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Roma
di RO,MANO GUATTA CALDINI 08 nov 2018 08:00

Coldiretti Prandini presidente nazionale

L'elezione, all'unanimità, nel corso dell'assemblea tenuta a Roma. Quarantaseienne, laureato in giurisprudenza, con tre figli, Prandini succede a Roberto Moncalvo. Alla guida della Federazione provinciale di Brescia dal 2006, al vertice della Coldiretti Lombardia dal 2012, vice Presidente della Coldiretti nazionale dal 2014

Ettore Prandini, eletto all’unanimità alla presidenza della Coldiretti nazionale. L’assise della più importante fra le associazioni di agricoltori italiane si è tenuta ieri a Roma e per il presidente di Coldiretti Brescia e Lombardia si è trattato di una vera e propria investitura. Quarantaseienne, laureato in giurisprudenza, con tre figli, Prandini succede a Roberto Moncalvo. Alla guida della Federazione provinciale di Brescia dal 2006, al vertice della Coldiretti Lombardia dal 2012, vice Presidente della Coldiretti nazionale dal 2014, strenuo sostenitore dell’agroalimentare italiano, Prandini si è distinto in questi anni per le sue battaglie in difesa del made in italy, con l’indicazione dell’origine in etichetta dei prodotti. Campagne come questa lo hanno visto, nelle piazze e nelle strade italiane, alla testa di migliaia di persone, fra agricoltori e allevatori. La sua elezione, di riflesso, è un chiaro riconoscimento al “modello Brescia”, alla sua leadership nel settore agricolo del Bel Paese.

Prandini, quali saranno le priorità della sua presidenza?

È mia convinzione che fare rappresentanza, oggi, in Italia, significhi stare in mezzo alla gente, vicino agli agricoltori, alle imprese agricole, sia nel favorire le possibilità di sviluppo sia, soprattutto, nei momenti del bisogno. C’è ancora molta strada da fare. Pensiamo alla valorizzazione del prodotto agroalimentare italiano, all’estensione dell’obbligo di indicazione dell’origine. Oggi, dove sussiste, è ridotto ad alcune categorie. Dobbiamo dare il via a un percorso di trasparenza che coinvolga tutte le filiere produttive, informando il consumatore sulla provenienza del prodotto agricolo utilizzato in fase di trasformazione. In tal senso l’Italia ha molto da poter dire, non solo nel breve periodo. Guardando al lungo termine significa riconquistare fette di mercato che abbiamo perso a livello mondiale. Le esportazioni dell’agroalimentare, nel complesso, hanno un valore di 42 miliardi di euro, a fronte dei 100 miliardi registrati dall’italian sounding, da tutti quei prodotti che vengono venduti come se fossero italiani quando in realtà non lo sono.

Cosa porterà di Brescia nella nuova esperienza?

Intanto manterrò la presidenza di Coldiretti Brescia. È la mia terra, il luogo in cui sono cresciuto. Penso sia, da un certo punto di vista, una delle province più avanzate. Mutuare ciò che si sta facendo nel Bresciano, facendolo diventare un esempio per il Paese, ritengo sia utile per l’agricoltura italiana. Non è un’operazione finalizzata alla valorizzazione fine a se stessa della brescianità. La realtà è che siamo bravi tanto a fare impresa quanto a leggere le varie esigenze come le tante istanze. Non è un caso che quella bresciana sia la prima provincia per pil agricolo a livello nazionale.

Negli ultimi anni c’è stato un ritorno dei giovani alla terra...

La zootecnia – ne sono convinto – è la spina dorsale dell’agricoltura italiana. A essa, però, si affiancano tanti altri settori in crescita che possono essere ulteriormente sviluppati, fornendo sbocchi occupazionali per i giovani con nuove attività produttive. Pensiamo ai birrifici. Oggi produciamo il 4% del fabbisogno nazionale. Con poche risorse i nostri ragazzi possono iniziare un’attività di trasformazione e produzione. Questo settore sta dando risposte concrete alla voglia dei giovani di misurarsi sul campo. Un altro settore che negli ultimi anni ha visto i giovani protagonisti è quello dell’enogastronomia, spesso legata al turismo. Rispetto al passato c’è una sensibilità diversa. Tanti di loro non provengono da famiglie di agricoltori… Un’organizzazione come Coldiretti deve creare i presupposti affinché questi giovani ottengano una soddisfazione economica dal lavoro che svolgono, fornendo loro una prospettiva di futuro. I giovani, anche in virtù del loro approccio con le nuove tecnologie, giocheranno un ruolo centrale nell’agricoltura del domani.

La sfida principale?

L’agricoltura italiana ha tante sfide da affrontare ma su temi come ambiente, territorio, sostenibilità e qualità dei prodotti la nostra agricoltura non ha eguali a livello mondiale. Nonostante la frammentazione fra gli enti e le tante realtà, nonostante le inefficienze, noi creiamo comunque un mercato di 42 miliardi di valore in termini di esportazione. Tale somma potrebbe essere duplicata... Nonostante tutte le inefficienze, infatti, siamo il settore che è cresciuto di più rispetto agli altri. Pensiamo a cosa potremmo fare se non ci fossero certe inadeguatezze. È questa la vera sfida.

C’è poi il capitolo dell’embargo contro la Russia.

Sono da sempre contrario all’embargo. È nato a seguito della Crisi ucraina. Da due anni non sentiamo più parlare di guerra ma l’embargo sui prodotti agroalimentari c’è ancora. Le perdite, sul valore delle esportazioni, si stimano in oltre 1 miliardo e 200mila euro. Nel contesto europeo noi avevamo Paesi che storicamente erano legati alla Russia e oggi temono che questa possa tornare in un ruolo attivo di confronto e per tale ragione preferiscono mantenere l’odierna situazione. Noi, però, non ce lo possiamo permettere...in termini economici e politici.

Papa Francesco, con l’Enciclica Laudato si’, ha posto l’accento sulla cura del Creato. Oggi vede una maggiore sensibilità?

La cronaca di questi giorni parla chiaro, è indice di un territorio che è stato violentato. Alcuni politici, a fronte di ciò che è successo, hanno sottolineato la necessità di nuove infrastrutture. Significa non aver capito niente. Se cadono le piante in un bosco non è perché mancano le infrastrutture. La ragione risiede nel fatto che non siamo stati in grado di fare la mappatura delle piante che dovevano essere potate, con nuove piantumazioni. Le precipitazioni di questi giorni hanno creato una sacca di contenimento iniziale che, nel momento in cui è crollata, ha portato con sé tutto il resto. Coldiretti ha sempre chiesto di fare politiche a favore delle aziende agricole montane. La presenza dell’uomo, della sua azione, è fondamentale per prevenire simili situazioni. Ricordo il videomessaggio di papa Francesco per l’inaugurazione di Expo 2015, dove riprese i temi della Laudato si’. Mi è rimasto impresso il suo monito. Disse che la terra coltivabile non è di proprietà dell’odierno imprenditore agricolo o dell’amministrazione comunale. È un patrimonio che ci è stato dato affinché venga conservato nel miglior modo possibile per le future generazioni. Oggi, invece, continuiamo a guardare al suolo agricolo solo in termini speculativi. È inaccettabile. Pensiamo agli indici di urbanizzazione. Il tema posto da papa Francesco nella Laudato si’ è centrale. Si tratta di visione strategica. Si è dimostrato molto più lungimirante papa Francesco rispetto alle istituzioni che ci hanno governato sino a oggi.

RO,MANO GUATTA CALDINI 08 nov 2018 08:00