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Brescia
di ROMANO GUATTA CALDINI 15 giu 2018 14:45

Politica e cultura cattolica

La lettura del voto amministrativo di domenica 10 giugno. Mons. Giacomo Canobbio, Luigi Morgano, Graziano Tarantini e Francesco Franceschetti: più voci per una fede comune

Quattro voci, quattro personalità rappresentative di diversi ambiti della società (Chiesa, politica, cultura ed economia) chiamate a riflettere sul peso dei cattolici nella politica bresciana, a seguito del voto del 10 giugno: mons. Giacomo Canobbio, l’europarlamentare Luigi Morgano (PD), Graziano Tarantini, presidente della Fondazione San Benedetto, e Francesco Franceschetti, presidente dell’Unione cristiana imprenditori dirigenti.

Alla luce del voto amministrativo di Brescia che ruolo ha svolto il mondo cattolico?

Canobbio. "Anzitutto ci si dovrebbe domandare cosa significhi 'mondo cattolico'. Questo mi pare sia piuttosto articolato e abbia visioni diverse di città e di Paese. Anche chi vota Lega o Forza Italia – a maggior ragione chi vota “Popolo della famiglia” – ritiene di appartenere al mondo cattolico; a volte ancora di più. Mi pare che dal voto di domenica, oltre a un buon giudizio sulla Amministrazione uscente, emerga il tessuto più solidale della Brescia della tradizione cattolico-democratica. Senza alcuna idea di manicheismo politico-religioso, mi pare si sia manifestato il desiderio di mantenere alcuni valori tipici della nostra terra. Una lettura attenta dei risultati potrebbe aiutare a cogliere con meno pessimismo la sensibilità dei cittadini bresciani, desiderosi di abitare una città accogliente, aperta, che affronta con lucidità i problemi che si affacciano per costruire una convivenza civile pacifica e inclusiva".

Morgano. "In questi giorni, a Strasburgo, c’è un’attenzione del tutto particolare da parte dei colleghi dei diversi schieramenti, non solo da parte di quello al quale appartengo, per l’esito delle amministrative di Brescia. La vittoria al primo turno di Del Bono non era nelle previsioni e invece si è concretizzata. Come mai proprio a Brescia quando altrove ci sono difficoltà maggiori? Il ragionamento, di per sé spontaneo, si orienta sempre verso la realtà cattolica, la sua presenza sul territorio. Tutti riconosco che Brescia tradizionalmente è sempre stata ben amministrata. E’ una città con una sua identità ben precisa, così come è chiara la posizione all’interno del mondo cattolico. Chi opera in politica, in larga misura, proviene da questo mondo, si assume le proprie responsabilità sia a livello politico sia per quanto riguarda le scelte prettamente amministrative. Il riferimento, sotto questo punto di vista, riguarda svariate tematiche, benché le preminenti attengano alla particolare attenzione bresciana al sociale, al non profit, al Terzo settore, alle realtà che le istituzioni, non solo cittadine, hanno adottato per rispondere ai propri bisogni, senza attendere l’intervento dello Stato: hanno avuto la determinazione di creare una risposta adeguata alle necessità delle rispettive comunità. Questo viene considerato un elemento rilevante. A Brescia, le scelte concrete che vengono compiute, rispetto alla valorizzazione di ciò che si può fare a livello istituzionale, coinvolgono appieno nella programmazione le realtà non profit. Rispetto ad altre città le differenze vengono immediatamente percepite. Il ruolo svolto dal mondo cattolico lo si legge nell’esito elettorale. L’amministrazione Del Bono ha fatto del rapporto con le realtà del non profit, promosse in gran parte dal mondo cattolico, una normalità in sede di attuazione programmatica, inserendosi in una precisa tradizione. Questo si è tradotto nel consenso ottenuto, frutto del buon governo e, ovviamente, degli aspetti programmatici enunciati".

Tarantini. "Negli anni, come Fondazione San Benedetto abbiamo formato oltre 1.250 persone attraverso una scuola per amministratori. Molti di loro sono entrati in politica schierandosi per tutte le formazioni: dal Pd alla Lega, da Forza Italia al M5S. Abbiamo colmato il vuoto lasciato dai partiti politici, dai corpi intermedi. Questa scuola, come annunceremo, molto presto farà parte di un circuito nazionale che alla classica formazione amministrativa affiancherà quella politica. Verrà posta l’attenzione nei confronti dei principi della democrazia, dei presupposti affinché questa possa funzionare. Sono nozioni che davamo per scontate ma, come vediamo quotidianamente, queste cognizioni mancano. Per quanto riguarda le elezioni, alle tante persone che mi sollecitavano a esprimermi ho consigliato la lettura della “Giornata di uno scrutatore” di Italo Calvino. Il protagonista, Amerigo Ormea, comunista, va a fare lo scrutatore in un seggio posto all’interno del Cottolengo. Sperimenta l’impotenza e l’inadeguatezza del proprio credo politico verso quella sofferenza umana inimmaginabile, e vede di cosa sono capaci le suore e i volontari con il loro amore... Bisogna conoscere la politica, con tutti i suoi limiti: può fare molto, ma non può essere la risposta alla felicità".

Franceschetti. "In questo momento, in politica, non vedo figure riconducibili al vecchio mondo cattolico. Chi c’è è molto vicino alla nostra associazione, ma il legame tra politica e cultura cattolica deve essere rinsaldato anche a livello locale. Per questo appoggiamo la Scuola di economia civile all’interno della quale diamo il nostro contributo per formare i quadri politici di domani, espressione di un mondo che ha bisogno di ritrovare una voce univoca. In tal senso, l’apporto delle associazioni è fondamentale".

Nel prossimo Consiglio comunale, nella maggioranza come all’opposizione, saranno presenti diversi volti, espressione della cultura cattolica. Che ruolo sono chiamati a svolgere?

Canobbio. "Direi anzitutto siano chiamati a deporre le armi della contrapposizione. La città è di tutti e va costruita anche con l’apporto di chi sta all’opposizione (brutto termine!). Il dialogo serrato, a volte anche aspro, deve servire a cercare insieme il bene della città. Nessuno è infallibile ed è sicuro che le soluzioni proposte siano quelle più corrette. San Tommaso d’Aquino, riprendendo uno scrittore del quarto secolo, diceva che “la verità da qualunque parte venga, viene dallo Spirito Santo”. Potrebbe sembrare eccessivo sostenere questo nell’ambito politico, ma forse potrebbe servire a deporre le armi da guerra per cercare insieme ciò che serve effettivamente al bene dei cittadini. La lotta politica è diventata quasi specchio di quanto sosteneva il filosofo moderno Hobbes: “Uomo lupo per l’uomo”. Esprimendo e alimentando contrapposizioni viscerali si consumano energie e si distrugge ciò che si vorrebbe costruire, la civitas nella quale deve esserci posto per tutti. Far maturare un maggior senso di communitas, di un compito comune o di condivisione mi pare sia la sfida che spetta a chi attinge visioni politiche dalla tradizione cattolica".

Morgano. "Quando si amministra una città si tiene conto di tutti i cittadini, prendendo in considerazione le diverse esigenze, senza mai perdere di vista le priorità, motivando perché sono tali. Cosa dovrebbe distinguere queste presenze? Se guardiamo la lista degli eletti ci accorgiamo come in gran parte siano persone che appartengono ad associazioni e movimenti impegnati nel mondo del parrocchie. Molte di loro hanno alle spalle esperienze oratoriane. C’è una naturale propensione, sostanzialmente, ad una rete di relazioni premiante. Il tema di fondo? La discussione deve entrare nel merito delle questioni, evitando quei giochi delle parti che in passato hanno messo in difficoltà sostanzialmente chi operava per una naturale condivisione delle posizioni".

Tarantini. "Devono essere costruttori di ponti. Non è buonismo… Pensiamo alla Costituzione, a Togliatti e De Gasperi che fecero un grande miracolo (non solo loro) riuscendo a trovare la combinazione per far convivere le varie culture politiche. Questo “sentimento” non appartiene al passato. È sempre attuale. Per questo invito le persone che si apprestano a entrare in Consiglio a discutere, pur partendo da posizioni e priorità differenti. Il fine ultimo è il bene della città. Ascoltare tutti, anche chi non ti ha sostenuto, chi ha opinioni culturali differenti, non può essere che un bene".

Franceschetti. Devono far capire l’importanza della partecipazione attiva nella vita comunitaria. Il dato locale sull’astensionismo è significativo, soprattutto in riferimento alla disaffezione dei giovani nei confronti della politica. È un fenomeno destinato ad avere ripercussioni su molti altri ambiti. Su questo tasto è necessario spingere molto; le associazioni cattoliche, insieme alla politica, sono chiamate ad affrontare il problema.

C’è un futuro per i cattolici in politica a Brescia?

Canobbio. "Sicuramente, come c’è per tutti i cittadini. Il riferimento per tutti dovrà però essere anzitutto la Costituzione con i principi ispiratori della stessa, e più ampiamente la Carta dei diritti universali dell’uomo. Se ai cattolici spetta un compito singolare, è quello di far crescere una mentalità cattolica nel senso etimologico del termine, cioè aperta al tutto e a tutti. Brescia ha una tradizione di apertura solidale come poche città in Italia. Questa va tenuta viva, pur con la consapevolezza che ciò richiede superamento di alcune paure e di conseguenti egoismi".

Morgano. "Non è possibile immaginare che in questo momento si possa tornare a una condizione precedente. Del resto, in merito, si sono sprecate analisi e analisi… Sono convinto che chi si professa cattolico, credente, debba dare testimonianza, all’interno della città, nel contesto sociale, di questa appartenenza attraverso la coerenza del suo operato in sede istituzionale, nel rispetto di tutti gli orientamenti, ma nello stesso tempo dicendo esattamente ciò che pensa, il perché favorisca certe scelte rispetto ad altre. Non a caso ho fatto riferimento alla dimensione attenente al sociale, che non è comunque l’unica da considerare. Quando si sostiene la necessità di tenere aperto un dialogo vero con le persone, per ascoltarne le esigenze, bisogna creare anche i luoghi affinché questo avvenga. La fede non è una dimensione prettamente intimistica: viene vissuta nel contesto della società in cui viviamo. In un momento come quello attuale, in cui sono fortissime, sul piano culturale, la posizioni individualiste, accompagnate spesso da aspetti relativisti, il tema dei diritti sembra esclusivo. Forse, in questo momento, è necessario ricordare che accanto ai diritti ci sono anche i doveri, al di là che si sia cattolici o meno. Penso sia una bella sfida culturale da riprendere".

Tarantini. "Il mondo cattolico può contare tantissimo. “Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla” sosteneva il critico spagnolo George Santayana. È necessario, quindi, avere alle spalle una cultura solida, una vasta conoscenza della storia.La tecnica, la gestione del potere, in assenza di cultura si inaridiscono. La politica come l’economia non sono un fatto di natura, hanno sempre un carattere culturale. Oggi la Dottrina sociale della Chiesa si rivela ancora quella più consona nel dare risposte significative. Al contrario, altre dottrine sono scadute, sono state superate. Questo perché la Dottrina sociale della Chiesa vive su presupposti che non tolgono nulla alla realtà. E' uno strumento di grande modernità, in virtù dei presupposti culturali solidi. Non nasce da una reazione agli eventi, ma da una coscienza in grado di cogliere dalla realtà tutti i fattori".

Franceschetti. "Assolutamente sì. A livello nazionale manca un fronte comune, al centro si denota l’assenza di un filone cattolico, con regole e pensieri propri, coordinato. C’è un vuoto che deve essere colmato".

ROMANO GUATTA CALDINI 15 giu 2018 14:45