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Brescia
di REDAZIONE 09 mar 2020 07:56

Tira: dopo la notte tornerà il mattino

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Messaggio del rettore dell'Università degli studi di Brescia a docenti, ricercatori, collaboratori e al personale tecnico e amministrativo. Un segnale per tutta la città

Carissime e carissimi, il nostro Paese ed in particolare la nostra Regione stanno attraversando un momento difficile, che nessuno di noi avrebbe potuto immaginare. Questo nuovo virus genera preoccupazione perché ampiamente sconosciuto ad oggi, nel suo modo di manifestarsi e diffondersi.

Nella scienza ecologica viene ben descritto come tutte le specie viventi siano in un rapporto preda-predatore, ma come esseri umani siamo da tempo abituati ad essere soltanto predatori, pensando di aver scongiurato l’eventualità di essere preda di qualche altra specie. I virus ci riportano con brutalità all’evidenza scientifica. Non è però in gioco solo la conoscenza del virus, ma anche quella di noi stessi. Di fronte all’ignoto, l’ansia e il panico si scatenano quando abbiamo la netta percezione di essere impotenti, aggiungerei “individualmente” impotenti, ovvero di non avere il controllo della situazione.

Siamo cresciuti e cresciamo nella convinzione di dominare l’ecosistema, ma anche di dominare noi stessi e ci accorgiamo che talvolta non è così. Cosa possiamo fare noi, comunità di alta formazione, in questa situazione?Recuperare il valore della conoscenza e della cultura.

Speriamo che uno dei depositi di questa emergenza sia la consapevolezza diffusa del valore universale e imprescindibile della ricerca scientifica, tanto misconosciuta negli ultimi decenni, soprattutto nel nostro paese. Tutto il mondo si sta affidando alla scienza, etica e rigorosa, che non crea falsi miti, non prende scorciatoie, ma da risultati tangibili.

Abbiamo complicato enormemente la vita che viviamo: sulla base di una legittima aspettativa di benessere, abbiamo creato comunità sempre più interconnesse e quindi vulnerabili. Allora, conseguentemente, dobbiamo incrementare le nostre capacità di governare sistemi complessi e quindi di diffondere conoscenza a tutti i livelli e in tutte le discipline.Non solo quindi le scienze di base, ma anche la scienza medico-clinica, la statistica, la tecnologia, l’informatica, la logistica e l’elenco potrebbe continuare.

Come comunità di alta cultura dobbiamo però diffondere anche la conoscenza di noi stessi ed in particolare la consapevolezza del senso di comunità. In queste situazioni nessuno è più autonomo, tutti dipendiamo da altri.

Ho già scritto ai nostri medici in formazione specialistica per ringraziarli dell’enorme lavoro che stanno portando avanti, anche vincendo la legittima preoccupazione per i rischi a cui si espongono ogni giorno. Sono giovani, alcuni già direttamente interessati dal contagio. Cosa faremmo senza di loro e senza, ovviamente, tutti i nostri colleghi e colleghe della macroarea medica e senza i medici che negli ospedali e nella medicina di base sono la nostra ancora di salvezza?

La tecnologia ha bisogno di persone, non dimentichiamocelo mai. Di persone che scelgano.Le donne e gli uomini sono di fronte sempre, a volte drammaticamente, ad una scelta. Non sapremo mai ringraziare a sufficienza chi sta scegliendo di vivere e rischiare per il bene comune. A loro va la stima e la gratitudine di tutta la comunità universitaria.

Brescia è una realtà eccellente nel Paese, per lo sviluppo tecnologico, per la qualità della sanità, per la capacità imprenditoriale, per lo spirito di sacrificio e la propensione al servizio del bene comune. Usciremo più forti da questo momento e impareremo anche molte cose: a selezionare l’essenziale, a recuperare il senso della sobrietà, a dare valore alla ricerca scientifica, a saper dare fiducia ai giovani, a saper ascoltare le esigenze dell’altro.

Non sappiamo ancora quanto durerà l’emergenza, che forme assumerà, chi di noi dovrà momentaneamente separarsi dalla comunità.Sono vicino a chi è già stato contagiato, a chi si è ammalato, a chi vive questa sofferenza per persone care. Non ho le parole adatte per comunicarvelo, ma sappiate che ci siamo, ci sono, non perché sia più forte o migliore, ma perché chi si assume le responsabilità lo fa per tutte le stagioni, quelle belle e quelle difficili.

Sappiate che tutti i Rettori d’Italia ed in particolare quelli della Lombardia sono in costante contatto tra loro ed in contatto con il nostro Ministro dell’Università. Come Rettori lombardi abbiamo anche anticipato provvedimenti normativi poi assunti dal Governo o dalla Regione. Portiamo ai tavoli le esigenze che viviamo ogni giorno nelle nostre comunità, solleviamo questioni chiedendo – quando necessario – che trovino una soluzione normativa, ma senza fermarci e facendo tutto quanto già possiamo fare.

Dobbiamo osservare scrupolosamente tutte le indicazioni delle autorità sanitarie, anche accettando di rimodulare il nostro modus operandi attraverso soluzioni sub-ottime. Le lezioni e gli esami a distanza non sono il nostro modo di educare: noi vogliamo dialogare e ascoltare i nostri studenti e le nostre studentesse, in un incontro diretto. Vogliamo insegnare loro nei laboratori, nei tirocini, nelle visite didattiche, facendoli sperimentare direttamente. Noi vogliamo gioire con loro e aiutarli quando non raggiungono i risultati attesi.

Se siamo passati a tante attività a distanza e se sempre più lo faremo è perché preferiamo non interrompere la loro formazione e non vogliamo lasciarli soli!

Alcuni studenti e studentesse si preparano e sono ad un passo dal terminare studi nell’area medica e delle professioni sanitarie: è nostro dovere imprescindibile consentire loro di essere, il prima possibile, a servizio della comunità. Lo stesso dicasi però per tutte le professioni. Chi studia ha un debito verso la società che glielo ha permesso, ma anche un credito verso di noi. Nessun docente è obbligato a fare didattica a distanza, ma è obbligato ad adempiere ai doveri che si è assunto accettando questo lavoro.

Credo fermamente che tutti noi dobbiamo rispondere ad un imperativo etico imprescindibile: curarsi dei nostri studenti e delle nostre studentesse, e – permettetemi – non solo per un rispetto formale del patto educativo e delle ore di lezione che dobbiamo erogare, ma anche per comunicare con loro (seppur a distanza), per rincuorarli, per sostenerli nella loro fatica aumentata, nell’incertezza, nell’ansia. Dobbiamo infondere loro fiducia!

Quindi colleghiamoci con i nostri studenti, mettiamo ancora più passione nel trasmettere loro le conoscenze. Abbiamo gli strumenti tecnici per farlo e i colleghi che assicurano assistenza per questo.

Mi permetto anche di sollecitare, nel limite del possibile di ognuno, che quando inizieremo a laureare, lunedì 9 marzo, i primi studenti e studentesse, le commissioni possano essere in aula, vestite con la nostra toga, simbolo alto di ciò che vogliamo essere, osservando evidentemente rigorosissimamente le norme di sicurezza. Mostreremo alle famiglie che noi ci siamo, che non viene meno la solennità del momento, che non faremo festa fisicamente insieme, ma che siamo lì a riconoscere che il percorso di studi è stato legalmente completato e che proclamiamo dei nuovi dottori, dopo anni di sacrifici!

Quando l’emergenza sarà finita faremo una grande festa in città! Un ultimo pensiero particolare al personale tecnico amministrativo. In queste due settimane di emergenza il tasso di presenza è stato molto alto e di questo sono grato a tutti e a tutte!

Adesso le difficoltà aumenteranno, per la gestione delle famiglie, per le fragilità individuali, anche semplicemente per la necessità di maggiore attenzione. Aumenterà anche il lavoro agile straordinario, è già stata fatta una chiara ricognizione delle emergenze e sono già stati presi provvedimenti. Altri potranno essere presi, ma so che tutti e tutte sono responsabilmente impegnati a non far calare minimamente la qualità dei servizi offerti.

In questo, pur nella diversità dei rapporti contrattuali, personale tecnico-amministrativo e corpo docente devono sentirsi solidalmente impegnati.Nessuno avrebbe potuto immaginare questa situazione e nessuno è stato allenato ad affrontarla. Tutti possiamo quindi sbagliare anche più del solito, a partire dal sottoscritto. Confido che di questo mi perdonerete.

Una cosa però è certa: in emergenza il rispetto della catena di comando e dei rispettivi ruoli, la riduzione dei messaggi impropri, la centralizzazione della comunicazione istituzionale sono fondamentali per ridurre i disagi ed anche i rischi. Non si tratta di sospensione di metodo democratico e partecipativo, né tanto meno di autocompiacimento, ma di organizzazione razionale e responsabile!

Non sappiamo quanto resta della notte, ma siamo certi che poi viene il mattino. Coraggio!

Un abbraccio a tutti e tutte,

Maurizio Tira

REDAZIONE 09 mar 2020 07:56