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Brescia
di SERGIO ARRIGOTTI 31 ott 2023 14:57

Quali sono le priorità pastorali oggi?

Don Giuliano Baronio, don Gino Regonaschi e don Santo Chiapparini, ora destinati ad altri incarichi, indicano le prospettive

Abbiamo chiesto a tre parroci di lungo corso destinati a nuovi incarichi di raccontare, a partire dalla loro esperienza, quali sono le priorità pastorali. Ne abbiamo parlato con don Giuliano Baronio (classe 1946), don Gino Regonaschi (1952) e don Santo Chiapparini (1948) che da poche settimane hanno terminato il loro servizio alle parrocchie di Iseo, Borgosatollo, Chiesanuova e Noce in città

Quali sono, a partire dalla vostra esperienza, le priorità pastorali di una comunità?

Don Giuliano Baronio: La priorità fondamentale, secondo me, è la formazione dei genitori, delle famiglie, perché se non partiamo da lì è un disastro. Le famiglie che sentono il problema della fede e che lo vivono, sanno anche indirizzare i ragazzi in questa direzione; le altre no, e quindi perdiamo i ragazzi, perdiamo gli adolescenti. La formazione dei genitori è l’unico modo per poterli avvicinare ed aiutarli ad approfondire la fede”.

Don Gino Regonaschi: Il primo atteggiamento di fondo è quello di saper incontrare le persone. Prima di ogni progetto viene la capacità di avvicinarsi agli altri con umiltà, incontrare le persone: non i cattolici, le persone; non i praticanti, le persone. E poi la passione educativa, che passa attraverso la grazia dei sacramenti. L’ambito educativo per un prete deve avere a fondamento i sacramenti.

Don Santo Chiapparini: La priorità pastorale, secondo me, è quella di accogliere e volere bene alle persone, entrare un po’ nella loro vita, camminare secondo i loro passi. Da lì in poi si può effettuare tutto, ma la prima cosa, quella fondamentale, è volere loro bene”.

Sempre meno sacerdoti, territori sempre più ampi. Sta cambiando la figura del prete. Quali sono le caratteristiche da salvaguardare?

Don Giuliano Baronio: O noi riusciamo, pur in mezzo a questi continui spostamenti, a mantenere una relazione con le persone, o altrimenti è un disastro. So che è difficile ma, secondo me, quello delle relazioni rimane un punto fermo che dobbiamo coltivare. La seconda caratteristica è quella di formare i laici. Il Concilio aveva già dato indicazioni ben precise circa il laicato. L’enciclica di Giovanni Paolo II Christifideles Laici ha parlato chiaro. Bisogna che aiutiamo i laici a rendersi corresponsabili, non collaboratori. Dire collaboratori significa che il responsabile sono sempre io e tu mi aiuti. Dire corresponsabile vuol dire che tutti insieme abbiamo la responsabilità di portare al mondo la luce del Vangelo.

Don Gino Regonaschi: La prima cosa deve essere la vita interiore del prete, la spiritualità. Guai se la fretta ci fa abbandonare la preghiera, la recita del breviario perché, se no diventiamo degli operatori sociali. E poi è necessario l’accostamento alle persone, fatto con umiltà, con la gioia nel cuore e il dono dell’esperienza spirituale di grazia, recitando bene quelle che sono le cose primarie, la celebrazione eucaristica domenicale, e la gioia dell’adorazione eucaristica durante la settimana. Sembra una semplificazione, ma le due cose vanno insieme: l’incontro con le persone nella semplicità e il dono di una esperienza spirituale di fede.

Don Santo Chiapparini: La prima caratteristica è quella che il prete deve sentirsi dentro una comunità, e quindi deve sviluppare delle relazioni con le persone. Anche se i territori sono grandi, il sacerdote deve sapere che lui è dentro una realtà, una comunità, fatta di relazioni. Il prete non è un burocrate, deve fare il pastore. É un po’ quello che dice Papa Francesco, anche se le comunità sono grandi, e tante, e deve girare un po’, il prete non è uno che fa il suo mestiere e basta, è uno che deve sviluppare relazioni e sentirsi accolto dalle persone.

SERGIO ARRIGOTTI 31 ott 2023 14:57