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Brescia
di L. ZANARDINI 09 ott 2015 00:00

Paolo VI vero costruttore di pace

Il ministro degli esteri Gentiloni e mons. Gallagher, segretario per i rapporti della Santa Sede con gli Stati, hanno partecipato all'incontro ("Dialogo tra i popoli nel nome di Paolo VI) promosso dal Comune a 50 anni di distanza dal discorso di Montini all'Onu

Non più la guerra, ma una pace costruita con lo spirito di fratellanza universale e con il rispetto dei diritti dell’uomo. A 50 anni di distanza il messaggio lanciato da Paolo VI all’Onu è quanto mai attuale: le sue parole di speranza all’Assemblea generale dell’Onu sono state rilette dal ministro degli esteri Paolo Gentiloni e da mons. Paul Richard Gallagher, segretario per i rapporti della Santa Sede con gli Stati.

Mons. Gallagher, secondo il quale “la ricchezza dei 15 anni del Pontificato del Beato Paolo VI è straordinaria”, ha ripercorso il discorso all’Onu del 1965, che ha anticipato di fatto il concetto di sviluppo integrale come prerogativa per il raggiungimento della pace esplicitato, successivamente (nel 1967), con la Populorum Progressio (1967). “Papa Montini vedeva il tema della pace – sottolinea mons. Gallagher – quale un dovere imperioso e urgente, messo in evidenza sia dagli approfondimenti dottrinali sul ruolo della Chiesa nel mondo contemporaneo, sia dallo sviluppo delle istituzioni internazionali, rinate dopo l’interruzione provocata dalla seconda guerra mondiale, e cresciute rapidamente in numero e qualità”.

La memoria di Montini trova nuova linfa nel magistero di Papa Francesco che cita a più riprese Montini. “Nel suo recentissimo intervento all’ONU, il Santo Padre, riecheggiando le parole pronunciate 50 anni fa dal Suo Predecessore, ha ribadito – continua Gallagher – la richiesta di una vera partecipazione e un’incidenza reale ed equa di tutti gli Stati nelle decisioni dell’ONU e di altri organismi multilaterali, in particolare nel Consiglio di Sicurezza e negli Organismi finanziari, che devono servire allo sviluppo sostenibile di tutti. Ha ricordato che il compito delle Nazioni Unite deve essere visto come lo sviluppo e la promozione della sovranità del diritto, perché la giustizia è requisito indispensabile per realizzare l’ideale della fraternità universale. Il Papa, menzionando l’Agenda 2030 di Sviluppo, ha ricordato il necessario collegamento tra sviluppo e pace, e ha richiamato gli Stati alla concretezza, per assicurare a tutti l’acceso all’alimentazione necessaria, alla casa e ad un lavoro degno, insieme con i diritti umani fondamentali, tra cui la libertà religiosa e il diritto delle famiglie e della Chiesa ad educare. In piena sintonia con Paolo VI, anche papa Francesco ha condannato ogni tipo di guerra, compreso, oggi, il terrorismo e le guerre promosse dal narcotraffico, e ha chiesto un rinnovato impegno per un mondo senza armi nucleari, nel quale trovi piena applicazione il Trattato di non proliferazione”.

Un impegno a tutto campo e, soprattutto, concreto. “L'azione internazionale della Santa Sede in favore della pace, dello sviluppo e dei diritti umani non si ridusse – osserva Gallagher – lungo tutti i 15 anni del Pontificato di Paolo VI, assunse la forma di un ‘dialogo’ a tutto campo. In quegli anni, la Santa Sede aderì talvolta come membro, più spesso come Osservatore, a molte agenzie internazionali e a molte convenzioni”.

La pace non si riduce a un'assenza di guerra. E oggi, parafrasando Francesco, nel pieno di una terza guerra mondiale a pezzi, abbiamo bisogno di riscoprire la capacità di dialogo di Paolo VI ben espressa dalla prima enciclica, l’Ecclesiam Suam, il manifesto programmatico del Pontificato montiniano; nel 1964 Paolo VI rinforzava il dialogo tra la Chiesa e il mondo moderno, anche se questo come ha precisato Gallagher non era una novità: “Tuttavia, in ogni momento storico, quel dialogo deve essere rinnovato e riproposto, in risposta agli sviluppi della storia e alle attese dei popoli. Così lo intendeva anche papa Montini, impegnandosi in un dialogo performativo con tutta la realtà e con tutti gli uomini, per il bene degli uomini e per il bene della Chiesa stessa”. Nei secoli la Chiesa aveva sempre cercato di dialogare, ma davanti alle sfide della modernità avvertiva il rischio di perdere la bussola.

Nell’Ecclesiam Suam si legge che “se la Chiesa acquista sempre più chiara coscienza di sé, e se essa cerca di modellare se stessa secondo il tipo che Cristo le propone, avviene che la Chiesa si distingue profondamente dall'ambiente umano, in cui essa pur vive, o a cui essa si avvicina”.

E la Chiesa si distingue se si pone come protagonista della pace, se si pone arbitro anche delle contese tra gli Stati. “Dal Pontificato di Paolo VI fino ad oggi, la storia – conclude Gallagher – ci presenta un constante contrasto tra gli innumerevoli sforzi per costruire e mantenere la pace e promuovere lo sviluppo e gli altrettanto innumerevoli ostacoli che si vanno ponendo”.

In una società in continua trasformazione siamo chiamati a un cambio di passo. Questo, però, non significa non valutare positivamente quanto è stato raggiunto in questi anni: “Le Nazioni Unite – ha detto il Ministro – sono state una grande utopia positiva, perché hanno ribadito con forza che nessun Paese è un’isola”. “La riforma delle Nazioni Unite – ha affermato Gentiloni – era già presente 50 anni fa nel discorso di Paolo VI. Non ho nessuna nostalgia dell’equilibrio del terrore rappresentato dalle due superpotenze del passato, ma la crisi odierna si trascina, come ha sottolineato Ban Ki-moon, per la paralisi diplomatica che attraversa il massimo organismo internazionale. Avvertiamo la difficoltà a creare nuove regole”, ma abbiamo due certezze: l’Onu non può essere uno spettatore e “il contributo alla sicurezza e alla pace deve arrivare da tutti”. “La pace – citando Paolo VI nel suo Discorso alle Nazioni Unite – non si costruisce soltanto con la politica e con l'equilibrio delle forze e degli interessi, ma con lo spirito, con le idee, con le opere della pace”. Da questo punto di vista merita un plauso l’iniziativa organizzata dal Comune di Brescia in collaborazione con la Cattedra Unesco sul pluralismo religioso e la pace e con la Fondazione Asm. Sì, perché la presenza di numerosi studenti sarà sicuramente piaciuta al beato Montini che nel campo educativo ha speso, specie alla Fuci, molte energie.

Gentiloni e Gallagher hanno aperto un nuovo percorso: l’incontro in Vanvitelliano rientra, infatti, in un progetto più ampio del Comune di Brescia che si propone di invitare alcuni leader politici e religiosi provenienti dai cinque continenti per ricordare i viaggi compiuti da Paolo VI.

Le foto dell'incontro "Dialogo tra i popoli nel nome di Paolo VI". Fra i presenti: il vescovo Monari, mons. Gallagher, ...

Posted by La Voce del Popolo on Giovedì 8 ottobre 2015
L. ZANARDINI 09 ott 2015 00:00