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Nave
di L. ZANARDINI 29 gen 2015 00:00

Mandati tra la gente per servire e per imparare sul campo

La significativa esperienza "sul campo" dei seminaristi salesiani

Nei giorni scorsi i seminaristi salesiani, in vista della festa di San Giovanni Bosco, come da tradizione, hanno messo in scena presso la Sala della comunità di Nave uno spettacolo (quest’anno sul dono del tempo) davanti a tanti ragazzi e adolescenti. Ragazzi e adolescenti che hanno modo di incontrare il sabato pomeriggio e la domenica nelle parrocchie.

“L’attività apostolica in parrocchia – racconta don Erino Leoni, direttore del Centro salesiano di studio Paolo VI di Nave – fa bene ai ragazzi. È una presenza semplice che rientra in un ritmo intenso di studio e attività formativa”. I seminaristi salesiani il fine settimana entrano in contatto con una decina di realtà parrocchiali e si inseriscono nelle varie attività pastorali. Lo fanno essenzialmente con due mandati.

“Per prima cosa – continua don Leoni – devono manifestare attenzione ai più poveri, ai ragazzi che non giocano la partita e che sono ai margini del campetto. C’è poi l’attenzione vocazionale a quei ragazzi che hanno dentro un dono ulteriore da parte di Dio per gli altri”. Per questo hanno rappresentato la favola musicale davanti a 2000 ragazzi. “Dopo aver visto lo spettacolo che vede gli studenti impegnati nelle prove fin da settembre – sono ancora parole del direttore –, molti oratori ci hanno chiesto di tornare sulla tematica dell’uso del tempo con i genitori e gli adolescenti”. La scelta di mettersi a servizio della diocesi è un modo anche per prepararsi al sacerdozio effettivo.

“Così – afferma ancora don Leoni – vedono la fatica delle nostre realtà di incontrare i ragazzi nella ferialità, nel dialogo personale. L’incontro con il piccolo gruppo… Notano anche la preoccupazione di ragazzi che dopo la cresima spariscono, la preoccupazione di una formalità che rischia di non toccare il cuore. La nostra povera presenza non dà risposte significative a queste urgenze, perché è determinante inserire questo dentro tutto l’arco del percorso formativo. Però per loro è un grande dono ricevere queste provocazioni dalle realtà parrocchiali”. Gli studenti stabili del Centro salesiano di studio Paolo VI di Nave sono 26, 35 se si includono i ragazzi del terzo anno che fanno un’esperienza diversa: metà settimana vivono in casa e metà in realtà di apostolato. La maggioranza proviene dal Nord Italia, uno dal Belgio. “Quest’anno – sottolinea di direttore del centro di Nave – non abbiamo i mediorientali a causa della situazione internazionale. Il gruppo più numeroso di non italiani è composto dagli ucraini: portano la sofferenza di questo popolo e la ricchezza di tutta la cultura orientale; hanno certamente un altro contesto e un altro approccio, ma sono sicuramente un grande stimolo per l’inculturazione, che noi diamo troppo spesso per scontata. Dobbiamo chiederci sì come raggiungere i ragazzi, ma anche come parlare il loro linguaggio”.

Il bicentenario della nascita don Bosco aiuta i salesiani a interrogarsi su alcune attenzioni, a partire dallo sguardo particolare per i giovani. “Noi parliamo dei giovani – conclude don Leoni – ma non li guardiamo. La prima attenzione è guardare a questi ragazzi che ci interpellano nelle loro ‘vicinanze’ e nelle loro ‘distanze’. Don Bosco ha guardato questi ragazzi e per loro ha perso il suo tempo. Perdere significa consumare per loro il tempo senza la pretesa di un immediato risultato; i risultati con i giovani sono a lungo termine. Don Bosco ci interpella anche su chi siamo noi come sacerdoti e come educatori. Ho l’impressione che, come realtà ecclesiale e come educatori, stiamo perdendo i ragazzi. Ci dedichiamo alle fasce iniziali, ma poi con il crescere dell’età li stiamo perdendo”.
L. ZANARDINI 29 gen 2015 00:00