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Brescia
di LUCIANO FEBBRARI 19 lug 2016 00:00

Don Luca Biondi. Sulle orme di don Bosco

Don Luca Biondi, classe 1990, è originario della parrocchia di Rezzato San Carlo. Entrato in Seminario in quarta superiore, ha svolto il servizio pastorale nelle parrocchie di Lumezzane S. Apollonio, Gavardo e Quinzano; è stato prefetto al Seminario Minore. L’anno del diaconato l’ha vissuto nella comunità di Pralboino

Non vi chiamo più servi (...), ma vi ho chiamato amici”. Nell’immaginetta per l’ordinazione, don Luca Biondi ha scelto il Vangelo di Giovanni e, in particolare, il tema dell’amicizia. “È all’origine – spiega – della mia scelta e mi accompagna tutti i giorni. Un Signore che non è lontano su una nuvola ma è vicino. Nell’ordinarietà posso gustare l’amicizia del Signore negli incontri di ogni giorno con gli educatori e con i fratelli…”. Un’amicizia importante, quella con Dio, che si è consolidata nel tempo. Determinante proprio la figura di un amico, Michele Bodei (oggi curato a Montichiari), vicino di casa che salutò tutti per entrare nel 1999 in Seminario: “Mi colpì per la gioia e la serenità. Quando è entrato in Seminario, mi è caduto il mondo addosso. Cosa andrà a cercare che ancora non ha? Aveva tutto, aveva tanti amici… Ero convinto che dopo poco sarebbe tornato a casa, invece... Quando lo incontravo in oratorio, lo vedevo contento e felice. Forse attraverso di lui, il Signore ha voluto parlarmi: ‘Guarda Luca che fidarti di me, affidarti a me, donare la tua vita per me e per le persone, non è un modo per buttare via la vita, ma forse è una risposta a quel desiderio e a quel sogno di felicità e di vita bella che mi portavo e continuo a portarmi dentro”.

Molto goloso, soprattutto di gelati, ha fatto nuoto per tanti anni perché con il calcio, dicono, fosse proprio negato. Ama la montagna e andare in bicicletta. In Oratorio ha trascorso gran parte del suo tempo, per il catechismo, il sabato pomeriggio, per la Messa della domenica e poi, spesso, per giocare con gli amici il pomeriggio della domenica e degli altri giorni della settimana una volta finiti i compiti. La decisione di don Luca, cresciuto a pane, oratorio e scout, di rispondere alla chiamata al sacerdozio lasciò, inizialmente, un po’ spiazzati i genitori (Sandro e Patrizia). Forse avevano “in mente altro” per il loro primogenito (gli altri figli sono Andrea e Marta). “Sono convinto che quello che il Signore vuole, lo compie. Oggi mi riempie il cuore vedere i miei genitori felici che pregano per me”. E così a 17 anni, in quarta superiore, don Luca entra in Seminario. “I miei compagni del Copernico mi hanno stupito. Non tutti condividevano e condividono il mio cammino di fede, ma hanno appoggiato, sostenuto e incoraggiato questa scelta. Continuavo ad andare a scuola con loro, ma poi nel pomeriggio mi recavo al Seminario minore. Mi fa molto piacere rivederli ogni tanto”. Dopo la maturità, conclusa l’8 luglio del 2009, dovendo integrare il greco prima di accedere ai corsi teologici, ha fatto un anno un po’ particolare, restando in Seminario, ma andando a lavorare il mattino. “Una bella avventura anche questa in una rubinetteria di Bovezzo, grazie alla quale ho maturato più liberamente la scelta di iniziare la teologia nel settembre 2010. Degli anni del Seminario conservo un ricordo veramente bello: forse gli anni più belli della vita!”. Quest’anno ha servito, come diacono, la comunità di Pralboino, nella Bassa: “Una comunità piccola ma vivace, direi familiare; un bel campo nel quale il Signore mi chiede di lavorare con passione! Sto imparando a collaborare sempre meglio con i diversi volontari dell’Oratorio (per il catechismo, l’animazione delle celebrazioni, il gruppo adolescenti, le attività dell’estate, …) e a incontrare un po’ gli ammalati e gli anziani, soprattutto alla Casa di riposo”.Facciamo un passo indietro, perché il don Luca di oggi ha mosso i primi passi nella parrocchia di Rezzato San Carlo come chierichetto piuttosto vivace. All’età di otto anni ha conosciuto l’esperienza degli Scout (Rezzato I), “un mondo. Lì ho trovato amici e adulti che mi hanno seguito e mi hanno permesso di fare esperienze veramente uniche.

Il montaggio di una tenda e la camminata con la bussola sono diventate facili anche per me che sono un po’ imbranato. Ho imparato, in poche parole, ad assumermi le responsabilità e a mettermi in gioco”. È un devoto di San Giovanni Bosco. “Nel 1999, con gli scout, durante un campo di Pasqua abbiamo visitato l’oratorio di Valdocco a Torino. Mi aveva colpito visitare le stanze di don Bosco che era molto gracile ma sulle spalle di Dio ha realizzato molte cose. Ho tante paure, tanti limiti e tanti difetti…”. Spesso è quasi inevitabile chiedersi se si è all’altezza per la missione o per il compito assegnati. “L’insegnamento di don Bosco è di non contare tanto solo sulla nostra forza, ma sulle spalle di Dio che mi tiene per mano e mi rialza. Prego perché possa diventare anche mia la sua passione educativa, cioè raggiungere tutti senza guardare ai pregiudizi”. Senza fiducia non c’è educazione. Questo è il principio alla base del sistema educativo di Don Bosco. Solo attraverso una relazione di fiducia tra il giovane e l’educatore si può fondare il concetto di autorevolezza. Tutti gli studi attuali, centrati sul tema della resilienza, confermano che la capacità di cambiamento di un giovane, caduto in comportamenti recidivi, è legata all’incontro con un adulto che ha saputo rivolgere su di lui uno sguardo di fiducia, liberandolo dal proprio passato. Come instaurare questa fiducia? Don Bosco, lungi dal raccomandare una tecnica educativa, risponde soltanto “con l’affetto”. È lui l’educatore del XIX secolo che, dopo tutte le correnti pedagogiche iper-razionaliste del secolo dei lumi, ha riabilitato la sfera affettiva all’interno della relazione educativa. L’esperienza insegna che la sfera affettiva è costitutiva di ogni relazione umana. Così, piuttosto che escluderla all’interno della relazione educativa, egli consiglia all’educatore di saperla gestire per instaurare un clima di fiducia. “Senza affetto non c’è fiducia. Senza fiducia non c’è educazione”. Questa è, oggi come ieri, la migliore sintesi del pensiero educativo di Don Bosco. Il Santo piemontese confidava molto sulla provvidenza, la stessa cantata dal Manzoni nei Promessi Sposi”. “Non sono un grande lettore, ma devo ammettere che quando, a distanza di anni, ho riletto i Promessi Sposi, ho ritrovato questa grande fiducia nella Provvidenza, ne ho tratto un insegnamento bello che cerco di fare anche mio. Mi piace leggere le vite in breve dei Santi per comprendere che si diventa Santi, anche oggi, nel fare in modo straordinario le cose ordinarie”. In una conferenza all’università Cattolica del 1939, proprio sul tema della Provvidenza, don Luigi Orione disse: “Manzoni ha cantato la fiducia in Dio, ha cantato la Divina Provvidenza e ci ha dato, nei Promessi Sposi, il poema della Provvidenza. Leggete questo gran libro, questo libro che è la più alta apologia del cristianesimo che sia stata scritta, per il popolo specialmente, in questi ultimi tempi. La c’è la Provvidenza! E c’è la carità che è Provvidenza e la Provviden­za che è la carità. Provvidenza che, molte volte, noi tocchia­mo, e non la vediamo o non la vogliamo vedere; Provvidenza che si e gettata sui nostri passi, che viene a noi in tutte le forme, e con tutte le delicatezze con le quali il Signore spar­ge la sua luce davanti al cammino degli uomini. La c’è la Provvidenza, e c’è anche la carità, per tutti, anche per i peccatori”.
LUCIANO FEBBRARI 19 lug 2016 00:00