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Roma
08 nov 2023 10:40

Tornano a crescere gli italiani che emigrano

Presentato il Rapporto 2023 curato della Fondazione Migrantes

E’ stata presentata questa mattina l’edizione 2023 del Rapporto italiani nel mondo curata dalla Fondazione Migantes che ancora una volta conferma la tendenza tra i giovani a cercare fuori dell’Italia, non trovando risposte nei confini nazionali, vanno alla ricerca di spazi di protagonismo altrove, di luoghi che rispondano alla loro fame di vita e di crescita personale e professionale.

Nel 2022, come certifica il rapporto, i movimenti migratori interni (1 milione 484 mila) sono tornati a essere in crescita: +4% rispetto al 2021 e +10% rispetto al 2020. Si sta lentamente tornando ai livelli prepandemici, ma ancora una volta a farne le spese è il Meridione d’Italia. Le regioni del Nord risultano quelle più attrattive, soprattutto Emilia-Romagna, Friuli- Venezia Giulia e Lombardiaa, ma la mobilità italiana è, nel suo insieme, qualcosa di molto complesso. Essa, infatti, riguarda sia i movimenti che avvengono all’interno del Paese tra regioni diverse, specialmente dal Sud verso il Nord, sia gli spostamenti dalle aree urbane alle zone periferiche per vivere o per lavorare. Occorre, inoltre, considerare anche le forme di pendolarismo intraregionale o tra regioni diverse e gli spostamenti oltreconfine.

Il 44% delle partenze per espatrio, avvenute da gennaio a dicembre 2022, ha ri­guardato giovani italiani tra i 18 e i 34 anni. Si rilevano, rispetto agli anni precedenti, due punti percentuali in più in questa specifica classe di età che continua a crescere nonostante in generale, ancora per quest’anno, si sia rilevata – per la sola motivazione espatrio – un decremento delle partenze ufficiali – e quindi con iscrizione all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero – dei nostri connazionali e delle nostre connazionali oltre i confini italiani.

Il prolungarsi di tali decrementi (-2,1%, -1.767 iscrizioni per solo espatrio rispetto al 2022) e il ritardo delle ripartenze in numeri paragonabili al periodo prepandemico (sempre superiore alle 100 mila partenze per solo espatrio l’anno) spinge a pensare che, probabilmente, ci ritroviamo in una nuova fase della mobilità italiana. Quest’ultima, in realtà, ci ha abituati a cambiamenti repentini e continui che tengono conto del pe­riodo storico e degli eventi, di qualsiasi tipo, che accadono. È come se l’epidemia di Covid avesse reso i migranti italiani che partono oggi meno spavaldi, meno propensi al rischio, ma con maggiore senso di responsabilità e una più intensa inquietudine ri­spetto ad una scelta di vita che potrebbe essere definitiva – considerando le esperienze di altri (parenti e amici) a loro vicini – e per questo ancora meno facile da prendere. È anche vero, però, che la ripresa postpandemia ha acceso speranze nella possibilità di una trasformazione del nostro Paese, dell’avvento cioè di una serie di progetti e riforme mi­rate a combattere e superare la maggior parte delle fragilità con le quali l’Italia lotta da diverso tempo. Nello specifico, il riferimento è alla disoccupazione, allo spopolamento dei territori, all’inverno demografico, all’assenza di politiche e incentivi per la genito­rialità e le famiglie, ad una maggiore attenzione per le nuove generazioni e per la loro formazione, alla loro valorizzazione e alla loro introduzione al mondo del lavoro, alla loro partecipazione civile e sociale e al sostegno al mondo della ricerca.

Aumentano gli indecisi, coloro che sono in una sorta di limbo tra il qui e il là, quelli che sono andati all’estero e vi lavorano anche, ma che continuano a tenere fermo un piede anche in Italia non ottemperando all’obbligo di iscrizione all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (Aire). Aumentano i moderni clandestini, quelli che non rispondono al diritto-dovere di spostare la residenza dall’Italia all’estero, quelli che vivono tra due realtà prendendo da ciascuna quello che possono, di volta in volta giu­stificati dal fatto che siano stati scarsamente considerati e valorizzati e che l’Italia non abbia avuto cura di loro evitando che andassero a vivere lontano.

L’Italia fuori dei confini nazionali è costituita oggi da circa 6 milioni di cittadini e cittadine. L’analisi dei numeri incrocia la storia del Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes la cui prima edizione risale a diciotto anni fa. Una presenza cre­sciuta dal 2006 del +91%. Le italiane all’estero sono praticamente raddoppiate (99,3%), i minori sono aumentati del +78,3% e gli over 65 anni del +109,8%. I nati all’estero sono cresciuti, dal 2006, del +175%, le acquisizioni di cittadinanza del +144%, le partenze per espatrio del +44,9%, i trasferimenti da altra AIRE del +70%.  Al 1° gennaio 2023 i connazionali iscritti all’Aire sono 5.933.418, il 10,1% dei 58,8 milioni di italiani residenti in Italia. Mentre l’Italia continua inesorabilmente a perdere residenti (in un anno -132.405 persone, lo -0,2%), l’Italia fuori dell’Italia conti­nua a crescere anche se in maniera meno sostenuta rispetto agli anni precedenti.  Il 46,5% dei quasi 6 milioni di italiani residenti all’estero è di origine meridiona­le (il 15,9% delle sole Isole), il 37,8% del Settentrione (il 19,1% del Nord Ovest) e il 15,8% del Centro.

Negli ultimi 20 anni, quindi, e poi ancora di più nell’ultimo decennio, abbiamo as­sistito non solo a un revival del fenomeno, ma a un drastico cambiamento dello stesso. Rispetto alle caratteristiche tradizionali – origine meridionale, protagonismo dell’oltre­oceano, emigrazione familiare – la mobilità degli italiani più recente, caratterizzata da partenze dalle regioni del Centro-Nord dopo, nella maggior parte dei casi, un periodo più o meno lungo di mobilità interna Sud-Nord, sta riscrivendo la storia dell’Italia le­gata ai flussi migratori dei suoi residenti.

La Sicilia è la regione d’origine della comunità più numerosa (oltre 815 mila). Seguono – restando al di sopra delle 500 mila unità – la Lombardia (quasi 611 mila), la Campania (+548 mila), il Veneto (+526 mila) e il Lazio (quasi 502 mila). Il 48,2% dei 6 milioni di italiani all’estero è donna (oltre 2,8 milioni). La presenza delle italiane cresce in maniera sostenuta: dal 2006 ad oggi è praticamente raddoppiata (+99,3%). Il 58,2% degli iscritti all’AIRE è celibe/nubile, il 35,3% coniugato/a. I vedovi sono il 2,2% e sono stati superati dai divorziati (2,8%). Crescono le unioni civili (3.815, 0,1%).

Al contrario di quanto capita per gli italiani in Italia, l’Italia che risiede all’estero è sempre più giovane. Crescono le classi di età centrali costituite da giovani, giovani adulti e adulti maturi: il 23,2% (oltre 1,3 milioni) ha tra i 35 e i 49 anni; il 21,7% (più di 1,2 milioni) ha tra i 18 e i 34 anni. Guardando alle classi di età più mature il 19,5% (oltre 1,1 milioni) ha tra i 50 e i 64 anni mentre gli anziani over 65 anni sono il 21,1%. Tra questi, la fascia più rappresentata è quella dei 65-74 anni (9,6%, 570 mila circa). I minori sono più di 855 mila (14,4%). Il 51% è all’estero da più di 15 anni, il 19,3% da meno di 5 anni. Il 49% è all’estero per espatrio, il 40,4% è nato all’estero da cittadini italiani. Aumentano sia il lavoro di rettifica di posizioni irregolari (reiscrizioni da irreperibilità) al 4,4% e sia le acquisizioni di cittadinanza (3,3%) L’attuale presenza italiana all’estero è europea. L’Europa accoglie oltre 3,2 milioni di connazionali (il 54,7% del totale) mentre il continente americano segue con oltre 2,3 milioni (40,1%).

Oggi le comunità italiane più numerose si trovano in Argentina (oltre 921 mila iscritti, il 15,5% del totale), in Germania (oltre 822 mila, il 13,9%), in Svizzera (oltre 639 mila, il 10,8%). Seguono Brasile, Francia, Regno Unito e Stati Uniti d’America.

Nelle prime dieci posizioni si registrano ben tre continenti – America del Nord e Latina, Europa e Oceania – ma non occorre superare la 27° posizione perché tutti i continenti siano rappresentati.

Se prima dell’avvento del Covid le iscrizioni all’Aire in un anno arrivavano anche a 260 mila e più del 50% erano per espatrio, il peso di questa tipologia sul totale delle iscrizioni è andato scemando – dal 49,3% del 2021 su oltre 222 mila iscrizioni al 42,8% del 2022 su oltre 195 mila iscrizioni. Nell’ultimo anno, su quasi 209 mila iscrizioni per tutte le motivazioni, il 39,2% ha riguardato l’espatrio, motivo che, per la prima volta, è stato superato dalla nascita all’estero da cittadini italiani (43,4%, quasi 91 mila iscrizioni). Da gennaio a dicembre 2022 si sono iscritti all’Aire per la sola motivazione “espatrio” 82.014 italiani (-2,1% rispetto all’anno precedente ovvero -1.767 iscrizioni).

Lombardia e Veneto – con, rispettivamente, un’incidenza sul totale del 18,8% e dell’11,4% – sono, ancora una volta, le regioni da cui oggi si parte di più. Seguono la Sicilia (8,9%), l’Emilia-Romagna (8,2%) e il Piemonte (7,6%). Il Nord Italia continua ad essere, quindi, il protagonista indiscusso dell’attuale mobilità dall’Italia verso l’estero, una mobilità anche quest’anno ridotta, ma in linea con il 2022.

Da gennaio a dicembre 2022, gli italiani e le italiane sono partiti da tutte le 107 province di Italia verso 177 destinazioni differenti nel mondo. Milano, Torino, Napo­li, Roma sono, nell’ordine, i primi quattro contesti provinciali; seguono Treviso, Brescia, Bergamo e Vicenza.

La mobilità non è più sfuggire da situazioni di fragilità economica e occupaziona­le. La mobilità è desiderio di rivalsa e crescita. Questo bisogno lo si trova tanto nelle aree metropolitane medio-grandi quanto nelle città medio-piccole. Essa accompagna chi vive nelle aree depresse e chi risiede in zone ricche del nostro Paese, quei territori apparentemente privi di problemi ma che, nell’epoca della mobilità e della fluidità dell’i­dentità, diventano per alcuni troppo stretti al punto da spingere a cercare, comunque, spazi vitali più ampi.

Il 75,3% di chi ha lasciato l’Italia per espatrio nel corso del 2022 è andato in Eu­ropa; il 17,1% è, invece, arrivato nel continente americano (il 10,5% nell’America Lati­na) e il 7,4% si è distribuito in tutto il resto del mondo.

Il 16,4% delle iscrizioni per espatrio ha riguardato il Regno Unito; il 13,8% la Germania; il 10,4% la Francia e il 9,1% la Svizzera. I primi quattro paesi, tutti europei, raccolgono il 50% del totale delle partenze.


08 nov 2023 10:40