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di CLAUDIO PAGANINI 24 lug 2025 15:28

Maifredi: l'uomo che inventò il calcio champagne

Gigi (Luigi per l’anagrafe) Maifredi, nato a Lograto nel 1947, è uno dei “nomi” più famosi dell’universo calcistico bresciano. La sua fama è dovuta al gioco “spumeggiante” che hanno saputo esprimere tutte le squadre che gli sono state affidate come allenatore, a partire dal Real Brescia per passare poi a Lumezzane, Omas Pontevico, Orceana, Ospitaletto (dove nasce il legame con Gino Corioni), Bologna (dove la sua stella inizia a brillare nel calcio che conta) e Juventus, lo Zenit della sua carriera da allenatore...

A Brescia da un po’ non si parla di te. Giocatore, poi grandissimo allenatore, poi commentatore televisivo con Simona Ventura... E adesso?

Non sono dimenticato. Sono io che non voglio attenzioni, non mi interessano. Sto lontano, per quanto possibile, dalla ribalta. Ovunque vada, però, tutti si ricordano di me. D’altra parte, essere stato scelto come allenatore della Juventus è stato come essere eletto Papa.

Sfogliamo l’album dei ricordi: nel 1986 sei passato dall’Ospitaletto in C1 al Bologna, conquistando promozione e qualificazione in Coppa Uefa...

Non ho mai avuto spinte da nessuno e ne vado fiero: sono arrivato in alto grazie ai risultati e a un calcio diverso. Devo riconoscere la fiducia di Gino Corioni. All’inizio c’era molta diffidenza verso il mio calcio, ma Corioni mi sostenne, anche facendomi avere una delega per allenare in Serie B, pur non avendo il patentino.

Era il segno della grande stima che Corioni aveva nei tuoi confronti...

Sì, perché Gino era un po’ “americano”, sapeva premiare il merito. Lui non regalava niente. E questo era bello, ti inorgogliva, perché sapevi che il suo era un giudizio formulato sulla base dei risultati raggiunti.Arrivò addirittura a invitare un commissario federale a Ospitaletto per convincerlo che meritavo di più. È stato un uomo dalle grande intuizioni: portò al Brescia Hagi, Baggio, Guardiola, Toni, Pirlo…

Sempre Corioni ti ha richiamato a Brescia nel 2009...

Anche il mio arrivo al Brescia fu una sua intuizione: mi volle vicino alla squadra per creare relazioni positive, essere un ponte tra società e spogliatoio. Un ruolo che ci aiutò a risalire in Serie A.

Hai inventato il calcio champagne che hai portato in tutte le piazze in cui hai allenato...

Per l’esattezza il calcio champagne è nato a Ospitaletto. Quella squadra era didattica, facevamo scuola: venivano tutti a vedere come giocavamo.

Fu quel calcio ad aprirti le porte dello spogliatoio della Juventus?

Sì, anche se la società non era ancora pronta per un salto così innovativo. C’erano troppi dirigenti ad inizio carriera, come Montezemolo e Benzoni, che non mi sostennero nelle scelte… Per il mio modo di intendere il calcio non c’era distinzione tra Ospitaletto e Juventus. Cercavo semplicemente di trasmettere ai giocatori e alla società la mia grande passione. Allenare è stato sempre per me come vendere: devi convincere il compratore della bontà del tuo prodotto e della capacità che lo stesso dia frutti imporanti. Alla Juventus ho continuato con il mio calcio, ma la società non era pronta per il cambiamento.

Veniamo all’oggi. Cosa pensi della situazione attuale del Brescia con Cellino? Si può ripartire con l’Union Brescia?

Cellino era partito in pompa magna, ma nel tempo si è rivelato un presidente interessato solo al guadagno. Ora finalmente gli imprenditori bresciani si sono uniti. Mi chiedo, però, se saranno disposti a fare un passo indietro e lasciare il comando a uno solo, facendo i gregari. Pasini è stimato, ma saranno i risultati sul campo a dire se l’operazione Union è giusta, non c’è altro metro di giudizio.

Un ambiente sereno porta alla vittoria.

Certo. Ma allenare a Brescia è difficile, credetemi! Al Rigamonti sono passati tanti bravi allenatori, forse non eccellenti. Alle fine, però, sono stati i risultati a parlare chiaro e la nave è affondata.

Qual è l’episodio più bello della tua carriera?

Mio padre era autista, mia madre casalinga, venivamo da una famiglia umile. Ritrovarsi a pranzo con Agnelli e il suo staff è stata un’emozione che è ancora viva

Hai ancora un sogno?

Avrei voluto creare un settore giovanile a Brescia, con una figura come Corioni. Ora il mio sogno è essere un nonno esemplare per i miei due nipotini.

CLAUDIO PAGANINI 24 lug 2025 15:28

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