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Brescia
di ROMANO GUATA CALDINI 16 feb 2018 08:36

Il coraggio di contrastare la mafia

Ignazio Messina: "E’ fondamentale l’affermazione della legalità, la questione morale, la tutela della famiglia e delle fasce sociali più deboli". Si candida al Senato nel collegio uninominale di Brescia nella coalizione di centrosinistra con il progetto "Civica Popolare-Lorenzin" nel quale confluisce, tra gli altri, anche l’Italia dei Valori di cui è segretario nazionale

Cinquantaquattro anni, Sindaco di Sciacca tra il 1993 e il 2000, membro della Commissione finanze alla Camera e della Commissione antimafia (2008-2013), Ignazio Messina si candida al Senato nel collegio uninominale di Brescia nella coalizione di centrosinistra con il progetto Civica Popolare nel quale confluisce, tra gli altri, anche l’Italia dei Valori di cui è segretario nazionale.

Quali sono secondo lei i temi prioritari da portare al Senato?

E’ fondamentale l’affermazione della legalità, la questione morale, la tutela della famiglia e delle fasce sociali più deboli. Solo così, partendo dai più deboli, risollevandone le sorti, si può creare una società migliore. Il Paese in questo momento ne ha bisogno.

Tra il 1993 e il 2000 è stato sindaco di Sciacca, paladino della lotta alla mafia. In una recente intervista ha infatti dichiarato di essere stato sotto scorta per 7 anni. Spesso si parla di mafia come se si trattasse di un fenomeno esclusivamente legato al sud Italia, un mito sfatato da tempo. Negli ultimi anni, proprio a Brescia, è stata aperta una sezione della Dia. Secondo lei, come si combatte politicamente la mafia?

Non sono stato un paladino. Ho fatto solo il mio dovere di Sindaco, lasciando fuori dal palazzo corrotti, corruttori e la mafia, facendo appalti regolari, assunzioni attraverso concorsi e non per raccomandazione. E’ stata questa la mia lotta alla mafia, un fenomeno non più territoriale, anzi… Nei contesti poveri cerca la manovalanza, in quelli più ricchi, come può essere quello del Bresciano, investe le proprie risorse. Non è un investimento positivo, uccide l’economia sana. Per fare in modo che la mafia non sia presente sul territorio bisogna isolarla, non facendola entrare nelle aziende, nell’economia locale, bisogna lottare contro di essa contrastandola. L’errore più grande che si può fare con la mafia, lo dico a tutti gli amici bresciani, è ignorarla, facendo finta che non esista. Per combattere il fenomeno mafioso bisogna conoscerlo e non ignorarlo. Oggi la mafia si occupa di rifiuti, di aziende, di tutto ciò che produce denaro, sfruttando anche fenomeni drammatici, pensiamo al business legato all’immigrazione e alla prostituzione. Su questi argomenti bisogna smetterla di giocare a chi la spara più grossa con slogan ad effetto. Bisogna, invece, agire nel contesto sociale. In questo credo che le associazioni di volontariato, la Chiesa, siano istituzioni che, al contrario di molta politica, senza fare di tutta un’erba un fascio, godano ancora della credibilità di larga parte dell’opinione pubblica. I cittadini hanno un ruolo straordinariamente importante. E’ questo quello che deve fare la politica: ridare fiducia alla cittadinanza affinché apprezzi la legalità, l’applicazione della Legge, delle regole che consentono di lasciare la mafia fuori dal sistema Paese. Ai bresciani dico: “Abbiate il coraggio di lasciare fuori la mafia. Altrimenti, badate, sarà la mafia a fare fuori voi”.

E’ preoccupato del fatto di non essere conosciuto nel Bresciano?

E’ una sfida, rispetto ai miei competitor, sicuramente più conosciuti. Sono partito dal basso. Ho chiesto ai sindaci del territorio (non dimentichiamo che sono stato anche io un amministratore locale), alle associazioni che vi operano, a partire da quelle cattoliche sino ad arrivare a quelle imprenditoriali, un incontro. Mi dicono sempre “sei il primo, degli altri candidati non abbiamo incontrato nessuno”. Per me fare politica significa incontrare le persone, farmi conoscere raccontando la mia storia. Un invito alla cittadinanza? Quando andate a votare dovete conoscere, da un lato, le idee di ognuno, dall’altro, conoscerne la storia. Molto spesso, davanti a una telecamera, davanti al pubblico di uno studio televisivo, siamo tutti bravi, belli, buoni e intelligenti. Se però guardiamo bene, vediamo che le storie non sono tutte uguali, storie di buona e cattiva amministrazione, storie di buona e mala politica. E’ per questo che sono partito dal basso, attraverso una campagna di ascolto per farmi conoscere, certo, ma soprattutto per conoscere così da poter rappresentare in parlamento – così come ho già fatto – gli interessi di questo territorio, della sua comunità. Quando fai le leggi le fai per il Paese, ma questo non sarebbe possibile se a monte non ci fosse la conoscenza delle istanze del territorio che rappresenti. Con molta umiltà ho cominciato a incontrare le comunità del Bresciano. Credo che sia un po’ quella che chiamo la disfunzione da sindaco. Un primo cittadino i problemi li deve risolvere: che ci siano lo sappiamo tutti, per tale ragione è necessaria la presenza di qualcuno che trovi le soluzioni adatte, e per trovarle deve conoscere il territorio. Con grande serenità sto svolgendo, spero al meglio, questo compito. Se le cose andranno bene avrò l’onore di rappresentare questa comunità che sento anche mia.  La mia famiglia è siciliana, ma ci siamo trasferiti quasi tutti al nord. Una delle mie figlie, la maggiore, è laureata in Scienze diplomatiche a Gorizia, mentre la più piccola, 18 anni, studia Ingegneria aerospaziale al Politecnico di Milano. Posso dirmi lombardo di adozione per necessità familiare... Al di là delle battute, credo che ognuno, conoscendo il territorio che rappresenta, possa portarne seriamente le istanze nelle istituzioni come, anche, le soluzioni – vere – per il contesto sociale in cui opera.


ROMANO GUATA CALDINI 16 feb 2018 08:36