lock forward back pause icon-master-sprites-04 volume grid-view list-view fb whatsapp tw gplus yt left right up down cloud sun
Brescia
di GEORGE LINTON PERERA 26 apr 2019 07:53

I cattolici non hanno sete di vendetta

Ascolta

La testimonianza di padre George Linton Perera, sacerdote della diocesi di Kurunegala in Sri Lanka, da anni a Brescia, sulle stragi di Pasqua nel suo Paese

Mentre si vanno facendo meno drammatici, ma non certo meno gravi, i bilanci degli attentati compiuti nel giorno di Pasqua ai danni della comunità cattolica che vive nello Sri Lanka e Brescia, con una santa messa in programma domenica 28 aprile alle 10.30 alla parrocchia della Stocchetta, vuole dimostrare la propria vicinanza spirituale ai cingalesi che vivono nel Bresciano e, tramite loro, a tutte le persone che hanno provato sul loro corpo la sofferenza e la morte provocate dagli attentati dei giorni scorsi, “La Voce del Popolo” ha raccolto la riflessione e la testimonianza di padre George Linton Perera (a destra nella foto che lo ritrare con Antone Rajasenapathige), sacerdote della diocesi di Kurunegala in Sri Lanka. Da qualche anno a Brescia, sin dai momenti successivi alle esplosioni di Pasqua si è messo in contatto con le comunità colpite. Questo il suo racconto, che diventa anche una testimonianza.

“Abbiamo ancora tutti negli occhi le terribili immagini delle stragi che nel giorno di Pasqua hanno insanguinato le nostre chiese e lacerato i corpi di tanti nostri confratelli. Sono immagini che straziano il cuore, così come doloroso è ascoltare il racconto che ci hanno fatto parenti e amici miracolosamente sopravvissuti ad azioni terroristiche che con inaudita violenza hanno colpito le nostre comunità, che si erano riunite in preghiera per celebrare la Pasqua del Risorto.

Già in passato le comunità cattoliche che in Sri Lanka convivono in armonia con altre religioni, erano state oggetto di gesti di intolleranza. Si era trattato, però, di singoli episodi, di sfregi ad alcuni simboli religiosi, nulla più di questo.

E anche se le autorità locali avevano lanciato un allarme generico circa la possibile recrudescenza di fenomeni violenti nei confronti delle comunità cattoliche che vivono nel Paese, nulla lasciava presagire che la violenza e la follia umana potessero arrivare a tanto. Così oggi piangiamo un numero di vittime che continua a crescere di ora in ora, confortati, per quanto questo possa essere possibile, dalla vicinanza e dalle parole di condanna che le altre religioni hanno avuto nei confronti di chi ha osato porre in essere tanta violenza. Sacerdoti, religiosi e religiose si stanno prodigando per far sentire, con la preghiera e la condivisione umana di questa sofferenza, la loro partecipazione al dolore di tantissime famiglie colpite dalle esplosioni nel giorno di Pasqua. La loro è una presenza importante, che aiuta chi negli attentati ha perso un familiare o è rimasto ferito a trovare nella fede la regione per guardare oltre, per andare avanti. Non è facile, però. In chi ha vissuto l’esperienza tragica dell’attentato in prima persona o in chi ne ha percepito la tragicità attraverso il racconto dei sopravvissuti sta crescendo il timore per ciò che potrà riservare il futuro... L’amara constatazione, quasi una sorta di rassegnazione, è che le bombe fatte esplodere nel giorno di Pasqua potrebbero non essere le ultime.

Le nostre comunità nello Sri Lanka non corrono però il rischio di essere tentate, così come è avvenuto in altre parti del mondo come la Siria e la Terra Santa, dall’idea della fuga, di lasciare villaggi e città che qualcuno, con la violenza, sta cercando, probabilmente dentro a un disegno che ha una dimensione internazionale, di rendere inospitali per chi crede del Risorto. Vescovi, sacerdoti, religiose e religiosi si stanno prodigando in questi giorni segnati dal lutto di far giungere a chi dalle esplosioni di Pasqua è stato colpito nel corpo e nello spirito, di non rispondere a violenza con violenza, perché questo è ciò che contraddistingue chi segue Cristo. Perdonare suona come un verbo provocatorio in questi giorni. Eppure ci raccontano che nemmeno nel punto centrale del cratere scavato dalle bombe si sono sentite risuonare parole come vendetta, odio, violenza. Si prega, ci si consola vicendevolmente, e lo stesso atteggiamento è chiesto ai milioni di cingalesi che vivono sparsi nel mondo. Questa volta non ci sono aiuti materiali da inviare nello Sri Lanka, come quando il Paese venne distrutto dallo tsunami del 2004. Oggi servono preghiere che aiutino quelle comunità colpite a rinascere nello Spirito, perché tornino a sperare che un futuro di pace è possibile".

GEORGE LINTON PERERA 26 apr 2019 07:53