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Brescia
di +LUCIANO MONARI 19 feb 2015 00:00

Monari: "La Quaresima è una strada di gioia"

"Abbiamo iniziato oggi la Quaresima - ha detto Monari prima del rito delle ceneri - con il digiuno dal cibo; ci siamo lavati la faccia e abbiamo profumato il capo per mostrare che non siamo in lutto, ma che, al contrario, abbiamo imboccato una strada di gioia. Amiamo la vita e desideriamo che sia bella, buona, desiderabile. Facciamo la Quaresima perché la vita diventi un po’ di più bella, più buona, più desiderabile". Leggi il testo integrale del l'omelia del Vescovo

Il profeta pensa a una vera e propria mobilitazione penitenziale del popolo. Le cose vanno male per Israele e al di là delle motivazioni politiche ed economiche, l’occhio di Gioele individua la causa profonda del malessere nel peccato che si è diffuso nei diversi ambiti della vita sociale e ha raggiunto ormai un’ampiezza troppo grande. Per questo invita alla penitenza: al centro, la liturgia del tempio dove i sacerdoti offrono a Dio il sacrificio della preghiera, perché il Signore non disprezza “un cuore affranto e umiliato.” A questa supplica debbono associarsi tutti: i vecchi e i bambini e i lattanti, lo sposo e la sposa. Universale è stato il peccato, corale deve essere la penitenza.

Ma c’è di più: Israele è il popolo di Dio e Dio è il Dio di Israele; se Israele è prostrato a causa dei suoi peccati, anche la gloria di Dio è offuscata: come se Dio non fosse più capace di salvare e proteggere o si fosse dimenticato delle sue promesse. Da qui il contenuto della supplica: che Dio sia geloso della sua terra, non permetta che il suo popolo sia esposto alla derisione dei pagani; sveli la potenza del suo braccio e salvi, manifesti la sua misericordia e perdoni. La scena immaginata è impressionante e la liturgia delle Ceneri ce la presenta come modello della Quaresima, di modo che il cammino penitenziale di tutti noi si saldi in un’esperienza unanime di popolo. Quando questo avviene, la necessaria conversione dei singoli è sostenuta, motivata, aiutata, orientata meglio.

Al profeta fa eco l’apostolo: la mobilitazione del popolo, dice, è la risposta al dono che Dio offre agli uomini nella riconciliazione. La vita di Cristo e la sua morte per noi sono il segno che Dio non nutre ostilità nei nostri confronti. Il nostro peccato non ha cancellato la sua fedeltà e la sua tenerezza; anzi, è stato una provocazione alla quale Dio ha risposto con l’incarnazione del suo Figlio. Gesù, dice Paolo, ha condiviso la nostra condizione di debolezza, si è sottoposto agli effetti tragici del nostro peccato, si è abbassato fino all’estremo dell’umiliazione perché anche al livello più basso potesse risplendere la speranza della vita e l’uomo potesse rinascere come autentico figlio di Dio. Dono gratuito, quindi; dono sicuro, proprio perché non dipende dalla nostra fedeltà, ma da quella di Dio. E però dono che suscita e richiede la nostra risposta libera. Si tratta, infatti, di liberare la libertà dell’uomo, di orientare questa libertà verso il bene, di far salire dal cuore desideri sinceri di comunione con Dio, decisioni efficaci di amore verso gli altri, di essere responsabili davanti a Dio e agli uomini.

Il messaggio del profeta e dell’apostolo culmina nelle parole di Gesù che tracciano la via concreta della nostra Quaresima: l’elemosina, la preghiera, il digiuno. L’elemosina, e cioè il gesto concreto che nasce dalla compassione, dall’empatia, dal lasciarci coinvolgere nell’esperienza, nel bisogno degli altri. Nel suo messaggio per la Quaresima papa Francesco parla di una “globalizzazione dell’indifferenza” come prodotto di un egoismo che diventa stile di vita condiviso e diffuso. Per reagire a questo pericolo bisogna che ci lasciamo scuotere dalla rivelazione dell’amore di Dio. Dio non è indifferente alle sofferenze degli uomini; al contrario ha per ciascuno di noi attenzione e premura. Destinatari del suo amore, dobbiamo imparare la lui ad amare, dobbiamo fare in modo che l’amore che viene da Dio raggiunga tutti gli uomini e sani le tante forme di malattia. Ma come? Naturalmente, dobbiamo allargare l’attenzione a tutte quelle forme di comportamento attraverso le quali contribuiamo al bene comune: il lavoro competente e onesto, anzitutto; poi il pagamento delle tasse che permettono l’attivazione dei servizi sociali; poi l’uso corretto della parola, la solidarietà fattiva, il rispetto dei diritti di ciascuno. Quando l’economia, la politica, la comunicazione sociale, l’amministrazione della cosa pubblica funzionano a dovere, il risultato è una migliore possibilità di vita per tutti: la carità esige questo nostro impegno.

Ma non basta; fin qui rimaniamo, infatti, nel campo dei rapporti mediati, necessari ma non sufficienti. L’uomo non riesce ad accontentarsi di questo; ha bisogno di vedere un volto che gli si rivolga con amicizia, con rispetto; ha bisogno di essere chiamato per nome, di potere esprimere liberamente desideri e attese e paure. Oltre all’efficienza delle strutture è necessario anche un rapporto interpersonale affabile, perché solo questo riesce a fare superare il senso di solitudine e di isolamento. L’uomo non è fatto per vivere isolato; la separazione dagli altri lo intristisce, lo avvilisce, gli fa sentire un doloroso senso di colpa. Perciò l’amore cerca anche e soprattutto il rapporto immediato, diretto: il guardarsi in faccia, l’ascoltarsi reciprocamente con rispetto, il sentire la vicinanza dell’altro nell’amicizia e nella fiducia. La Quaresima deve convertirci in entrambe le dimensioni: quella di una partecipazione più onesta e fattiva alla vita sociale, quella di una costruzione più calda di rapporti interpersonali. Se vogliamo che tutto questo non rimanga solo una di quelle buone intenzioni di cui, secondo il proverbio, è lastricata la via dell’inferno, dobbiamo riflettere seriamente agli ambiti di vita che esigono da noi un impegno maggiore di vicinanza agli altri.

Accanto all’elemosina, la preghiera. L’amore di Dio non può essere separato dal dialogo frequente con Lui, dall’ascolto della sua parola, dalla ricerca appassionata del suo volto. Il rapporto sincero con Dio ci libera dalla presunzione e dall’orgoglio, ci rende consapevoli dei nostri peccati ma nello stesso tempo ci protegge dall’avvilimento e dalla disperazione, ci dà motivazioni incrollabili per giustificare l’onestà e la bontà anche quando non vengono riconosciute o apprezzate socialmente. Se è vero che l’autenticità umana purifica l’esperienza religiosa liberandola dagli aspetti deteriori della magia, della superstizione e del fanatismo, è vero anche che un rapporto autentico con Dio rende più ricca la nostra esperienza umana, la purifica e la apre a un processo di sensibilità crescente.

Non è possibile fare una buona Quaresima se non c’è un impegno maggiore di preghiera, di ascolto della parola di Dio, di meditazione e di contemplazione della bellezza di Dio. Credo che questo impegno possa trovare il suo giusto ritmo in una meditazione regolare dei testi offerti dalla liturgia della parola. Le letture previste per la Messa quotidiana in Quaresima sono scelte secondo un doppio registro. In una prima fase si tratta di rendersi sempre meglio consapevoli del nostro peccato e di impostare seriamente un cammino di conversione e cioè di cambiamento nel modo di pensare e di agire. Nella seconda parte si tratta invece di comprendere sempre più profondamente nella fede l’identità di Gesù come Figlio di Dio e rivelatore del Padre. Sono le tappe tradizionali della vita spirituale: quella purgativa che individua il peccato e lo combatte; quella illuminativa che fa amare la virtù e fa progredire nella sua ricerca; quella unitiva che porta a compimento la comunione con Dio. Non si tratta di un cammino riservato a pochi eletti, ma aperto a tutti, capace di condurre tutti alla pienezza della propria vocazione.

Infine il digiuno. Nella tradizione cristiana l’obiettivo del digiuno è ritagliare tempo, energie psichiche e denaro da impiegare per l’elemosina e per la preghiera. Non è quindi ricerca di sofferenze per il gusto di soffrire; non è un modo per esprimere disprezzo nei confronti dei piaceri mondani; nemmeno è un modo per affermare la propria forza di carattere. Si tratta, invece, di avere spazio reale per praticare sempre meglio l’amore verso Dio e l’amore verso gli altri. Se questo è il senso del digiuno, credo che alla forma tradizionale (una qualche rinuncia al cibo) se ne debba necessariamente aggiungere una più moderna e cioè l’opposizione decisa alle diverse forme di ‘dipendenza’ che il vivere contemporaneo favorisce: alcool, fumo, giochi, videogiochi, pornografia, internet... Sono forme di abitudine che portano via tempo, soldi, salute e che distraggono dalle persone e dalle cose più importanti. Se vogliamo fare una Quaresima utile, dobbiamo individuare con sincerità le nostre dipendenze e ‘agere contra’, come si diceva una volta, cioè lottare contro di esse per raggiungere un migliore livello di libertà interiore.

Abbiamo iniziato oggi la Quaresima con il digiuno dal cibo; ci siamo lavati la faccia e abbiamo profumato il capo per mostrare che non siamo in lutto, ma che, al contrario, abbiamo imboccato una strada di gioia. Amiamo la vita e desideriamo che sia bella, buona, desiderabile. Facciamo la Quaresima perché la vita diventi un po’ di più bella, più buona, più desiderabile. Il Signore ci doni la perseveranza perché i quaranta giorni che abbiamo di fronte non ci sfianchino, ma piuttosto le nostre forze si rinnovino e crescano man mano che ci avvicineremo alla meta della Pasqua. Buona Quaresima a tutti!
+LUCIANO MONARI 19 feb 2015 00:00