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Brescia
di MASSIMO VENTURELLI 11 feb 2021 14:27

Farsi prossimo nella prigionia

Il 12 febbraio viene presentato nella chiesa della pace di Brescia, il “Diario di guerra e di prigionia 1940/1945”, l’ultima pubblicazione sulla figura di padre Ottorino Marcolini

Giuseppe Nardoni, presidente dell’associazione “Amici di padre Marcolini”, appassionato conoscitore della figura e della spiritualità di San Filippo Neri e della devozione che padre Ottorino aveva per il fondatore, nella Roma del XVIII secolo, dell’esperienza oratoriana, non ha dubbi: “Come Filippo Neri venne definito dalla gente del suo tempo l’apostolo del romani, per la dedizione cui si dedicava al prossimo, ricco o povero che fosse − afferma il Nardoni −, allo stesso modo padre Ottorino può essere definito l’apostolo del bresciani”. Perché è noto che anche Marcolini, come il Santo romano, ha saputo nella sua vita essere in ogni circostanza al fianco di tutte le persone che si trovavano nel bisogno materiale e spirituale.

Conferma. Una conferma di questa totale adesione all’invito di Cristo di farsi prossimo ai fratelli emerge anche dalla lettura del “Diario di guerra e di prigionia 1940/1945”, l’ultima opera letteraria dedicata alla figura del prete “muratore”.Giancarlo Melzani si è fatto carico della trascrizione dei diari che il sacerdote della Pace tenne durante la sua esperienza militare. Tutto questo importante lavoro è diventato, per iniziativa dell’Istituto di cultura “G. De Luca” per la storia del prete, della Fondazione Civiltà Bresciana, della Congregazione dei padri Filippini della Pace, della già citata associazione presieduta da Giuseppe Nardoni e da tante altre realtà, un libro che va arricchire ulteriormente la bibliografia del sacerdote morto nel 1978. Il materiale documentario del nuovo libro è depositato nell’Archivio Marcolini conservato presso i Padri della Pace e ora accolto nello spazio dedicato del “Cenacolo Marcolini”. Nella pubblicazione sono trascritti integralmente tre quadernetti redatti dal sacerdote. Si tratta dei “Ricordi delle S. Messe da Cappellano” scritti durante la sua brevissima esperienza come cappellano militare sul fronte Occidentale tra il 19 al 23 giugno 1940. Per più numerose e drammatiche sono le pagine del Diario di prigionia, scritte dopo l’arresto per opera dei tedeschi l’8 settembre 1943 e l’internamento nel lager di Hohenstein, nella Prussia Orientale) dove condivise l’esperienza con Mario Rigoni Stern, e poi in quello di Mühlberg/Elbe (nell’ex Germania dell’Est), dove rimase sino alla liberazione nel 1945. Nel libro, tra tanti altri materiali, trovano spazio due comunicazioni, dai toni burocratici ma comunque di grande interesse, sulla sua attività di cappellano, prima in Sicilia e poi sul fronte russo, e una serie di testimonianze rese da persone, più volte citate da padre Marcolini nel suo diario, e che con lui condivisero a vario titolo le vicende belliche, soprattutto quella della lunga detenzione nel lager di Mühlberg.

Contributi. Particolarmente interessanti sono altri due contributi nel libro. Il primo è un ricordo di Mario Rigoni Stern che con don Mazzolari condivise l’esperienza del campo di prigionia. È un scritto del 1979, già edito, in cui l’autore del “Sergente nella neve” ricorda l’impegno e la dedizione del sacerdote perché, anche nel lager, la dignità umana dei prigionieri non fosse calpestata. “La sua attività non aveva sosta − scriveva Rigoni Stern − litigava, ma forse la parola giusta è s’imponeva, con i tedeschi dei lager per i nostri diritti, assisteva gli ammalati e i più bisognosi li faceva ricoverare nel lazzaretto, faceva date pietosa sepoltura ai nostri morti”, il tutto sempre con indosso la tonaca ogni giorno sempre più consumata.

Lettera. C’è un altro documento che racconta dell’“apostolo dei bresciani”: è quella che padre Marcolilni scrive all’amico Cesare Trebeschi dopo il ritorno dalla Germania. Al padre filippino alcuni compagni di prigionia inglesi hanno raccontato l’apporto che nel Bresciano tanti giovani, come il figlio di Andrea, morto a Gusen, hanno dato alla causa della liberazione. A Cesare Trebeschi rivolge, però, l’invito a dimenticare ciò che divide e a ricordare che “l’essenziale oggi è fare in modo che nessuno, sia bimbo o vegliardo, lavoratore dei campi, delle officine o del pensiero, abbia a soffrire la fame, quella fame che nei campi abbiamo imparato a conoscere in tutto il suo tragico aspetto”. “Diario di guerra e di prigionia 1940/1945” sarà presentato il 12 febbraio alla Pace.

MASSIMO VENTURELLI 11 feb 2021 14:27