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Brescia
di UMBERTO ZILIANI 08 gen 2015 00:00

La Juve, lo scudetto e la pizza “Bonetti”

Ivano Bonetti si racconta. Dal campetto dell’oratorio di San Zeno al campionato vinto nel 1991 con la maglia della Sampdoria. I suoi 11? Pagliuca, Mannini, Scirea, D.Bonetti, Cabrini, Bonini, Manfredonia, Platini, Lombardo, Vialli e Mancini

Ivano nasce in un condominio che si affaccia sul campo da calcio dell’oratorio di San Zeno, quel terreno da dove tutto è iniziato. Oggi vive a Misano, in Romagna, è sposato e padre di tre figli. Ha giocato in molte squadre: Leonessa, Brescia, Genoa, Juventus, Atalanta, Bologna, Sampdoria, Torino, Grimsby Town, Tranmere, Crystal Palace, Sestrese e Dundee. Con la Sampdoria ha vinto uno scudetto nel 1991.

Ivano come inizia la tua carriera?

I primi calci li ho dati all’oratorio. La prima squadra che mi ha tesserato è stata la Leonessa. Dopo quattro anni sono passato al Brescia calcio. Ho esordito in serie B a 17 anni, facendo praticamente tutto quel campionato in prima squadra.

Il 17 maggio del 1987 al Brescia bastava un pareggio per salvarsi. La partita è sul 2-2, al 62’ per la Juventus entra Bonetti e segna. La partita finisce 3 a 2 per la Juve, il risultato sancisce la retrocessione del Brescia. Cosa ti ricordi di quella domenica?

Fu un’azione “sfortunata”. Nel Brescia ero cresciuto ed era la squadra della mia città. In velocità con un pallonetto saltai il difensore del Brescia e mi trovai a tu per tu con Aliboni.

Qual è l’allenatore con cui ti sei trovato meglio?

Faccio prima a dire con chi mi sono trovato male: Eriksson. Non spiegava molto, non sapeva motivare la squadra ed era un pessimo comunicatore. Non so come abbia fatto ad allenare squadre di un certo livello. Trapattoni, invece, era un grande mister così come Maifredi: peccato che Gigi non abbia raccolto quanto meritasse.

Tu e tuo fratello Dario siete stati calciatori famosi, la leggenda narra che Mario, vostro fratello maggiore, fosse il più bravo dei tre, sfatiamo questo mito?
Mario era fortissimo, molto veloce, usava entrambi i piedi e aveva un tiro potente. Con la De Martino (primavera dell’Atalanta) aveva vinto il torneo di Viareggio con Bodini e Scirea. A causa di un forte trauma al ginocchio dovette smettere. Mario è stato un punto di riferimento: era il collante tra me e Dario.

C’è un giocatore del paese che non ha rispettato le attese?

Mauro Saleri, classe 1958. Se sono quello che sono diventato, lo devo un po’ anche a lui. Passavo molto tempo all’oratorio ad osservarlo. Aveva dei numeri pazzeschi, una tecnica eccelsa che gli permetteva di fare cose incredibili in spazi ristretti.

Hai incominciato all’oratorio, ti ricordi qualche aneddoto?

Giocavamo liberi, non c’era un vero allenatore. Ci si trovava e si facevano le squadre. In estate organizzavamo tornei e le giornate erano infinite.

A fine carriera vai a giocare in Inghilterra, la gente del villaggio di pescatori si autotassa per pagarti l’ingaggio. Le pizzerie inventano la pizza “Bonetti”…

Sono stati meravigliosi: ho vissuto un’esperienza bellissima. Giocavo senza il contratto; i tifosi pensando che me ne andassi, aprirono in tutta la contea un fondo “Bonetti”, dove ognuno poteva versava il proprio contributo….

Di cosa si occupa ora Ivano Bonetti?

Commercio un prodotto tecnologico, che applicato ai telefonini riduce del 90% il rischio biologico di radiazioni. È un dispositivo medico venduto anche in farmacia. Lo stiamo distribuendo a parecchie società di calcio come la Juventus, il Bayern e il Manchester.

Qual è la formazione degli undici compagni migliori?

Prendo il gruppo Juve e quello della Samp, giocando a zona direi: Pagliuca, Mannini, Scirea, D. Bonetti, Cabrini, Bonini, Manfredonia, Platini, Lombardo, Vialli e Mancini.
UMBERTO ZILIANI 08 gen 2015 00:00