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L'Aquila
di CLAUDIO TRACANNA 07 apr 2015 00:00

Nella città sul monte la "cappella della memoria"

A sei anni dal sisma, non essendoci ancora un memoriale delle vittime, la comunità cristiana ha realizzato un luogo dove ricordare e pregare. L'arcivescovo, monsignor Giuseppe Petrocchi, ha parlato del diritto a soffrire e della necessità di non delegare la ricostruzione alle sole Istituzioni. Infine la responsabilità nei confronti dei bambini di oggi che saranno i protagonisti della città di domani

Una città che sta rinascendo dalle sue macerie. Questa è L’Aquila a sei anni dal sisma che l’ha sconvolta insieme ai Comuni del cosiddetto cratere sismico. E nella notte di Pasqua, dopo il suono festoso delle campane annunciatrici della vittoria definitiva della vita nel “prodigioso duello” con la morte, la lettura dei 309 nomi delle vittime e altrettanti rintocchi delle campane della chiesa delle Anime Sante. Questa chiesa fu edificata per ricordare le vittime di un altro rovinoso terremoto quello del 1703. E ora proprio accanto a questo splendido esempio di barocco aquilano è stata sistemata la “cappella della memoria” che sarà consacrata il prossimo 10 aprile, anniversario dei funerali di Stato delle vittime. Non essendoci ancora un memoriale delle vittime, la diocesi del capoluogo abruzzese ha così provveduto a consegnare alla popolazione un luogo dove ricordare e pregare.

Si è scelto di realizzare la “cappella della memoria” in due spazi: uno all’interno della struttura della chiesa S. Maria del suffragio, che rappresenta il congiungimento con la struttura storica adibita all’azione liturgica e l’altro all’interno del complesso monumentale delle anime sante. Nel primo si è deciso di collocare nelle pareti laterali due lapidi marmoree, riportanti inciso il nome delle 309 vittime del sisma del 6 aprile 2009. Si è rappresentato così uno spazio liturgico celebrativo del “già e non ancora” tra la chiesa che era stata eretta a suffragio delle vittime del terremoto del 1703, poi divenuta simbolo del terremoto del 2009, e la parte di nuova realizzazione. Qui si è deciso di collocare nell’asse centrale, l’ambone, l’altare cubico e la sede. Questi elementi realizzati dallo scultore a artista aquilano Valter Di Carlo, sono tutti di pietra bianca, per richiamare il colore della purezza delle vesti candide del Cristo Risorto e la forza della pietra angolare che è Cristo Signore e per richiamare anche alla materia con cui sono costituite le nostre montagne che nel progetto creazionale di Dio hanno superato ogni catastrofe e terremoto, durando nel tempo e nella storia. Inoltre i materiali utilizzati prendono spunto anche da quelli già presenti nella facciata della chiesa, per porsi in continuità con questa e con la sua storia: la pietra bianca locale e il legno di faggio sono la materia della muratura e degli arredi.

Sempre nella centralità della “cappella della memoria”, attorniata da una cornice marmorea, è posta l’immagine della “Salus Populi Aquilani” protettrice del capoluogo abruzzese, a cui sono state riconsacrate la città e la diocesi dopo il sisma del 6 aprile del 2009. Una città che ha partecipato numerosa, nonostante la bassa temperatura, alla fiaccolata e alla Messa che hanno preceduto i rintocchi delle campane in ricordo delle vittime. L’arcivescovo, monsignor Giuseppe Petrocchi, nella celebrazione eucaristica ha parlato del dovere di ricordare, del diritto a soffrire soprattutto per chi, come tanti genitori, quella tragica notte di sei anni fa, ha perso i propri figli. Ma ha anche invitato gli aquilani a far battere il cuore più forte, a non delegare la ricostruzione alle sole Istituzioni. Ha parlato ancora, il presule aquilano, della grande responsabilità degli aquilani che vivono il tempo presente nei confronti di quei bambini di oggi che saranno i protagonisti della città di domani che dovrà aver recuperato non solo la sua stupenda architettura ma anche i suoi valori, la sua tradizione e la sua cultura.

L’Aquila, nonostante le lacrime che ancora bagnano il volto di tanti, dovrà essere - questo l’auspicio di Petrocchi - quella “città sul monte” a cui tutti possono guardare come esempio di ricostruzione partecipata e realizzata da una comunità vera, dove si sperimenta una profonda comunione gli uni con gli altri.

CLAUDIO TRACANNA 07 apr 2015 00:00