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Lovere
di LUCIANO ZANARDINI 21 mar 2022 07:50

Chi è Dio? Che cos'è la preghiera?

La comunità del Monastero Santa Chiara di Lovere, che nelle scorse settimane ha concluso il Capitolo, è attualmente composta da 24 religiose (una è in aiuto presso un monastero del Veneto) dai 50 agli 87 anni. Suor Emanuela Roberta, originaria di Iseo, è la nuova Abbadessa del Monastero

Suor Emanuela Roberta, originaria di Iseo, è la nuova Abbadessa del Monastero di Santa Chiara a Lovere.

Suor Emanuela Roberta, dov’è nata e com’è nata la sua vocazione?

Oggi, dopo 24 anni di vita in monastero, mi pare di poter rispondere che la mia vocazione è ancora in “gestazione”, non si tratta di un evento puntuale, ma di un processo che rimane aperto e non finisce mai di stupire, perché nasce da un fascino, dalla percezione di una promessa di vita in pienezza, di una bellezza… che al momento della scelta potevo soltanto vagamente intuire. Si trattava del desiderio di poter amare “alla grande”, ma concretamente tutto era molto confuso… e c’era anche tanta paura all’inizio. Quando dentro il mio cammino di ricerca ho incontrato le sorelle e ho avuto modo di condividere con loro qualche giorno in monastero, ho iniziato a sentire dentro di me una grande pace; i loro occhi luminosi e il loro sorriso hanno contattato il mio desiderio più profondo, facendolo emergere. Aria di “casa”, attraverso una vita semplice, fatta di piccoli gesti quotidiani, però carichi di senso, di attenzione amorosa. Mai avrei immaginato quanta ricchezza mi sarebbe stata donata, attraverso le mie sorelle e le tante persone che il Signore mi ha donato di incontrare lungo il cammino!

In quante siete nel Monastero? Com’è organizzata la vostra giornata?

La nostra comunità è attualmente composta da 24 sorelle (una al momento in aiuto per il servizio dell’autorità presso un monastero del Veneto) dai 50 agli 87 anni, di diverse provenienze (province di Bergamo, Brescia, Milano, Cremona, due sorelle venete e una di origine trentina). La nostra giornata è imperniata sulla celebrazione eucaristica e scandita dalla Liturgia delle Ore, che alimentano la preghiera silenziosa personale. Attorno al ritmo della preghiera si intrecciano gli altri tempi della giornata, costituiti dal lavoro, dagli incontri di vita fraterna e formativi, dai tempi di riposo e dalle occasioni di incontro e di dialogo con le persone che in vario modo frequentano il monastero. Si potrebbe dire che la nostra vita è caratterizzata da un’«alta intensità» di relazioni: con Dio, con noi stesse, con le sorelle, con i fratelli e le sorelle che si accostano a noi, e il creato. È proprio la

Chi vi contatta, cosa vi chiede, cioè quali sono le esigenze spirituali maggiori?

Le sorelle e i fratelli che si accostano a noi desiderano soprattutto condividere la preghiera e la vita, intendo proprio la dimensione umana della vita. Hanno sete di vita autentica, profonda, di poter contattare dentro il loro vissuto tutta la bellezza e la ricchezza che spesso – per le vicende più diverse che hanno attraversato – restano come soffocate o nascoste. È questo, in fondo, il sogno che Dio ha posto nel cuore di ogni uomo: la promessa di una vita in pienezza, riconciliata ed armoniosa. Questo tanto nei giovani quanto negli adulti, senza distinzioni. Spesso chiedono un accompagnamento personale nella preghiera e nel cammino spirituale, soprattutto se decidono di trascorrere qualche giorno di ritiro in foresteria. L’incontro con la Parola di Dio, mediato anche dalla celebrazione della Liturgia, è di grande aiuto per favorire la “scoperta” del del tesoro che abita nei loro cuori.

Parlo di tesoro rifacendomi ad una metafora a me molto cara che santa Chiara utilizza nei suoi Scritti: ella parla di un “tesoro incomparabile, nascosto nel campo del mondo e dei cuori umani”. Tale tesoro è Gesù stesso… Chiara, una donna del Duecento, che viveva in clausura, aveva un’intensa percezione che il Signore è presente nel cuore di ogni uomo e di ogni donna, e nel “campo del mondo”, cioè nella realtà che ci circonda, nella storia che qui ed ora siamo chiamati ad abitare.

Quando prendiamo consapevolezza di questa Presenza, il nostro sguardo inizia a trasformarsi e impariamo a ri-leggere la storia come storia di salvezza, ci sentiamo partecipi e artefici di un disegno d’amore che ci trascende e che infrange i nostri angusti schemi. Questo è il passaggio più bello che ci è dato di cogliere, sia tra noi sorelle, che nelle persone che incontriamo… si tratta di uno scambio di doni!

La nostra società è molto conflittuale anche a livello familiare. Molti rapporti si incrinano per motivi futili. Cosa dite alle persone che incontrate e sentite?

Quelli che chiamiamo “motivi futili” sono in realtà come scintille che fanno riesplodere le ferite più profonde che ogni persona porta dentro di sé. Ogni tipo di conflitto nasce dalla paura, e la paura più radicale che ci abita è quella della morte. La fragilità che sperimentiamo nelle relazioni risveglia questa paura e non accettiamo di mostrare la nostra vulnerabilità. Gesù è colui che ci mostra che è possibile essere umani fino in fondo, accogliendo e integrando la fragilità. Non solo, Gesù, nella sua vicenda umana ci insegna che proprio la fragilità diventa punto di forza: questo è il mistero pasquale, il passaggio verso la pienezza di vita attraversando la morte, cioè la fragilità. Allora la cura delle relazioni passa attraverso il dialogo, l’ascolto attento e l’accoglienza delle nostre e altrui paure. Costruire e custodire le relazioni è arte delicata e preziosa, che ci rende veramente umani. Quando incontriamo sorelle e fratelli che vivono situazioni di conflitto e di separazione, cerchiamo di offrire uno spazio di ascolto profondo, che permetta loro di entrare in contatto con le proprie ferite, perché possano lasciarsi toccare dall’amore del Signore e trovare riconciliazione con la propria storia e con gli altri.

Viviamo un momento storico delicato. Possiamo contare sulla vostra preghiera per la pace…

Il tempo che stiamo vivendo sta in realtà mettendo più chiaramente in luce una crisi che già era in corso. Come credenti siamo fortemente interpellati sulla questione di Dio. Chi è Dio? Che cosa è la preghiera? Cosa significa che Dio è Padre, se la nostra preghiera per la fine della pandemia e della guerra rimane inascoltata?

Cosa significa “contare sulla nostra preghiera”? Che ci sono preghiere che valgono di più e altre di meno?

Forse il modo tradizionale con il quale abbiamo narrato il volto di Dio non riesce più a contattare la nostra vita reale. Quanto la storia ci presenta fa sbriciolare le immagini distorte di Dio che ci portiamo dentro.… È curioso: monaci e monache da sempre sono state percepiti nell’immaginario collettivo come “esperti” della preghiera e di Dio, ma la tradizione, sin dall’antichità, individua l’attività dei monaci come un quaerere Deum, cioè i monaci sono coloro che cercano Dio, cercano di scorgere il volto di Dio. In parole povere: i monaci vivono costantemente l’esperienza che il vero volto di Dio non è accessibile, che tutta la vita è una ricerca. Questa è la nostra vocazione nella Chiesa e con la Chiesa: essere sorelle di tutti, a fianco di tutti, non per dare risposte, ma per vivere insieme l’appassionata ricerca del volto di Dio. Dentro questa ricerca scopriamo che la pace non abita fuori di noi, ma è possibile soltanto a partire dalla conversione del cuore, il nostro, non tanto quello degli altri. Allora questo tempo è l’occasione che ci è offerta per crescere come uomini e donne, come figli e figlie di Dio, che sanno di essere da Lui custoditi e vivono da fratelli e sorelle.

LUCIANO ZANARDINI 21 mar 2022 07:50