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Verolanuova
di REDAZIONE 07 apr 2022 07:41

In cammino verso la Biennale della prossimità

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Nei giorni scorsi a Verolanuova il primo degli appuntamenti territoriali di avvicinamento all'evento nazionale che si terrà a Brescia dal 10 al 12 giugno

Nei giorni scorsi, con un incontro dedicato al tema della Salute, si è ufficialmente aperto il percorso bresciano di avvicinamento alla Biennale della Prossimità che si terrà a Brescia dal 10 al 12 giugno. Si tratta della terza edizione di un evento nazionale dedicato allo sviluppo di una sensibilità che porti a sentire anche come propri i problemi di chi è accanto, sia su un piano individuale che sociale e a trovare il modo per giungere a un a soluzione condivisa degli stessi.

Il gruppo promotore locale (formato per il percorso detto “Territoriale” da Acli provinciali di Brescia, circolo Acli di San Polo, Fondazione Cogeme, Fondazione Comunità Bresciana, Rete Cauto, con Caritas Diocesana e Ufficio per l’Impegno Sociale della Diocesi di Brescia, associazione 7milamiglialontano) ha scelto programmare sino all’evento di giugno una serie di iniziative sull’intero territorio provinciale, non solo per avvicinarlo all’evento, ma anche per seguire idealmente, con cinque appuntamenti, le tracce di una Prossimità diffusa e disseminata: dalla Valtrompia alla Franciacorta; dalla Valsabbia alla Valcamonica, partendo proprio da Verolanuova nell’area del Basso Garda bresciano.

La prima delle cinque tavole rotonde, tenuta presso l’Itc Mazzolari di Verolanuova e moderata da Carlotta Bragadina, presidente dell’assemblea dei sindaci Ambito 9, ha avuto come centro di riflessione e dibattito la cura come possibile esito della prossimità nelle scelte di una riforma sanitaria approvata da alcuni anni, dalla Regione Lombardia, per determinare una transizione da un sistema centrato sull’erogazione di prestazioni alla capacità di prendersi carico o meglio ancora di prendersi cura, del cittadino e dei suoi problemi di salute.

La sanità locale ha avuto una serie di trasformazioni nel tempo: si è passati dal medico di famiglia, all’ospedale di territorio altamente tecnologico. La pandemia è fatta di molte storie di isolamento e separazione del malato dagli affetti, con situazioni di grave peggiorato. La prossimità è dunque la prima cura. La riforma sanitaria vede il passaggio dalla medicina industriale ad una medicina del territorio, fatta di relazione diretta nella cura tra paziente e sanitario, con una tecnologia in grado di rendere territoriale e capillare gli interventi di rilevazione di alcuni dati e parametri.

Per fare il punto della situazione sull’andamento di questa transizione, la tavola rotonda ha messo a confronto tre punti di vista significativi e rappresentativi del territorio e dei suoi portatori di interessi: Simona Tironi, vice presidente Commissione Sanità Lombardia ha sottolineato le difficoltà e i limiti nelle risorse per l’attuazione della riforma sviluppata nel 2015 e che con Legge regionale che aveva ideato l’integrazione dell’ospedale con i territori. Oggi il PNRR rende realizzabile questa integrazione, questo modello di prossimità attraverso gli ospedali di comunità e le case di comunità. I tempi di attuazione risultano un vincolo fortissimo: entro la fine del 2022 occorre aver realizzato il 40% di interventi; entro il 2023 un ulteriore 30 % degli interventi ed entro il 2024 il nuovo sistema sanitario dovrebbe essere entrato a pieno regime. L’integrazione del sistema, prevede il coinvolgimento dei medici di medicina generale. Nelle case di comunità verranno collocati gli infermieri di comunità, inoltre saranno una piattaforma socio/sanitaria che potrà mettere a disposizione dei dati completi dei pazienti ai medici. Se le normative sono volano anche per l’attuazione di cambiamenti culturali è tuttavia necessario terreno culturale fertile per consentire che i servizi di salute possano essere davvero prossimi ai cittadini. Certamente la tecnologia potrà accompagnare e supportare questo cambio di passo.

Carlotta Bragadina ha portato ad evidenza il problema della carenza delle risorse umane e del circolo vizioso che ha visto una sottrazione di personale nelle Rsa in virtù delle ultime assunzioni di infermieri dell’Asst del Garda. Altro circolo virtuoso che porta con sé un rischio di mancanza di relazione e prossimità è connesso proprio al processo di informatizzazione dei dati.

Inoltre questa informatizzazione dei dati porta ad un’impersonalità senza relazione e senza rapporto umano, dove finisce la prossimità? L’incontro del medico con il paziente crea un’esperienza diretta che non è trasformabile in dati, nell’incontro si capisce meglio lo stato di salute del paziente che non può emergere solo dai dati.

Roberta Brenna, direttore Sociosanitario, ha introdotto alcuni punti significativi nel processo di riforma in atto: la prossimità dei medici specialisti ai cittadini anche con la ricerca di strutture e presidi territoriali come primi luoghi di prossimità, in primis con la realizzazione di case della comunità a partire dalle strutture di proprietà dell’ASST. Inoltre, una grande novità è nell’integrazione del settore sanitario con il sociale: nelle case di comunità si cercherà l’integrazione dei servizi sociali che permetterà di coordinare al meglio le azioni sul paziente e dare risposte integrate socio/sanitarie.

Carlotta Bragadina ha rimarcato la presenza di due importanti “soggetti” nella provincia di Brescia che sono i distretti sanitari e gli ambiti: l’interazione fra i due soggetti e l’emergenza lo l’ha mostrato.

Valeria Negrini presidente Confcooperative – Federsolidarietà Lombardia ha ripercorso i tempi della riforma sanitaria lombarda, iniziata nel 2013 con il libro Bianco di Maroni, proprio perché si era rilevato che l’eccellenza ospedaliera, non dialogava con il territorio, infine si è arrivati alla legge del 2015. Ma in questa lettura di sistema che è nella riforma, Valeria Negrini ha indicato nella capacità di saper leggere il territorio, con le sue peculiarità e differenze un elemento imprescindibile per gli esiti e la provincia di Brescia è certamente una vasta e ricca di differenze fra i vari territori. Il terzo settore spesso interpreta questa capacità di lettura ma è privo di risorse, gli stessi i bisogni delle persone sono cambiati. Il settore del socio/sanitario è stato dimenticato e il Servizio Assistenziale Domiciliare (SAD) è poco utilizzato e l’ADI (assistenza domiciliare integrata) intercettano pochissime persone. Le stesse tariffe comprendono solo il prezzo prestazionale minimo che non tiene conto del valore della relazione, per la stessa cura. Valeria Negrini ha perciò rilanciato un necessario protagonismo del terzo settore nelle case della Comunità. Questo necessita di avere

REDAZIONE 07 apr 2022 07:41