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Roma
di ALBERTO CAMPOLEONI 06 mar 2015 00:00

Alla scuola ci pensa il Parlamento

Scelta dal governo la strada del disegno di legge, con tutti i passaggi parlamentari del caso - commissioni, aula, Montecitorio e Palazzo Madama - con il coinvolgimento di maggioranza e opposizioni, fino allo stesso presidente della Repubblica. Oltre al tema dei precari, forse assunti con un apposito decreto, entra nel dibattito anche la possibilità delle detrazioni fiscali per le rette delle paritarie

Tocca al Parlamento. La tanto annunciata riforma della scuola cambia strada proprio all’ultima curva e quando tutti - ministro Giannini in testa, probabilmente - si aspettavano anzitutto il famoso decreto per il maxi piano di assunzioni, ecco che il premier Renzi scompagina le aspettative. La riforma della scuola si farà, ma tramite un disegno di legge, con tutti i passaggi parlamentari del caso - commissioni, aula, Montecitorio e Palazzo Madama - con il coinvolgimento di maggioranza e opposizioni, fino allo stesso presidente della Repubblica. Dall’ultima riunione del Consiglio dei ministri l’opzione esce più che mai rafforzata, anche se per limare gli ultimi contenuti spunta l’ennesimo rinvio (al prossimo Cdm).

I rischi principali della strada parlamentare? Tempi lunghi e la possibilità che la montagna partorisca un topolino, cioè che le infinite discussioni abituali sulla scuola finiscano per non avere sbocchi. L’aspetto positivo è invece quello del dibattito alle Camere e del coinvolgimento di tutti: così è meglio fare le riforme, tanto più se attese come decisive, piuttosto che procedere con la decretazione.

Bisognerà aspettare il testo definitivo del disegno di legge, per capire bene dove vuole andare la Buona Scuola di Renzi, Tuttavia la strada sembra abbastanza segnata.

La prima questione resta quella delle assunzioni. Il decreto legge ipotizzato inizialmente avrebbe permesso una certa rapidità d’azione e i 120mila precari in dirittura d’arrivo avrebbero potuto essere a disposizione dal primo settembre. Ora la questione si complica e il timore concreto è di non farcela per l’avvio del nuovo anno scolastico. Renzi è convinto che i tempi ci siano e sull’ipotesi decreto – che resta aperta, nonostante tutto – quasi provoca: “Me lo chiedano le Camere”... Vedremo.

Per quanto riguarda gli altri capitoli, il disegno di legge dovrà organizzare una materia complessa e con qualche snodo particolarmente delicato. Tra questi c’è certamente quello che riguarda la carriera e il merito degli insegnanti, cosa che comporta la determinazione di un sistema di valutazione del lavoro dei docenti (e non solo).

Tra gli altri temi da affrontare, lo sviluppo della “scuola digitale”, che sembra prendere la direzione di una considerazione adeguata non solo della strumentazione, ma anzitutto delle competenze di studenti e docenti, per i quali la formazione sarà la prima sfida. Ci sono poi i progetti di rafforzamento di materie come inglese, musica e arte, entrando così “nel vivo” dei curricola, nei quali, ancora, si prevede uno spazio allargato all’alternanza scuola-lavoro, anche sulla scorta delle esperienze positive già avviate negli istituti italiani.

Pensando a un disegno di legge e al dibattito parlamentare, si potrebbe ipotizzare di risvegliare qualche suggestione legata alla riorganizzazione dei cicli, con l’annosa questione della durata complessiva dell’esperienza scolastica - un anno in meno? - anche se questo fa pensare immediatamente a discussioni infinite. Che certo confliggono con i “tempi certi” chiesti e auspicati da Renzi anche per il dibattito parlamentare. Peraltro, nelle previsioni c’è anche quella di una ridefinizione complessiva del “ciclo” dell’infanzia, con un unico percorso educativo da 0 a 6 anni.

Il quadro complessivo – ha spiegato il ministro Giannini – ha a che fare con l’attuazione dell’autonomia scolastica. Da qui si parte: “Per cambiare la scuola bisogna partire da un progetto educativo, potenziando l’autonomia”.

Infine, ma non ultima per importanza, anzi, la questione della libertà di educazione, con il problema di dare effettiva consistenza alla legge di parità e al sistema scolastico pubblico integrato. Defiscalizzare le rette delle paritarie? È una proposta tornata in auge in questi giorni, mentre il piano originario della Buona Scuola taceva sull’argomento. Il nodo, oltre che finanziario, è politico. Un nutrito drappello di parlamentari ha presentato nei giorni scorsi una lettera al premier sull’argomento, pensando al decreto in arrivo e alla discussione in Consiglio dei ministri. Ora i giochi si allargano. C’è da augurarsi che si raggiungano risultati concreti.
ALBERTO CAMPOLEONI 06 mar 2015 00:00