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Brescia
di ELISA GARATTI 09 giu 2023 08:02

La vita da geometra rivoluzionata...

Don Alberto Marchetti è stato nominato curato di: San Rocco in Lumezzane Fontana, Sant’Antonio di Padova in Lumezzane Gazzolo, San Giovanni Battista in Lumezzane Pieve, Lumezzane Sant’Apollonio, Lumezzane San Sebastiano, San Carlo Borromeo in Lumezzane Valle, San Giorgio in Lumezzane Villaggio Gnutti – che costituiscono l’Unità Pastorale San Giovanni Battista.

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Classe 1975, don Alberto Marchetti è pronto a dire il suo Sì per sempre al Signore, dopo quel “lungo corteggiamento” che, nel 2016, lo ha portato ad abbandonare la sua professione di geometra ed entrare in Seminario. Originario della Parrocchia dei SS. Pietro e Paolo di Toscolano Maderno, oggi don Alberto svolge il suo servizio diaconale a Monticelli Brusati, occupandosi principalmente delle visite agli ammalati, della catechesi per i genitori e degli incontri con gli adolescenti, oltre ovviamente ad aiutare concretamente il suo parroco nelle celebrazioni.


Don Alberto, partiamo dall’inizio. Entri nel Seminario nel 2016, ma quando hai percepito la vocazione?

La mia vocazione, o almeno la percezione che dovessi iniziare questo cammino, risale a molti anni prima del 2016. Nonostante io abbia vissuto sempre una vita attiva in parrocchia, tra oratorio, catechismo e chiesa, è stata la presenza di un diacono a suscitarmi la domanda se io stessi dando abbastanza tempo al Signore. Un tempo che pure era molto, ma forse non tutto quello che potevo dare. Tuttavia, un po’ per il mio carattere e un po’ dubbioso che mi fossi fatto convincere dalla festa in occasione della sua prima S. Messa, non ho subito approfondito questo quesito interiore. In più, eventi familiari anche tristi (come la morte del padre, ndr) hanno rallentato il percorso. Questa domanda, comunque, periodicamente usciva, ma la accantonavo. Fino al 2015, quando non sono più riuscito a far finta di niente. È stato come una sorta di “corteggiamento” da parte del Signore che, ad un certo punto, si è fatto insistente. Mi chiedeva: “Sono qui e aspetto una tua risposta, che sia positiva o negativa”. All’inizio del 2016 ho quindi iniziato gli incontri con gli educatori del Seminario e ho cominciato il cammino Emmaus. Avevo il timore che non potessero accogliermi per l’età, visto che avevo 40 anni.


È stato quindi un percorso caratterizzato da un profondo dialogo introspettivo...

La mia vita era ben impostata, ma presto mi resi conto che mancava felicità nello svolgere la professione di geometra. È stato un percorso faticoso, ma ad un certo punto ho capito che dietro questa fatica c’era già la risposta risolutiva: si trattava solo di trovare il coraggio di dire sì e trovare la felicità. Nelle difficoltà, comunque, il guardare a chi c’era in fondo, al volto del Signore, mi ha sempre guidato e sostenuto.


Quando hai comunicato la notizia a familiari e amici come hanno reagito?

Mia madre, all’inizio, era chiaramente destabilizzata, visto che la mia vita era già impostata da anni. Già all’inizio del Seminario, però, è stata lei ad essere coinvolta e interessata alla nuova vita e partecipava ai momenti conviviali. Questo mi ha confortato: ha compreso che ero felice e, di conseguenza, anche lei lo è diventata e lo è tuttora. Lo stesso anche mio fratello, con cui condividevo l’ufficio: fin da subito mi ha dimostrato la massima libertà e disponibilità anche positiva ad accettare la mia scelta, così diversa e radicale. Infine, gli amici: molti mi dicevano che l’avevano intuito da tempo e per questo erano sicuri che intraprendendo questa strada potessi trovare la mia felicità.


La tua è stata una vocazione adulta. La tua età è stata più una difficoltà o un’opportunità?

Inizialmente, temevo fosse una difficoltà. Prima di tutto, per l’ambito scolastico: erano ormai vent’anni che non sedevo dietro un banco di scuola. Tra l’altro avevo studiato materie tecniche e non la filosofia, il greco, il latino, le lingue antiche e la teologia del Seminario. Quanto alla relazione con gli altri seminaristi più giovani di me (attualmente io sono, dopo il rettore, il più vecchio), un’opportunità: ringrazio tutti i seminaristi che ho incontrato perché, nonostante alcuni avessero addirittura la metà dei miei anni, mi hanno sempre accolto come uno di loro. Personalmente, ho una certa venerazione per Paolo VI e il suo modo di essere aperto, pur nella fermezza della sua fede, alle istanze di chi era distante dal suo modo di pensare e di essere: il suo esempio mi ha confortato e aiutato ad essere io stesso aperto. In definitiva, mi sono sempre trovato bene con i più giovani e sempre ho ricevuto da loro molta stima, a volte chiedendomi anche se meritata o no.


A quale modello ti ispiri? Qual è, secondo te, l’identikit ideale del sacerdote?

Io penso che, in questo momento, sia chiesto ai sacerdoti di dover tornare a dire il nome di Gesù a chi incontrano. Poi ci sono molti modi, molti metodi da mettere in campo. Secondo me, il sacerdote deve essere un uomo disponibile all’ascolto dei giovani, delle famiglie, degli anziani e dei malati. A Monticelli Brusati, mi è stata data la possibilità di incontrare regolarmente alcuni malati: ascoltarli e trovare una parola semplice di vicinanza e amicizia è stato per me molto fruttuoso. Penso che questo sia uno dei compiti importanti del sacerdote, una caratteristica che si ritrova in tutta la storia bresciana. Dobbiamo però fare attenzione che i metodi per annunciare il Vangelo, che rimane comunque il compito principale, non diventino il fine: tutti i modi possono essere buoni, ma non devono diventare lo scopo, che è il Signore, che altrimenti passerebbe in secondo piano. Sicuramente, per un sacerdote, è importante anche l’aspetto aggregativo, ma il compito principale rimane comunque quello di tornare a “dire il Signore”. Ricordo che, in un discorso, Paolo VI disse proprio: “Sono venuto qui per dirvi Gesù Cristo”, a manifesto del desiderio di far incontrare qualsiasi suo destinatario con Gesù Cristo, proprio perché vivere con Lui o senza di Lui non è la stessa cosa.


Ormai mancano pochi giorni all’ordinazione sacerdotale. Che emozioni provi?

Fino a poco tempo fa, ero abbastanza tranquillo. Adesso inizio a sentire un po’ di buona agitazione. Quando ci si incontra così decisivamente con una persona – penso avvenga lo stesso per gli sposi la mattina del matrimonio –, non può che subentrare questa sensazione. Allo stesso tempo, però, confido e ringrazio il Signore che mi ha condotto fino a questo giorno, perché se sono arrivato qui lo devo a Lui che mi ha sostenuto. Probabilmente quel “corteggiamento” era davvero serio: una volta conquistato non mi ha lasciato solo, ma ha continuato a sostenermi.

ELISA GARATTI 09 giu 2023 08:02