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Brescia
di ROMANO GUATTA CALDINI 27 nov 2020 09:55

Le fredde notti dei senza dimora

In queste serate la colonnina di mercurio scende drasticamente. Il rischio congelamento, per chi non ha un tetto sulla testa, è più che una possibilità. Alla pandemia si è aggiunto un altro problema: l’emergenza freddo. Attualmente sono tutti occupati i 21 letti del Rifugio di Caritas diocesana. A Brescia sono circa 100 i posti a disposizione suddivisi in diverse realtà: oltre al Rifugio di via della Garzetta (tre posti sono riservati alle donne), ricordiamo il dormitorio maschile e femminile gestiti dalla Società San Vincenzo, l’Asilo notturno Pampuri e l’ex Chizzolini di viale Duca degli Abruzzi. La loro attività si è scontrata in queste settimane anche con la seconda ondata del Covid. Gli operatori di Caritas diocesana, però, non si sono fatti trovare impreparati e hanno predisposto per tempo tutte quelle misure atte a garantire la massima sicurezza. “La pandemia ha inciso profondamente sul modo di fare accoglienza”, testimonia Caterina Manelli, responsabile del collegamento dei Centri di ascolto Caritas e dei progetti per persone senza dimora. “Al primo ingresso – sono parole della responsabile – gli ospiti vengono sottoposti tutti a tampone. Abbiamo dovuto ridurre i 24 posti letto a 21 per garantire il distanziamento. Di questi, 7 sono riservati all’Help center così da garantire la sinergia, per l’emergenza freddo, con il Comune e tutte le altre realtà che fanno parte della cabina di regia che si occupa di grave marginalità. È stato modificato, nel Rifugio, il piano organizzativo prevedendo la somministrazione dei pasti su due turni. L’utilizzo del termoscanner è costante così come quello delle mascherine all’interno degli spazi”. Con gli ospiti, accolti h24, viene anche valutata la possibilità di prolungare la permanenza e intraprendere un percorso individualizzato: “In tal modo – continua – riduciamo anche la possibilità che le persone circolino senza meta per la città. Questo avviene sia per rispetto delle attuali normative imposte dal lockdown sia per motivi sanitari. Sempre sul fronte della tutela è stata realizzata una stanza di due posti interamente dedicata a chi manifesta i sintomi del Covid, così da isolare la persona dagli ospiti, dagli operatori e dai volontari. Ci prendiamo cura di loro, ma dobbiamo garantire l’incolumità anche degli altri. Anche per questo le uscite sono consentite solo per reali necessità”. Molto più complessa è la realtà che in queste fredde notti si trovano ad affrontare operatori e volontari di Caritas diocesana durante le uscite delle Unità di strada. Non sono pochi quelli che scelgono un qualche anfratto della città come giaciglio. “Al Rifugio la situazione è stabile – evidenzia Caterina Manelli – ma senza dubbio sono aumentate le fragilità che incontriamo per strada. Cerchiamo di orientare queste persone, con gravi forme di marginalità, verso i vari servizi, quelli di Caritas come la Mensa Menni, i Centri di ascolto piuttosto che verso altre realtà. Solo allora possiamo avere un loro profilo per capire chi sono. Nell’ultima verifica, purtroppo, abbiamo registrato un incremento della presenza giovanile, della fascia fra i 20 e i 30 anni. Sono perlopiù persone con problemi di abuso di sostanze. Dobbiamo assolutamente monitorare questa situazione”.

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ROMANO GUATTA CALDINI 27 nov 2020 09:55