza invidia.” Da una parte riconosco che quanto ho imparato e conosco è una partecipazione alla verità che viene da Dio come dono; quindi non posso inorgoglirmi. Dall’altra non pretendo di tenere gelosamente per me ciò che ho ricevuto in modo da garantirmi la superiorità sugli altri: questo sì sarebbe mancanza di solidarietà, rifiuto di condivisione. Comunico con gli altri, con rispetto e umiltà, tutto quanto ritengo essere prezioso e utile. Insomma, anche le opere di misericordia spirituale aprono davanti a noi uno spettro ricchissimo di possibilità nelle quali l’amore del prossimo, la misericordia possono essere esercitate.

Abbiamo così un programma quaresimale già fatto, articolato in due momenti: anzitutto accogliere con gioia la misericordia di Dio che ci riconcilia con lui, che perdona i nostri peccati e rifà nuovo il cuore. In secondo luogo compiere le opere di misericordia attraverso le quali comunichiamo agli altri quei beni (corporali e spirituali) che abbiamo ricevuto da Dio. Tutto questo, però, va fatto con lo stile discreto che abbiamo ascoltato dal vangelo: “State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro… non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra… resti nel segreto.” Bisogna cioè che le azioni di misericordia non diventino uno strumento per ottenere riconoscimenti o vantaggi mondani perché questo trasformerebbe la misericordia di Dio facendola diventare un espediente umano. Mi rimane solo da augurare a ciascuno di voi un buon cammino quaresimale; un augurio che da subito si fa preghiera fraterna, gli uni per gli altri.
+ LUCIANO MONARI 12 feb 2016 00:00