Tutti siamo pietre vive della Chiesa

Stiamo vivendo un momento di grazia. Siamo riconoscenti al Signore per il dono prezioso che voi – cari candidati – fate oggi alla nostra Chiesa, ponendovi generosamente al suo servizio, nel nome del Signore e per il bene del mondo. Voi riceverete in questa solenne celebrazione liturgica la santa unzione, che vi renderà ministri della Parola, dell’altare e della carità, “servitori di Cristo e amministratori dei misteri di Dio” (cfr. 1Cor 4,1).
La vostra ordinazione presbiterale avviene nell’anno del Giubileo, l’anno della misericordia e della speranza. Il passo del libro di Isaia, che abbiamo ascoltato e che voi avete scelto come prima lettura di questa liturgia, ce lo ricorda. E io vorrei sottolineare in particolare alcune espressioni del profeta. Egli dice, dando voce al Messia atteso: “Il Signore mi ha mandato a fasciare le piaghe dei cuori spezzati … a consolare tutti gli afflitti, ad allietare gli afflitti di Sion, a dare loro una corona invece della cenere, olio di letizia invece dell'abito da lutto, canto di lode invece di un cuore mesto”.
Colpisce questa forte sottolineatura dell’afflizione che domanda conforto. Una misericordia che consola: questo annuncia il profeta per i tempi del Messia. Colui che Dio manderà sarà attento al grido di chi soffre e alle lacrime di chi piange. È quanto ha fatto il Signore Gesù, nel tempo che ha trascorso in mezzo a noi.
Di questo abbiamo tanto bisogno anche oggi: della misericordia che consola. Nel vostro ministero – cari candidati – anche voi incontrerete tanti cuori spezzati, tanti che vestiranno l’abito di lutto, tanti che avranno il cuore mesto. La vita non risparmia a nessuno le prove e spesso queste generano dolore, sconcerto, smarrimento. Le domande che sorgono nel cuore scuotono la fede. Voi siete chiamati ad essere ministri della misericordia, ambasciatori del Regno di Dio che è giustizia, pace e gioia nello Spirito santo. Siate persone che danno speranza, che si fanno presenti, anche in silenzio, là dove si soffre, che sanno trovare le giuste parole, quando queste appiano necessarie per condividere la pena e dare conforto. Sappiamo condividere i sentimenti di un cuore ferito. Imparate dal Signore l’arte della consolazione.
Ricordate tuttavia che solo chi è stato consolato saprà consolare. Ce lo dice bene l’apostolo quando scrive ai cristiani di Corinto: “Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio (2Co1,3-4). Chi nella sua vita ha gustato quanto è buono il Signore saprà trasmettere ad altri la forza pacificante del suo amore. Diffondete dunque il buon profumo del Vangelo, attraverso quella vicinanza semplice, sincera e attenta che dà forma concreta alla carità e suscita nei cuori stima e gratitudine.
Chiamati a condividere la stessa vocazione di quanti hanno ricevuto il Battesimo, voi diverrete, con la santa unzione che state per ricevere, maestri e pastori del popolo di Dio. Lo sarete – come abbiamo ascoltato dalla lettera agli Efesini – “per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, cioè l’opera di servizio che consentirà loro di edificare il corpo di Cristo”. Vi attende dunque una missione, che è quella di edificare la Chiesa del Signore nella comunione, nella fraternità, nella condivisione delle responsabilità, nella valorizzazione dei diversi doni dello Spirito. Tutti siamo infatti pietre vive di quel santo edificio che è la Chiesa. Se in essa ognuno ha il suo compito, quello dei ministri avrà una forma particolare: essi saranno pastori e maestri secondo la volontà di colui che li ha scelti: mai padroni e sempre servitori, collaboratori della gioia dei propri fratelli nella fede e di ogni uomo che incontreranno sul loro cammino. L’autorità che vi conferisce questo sacramento – cari candidati – non è una onorificenza al merito, non è un privilegio per la vostra gloria personale ma un compito da assolvere in fedele obbedienza. La regola sarà quell’amore gratuito e generoso.
“Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo – abbiamo ascoltato nel brano Vangelo di Giovanni – se invece muore, produce molto frutto”. La comunione che il Vangelo è capace di generare domanda l’adesione della nostra libertà. C’è una tentazione a cui far fronte continuamente ed è quella di ricercare se stessi, di amare la propria vita alla maniera del mondo e così di perderla. Pensare solo a sé e valutare tutto a partire da sé porta alla solitudine e inquina le relazioni. Ci è chiesto, invece, di morire a noi stessi per vivere in Cristo e fare di lui il Signore del nostro cuore. Dovremo essere vigilanti. Il dominio di sé fa parte di quella giustizia che il Signore raccomanda ai suoi ministri. Chi non domina se stesso, infatti, tenderà facilmente a dominare sugli altri. Siamo chiamati ad assecondare l’opera dello Spirito attraverso una condotta retta. “Non siamo perfetti – ha detto recentemente papa Leone – ma dobbiamo essere credibili, siamo chiamati a fasciare le piaghe di una Chiesa ferita in un mondo ferito”. La grazia di Dio è la nostra forza ma la nostra libertà deve lasciarle spazio. Abbiamo l’umiltà di riconoscerci fragili e invochiamo continuamente su di noi la misericordia di Dio.
Di questa misericordia tutti viviamo, a questo amore immeritato e fedele tutti attingiamo la forza per affrontare anche oggi l’avventura della vita. Il mondo in cui siamo e che siamo chiamati ad amare è drammaticamente lacerato da guerre e violenze che sembrano non avere sbocco, è pervaso da un senso diffuso di incertezza che genera ansia e induce ad alzare barriere invece di costruire ponti. Noi ci presentiamo umilmente come coloro che hanno ricevuto una promessa, a cui è saldamente legata la speranza: “Vi lascio la pace – ha detto il Cristo risorto – vi do la mia pace. Non come la dà il mondo io la do a voi. Non sia turbato i vostro cuore e non abbia timore” (Gv 14,27).
Questa pace – cari candidati – vi accompagni sempre, vi dia quella serenità che nulla toglie al dovere della vigilanza, sia la ragione della vostra generosità, il segreto della vostra amabilità, faccia di voi dei pastori secondo il cuore di Cristo e dei missionari del Vangelo, viandanti che percorrono le strade del mondo con il desiderio di far sapere a tutti che Dio è grande nell’amore.
Vi affidiamo alla protezione della Beata Vergine Maria e a lei chiediamo di custodirvi in questa pace, insieme con persone che vi sono care e con le comunità cui sarete inviati. Per intercessione di colei che è Madre della Chiesa, possiate essere veri ministri dell’alleanza nuova ed eterna inaugurata dal Signore Gesù, su cui poggia salda per tutti la speranza che non delude.
