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Brescia
di LUCIANO ZANARDINI 07 giu 2023 08:30

Il desiderio di essere sempre un uomo di Parola

Don Davide Bellandi è stato nominato curato di: San Carlo in Rezzato, San Giovanni Battista in Rezzato, dei Santi Pietro e Paolo in Virle Treponti – che costituiscono l’Unità Pastorale “Sale della terra”. 

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"Ogni giorno è un nuovo giorno”. Basterebbe l’aforisma contenuto ne “Il vecchio e il mare” per parlare di don Davide Bellandi. “Ogni giorno è un nuovo giorno” per conoscere, per apprendere, per provare a stupirsi, per porre delle domande, per instaurare nuove amicizie, per mettersi in cammino. In questi anni, prima e dopo il discernimento in Seminario, ha cercato di coltivare la relazione con le persone che la vita gli ha posto davanti: in famiglia, in oratorio, con gli amici, nella sua comunità di appartenenza, nel mondo della scuola e nelle esperienze già da adulto con gli scout: “Le Associazioni e i Movimenti danno qualcosa in più.  Favoriscono le relazioni. Chiedono una scelta responsabile, chiedono un impegno. E chiaramente quell’impegno aiuta”. La relazione con le persone l’ha portato a porsi delle domande sulla relazione con Dio. Classe 1987 e originario di Montichiari, don Davide Bellandi è una vocazione adulta: è entrato, infatti, in Seminario dopo la laurea in matematica all’Università Cattolica, un dottorato di ricerca e un’esperienza come insegnante di matematica e fisica al Liceo Bagatta. In Seminario ha svolto due anni di servizio a Gavardo, in terza teologia ha ricoperto l’incarico di animatore vocazionale, poi per due anni ha aiutato la parrocchia di San Bartolomeo prima di svolgere l’anno diaconale nell’unità pastorale di Concesio. Proviamo a conoscerlo meglio.


Don Davide, i tuoi studi in matematica ti saranno ancora utili?

Mi ricordo l’Ordinario di analisi che in una delle prime lezioni in Cattolica esordì dicendo: “Si pensa che la matematica sia la scienza dei numeri, ma, se guardate la lavagna, la matematica è la scelta dei simboli”. Durante lo studio in Seminario, mi sono reso conto che pur non utilizzando più gli strumenti matematici, la forma mentis partiva da lì. Ho studiato molti più anni matematica rispetto a teologia. Mi ha regalato un’attenzione eccessiva e a tratti pesante rispetto all’analisi e al vederci chiaro. La ricerca di una certa trasparenza è un portato degli anni dello studio. Poi molte cose che si imparano durante i corsi, non servono per insegnare matematica.


Come pensi di essere cambiato durante la tua formazione?

Il Seminario fa crescere i ragazzi per farli diventare uomini di Parola. E possiamo attribuire a questo termine (parola) più significati. Essere uomini di parola significa essere affidabili. E oggi, a volte, è un tesoro raro. Essere uomini di Parola per il fatto di avere incrociato Gesù. Gli uomini di Parola curano la loro relazione con Gesù Cristo e curano anche la relazione con Gesù Cristo delle persone che trovano accanto.


Cosa ti porti dentro della Parola?

Se devo pensare a un versetto, dico Giovanni 3, 16: “Poiché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna”. Ci sno tante icone bibliche che custodisco nel cuore, tra queste Giacobbe che lotta sulla riva del Jabbok ed esce con un nome nuovo perché lì ha incontrato Dio”.


Ti piace leggere?

Sì. Teologia, filosofia… e mi impegno a leggere i romanzi perché generano una cultura degli affetti. Per quanto riguarda la spiritualità, ho letto, e le ho trovate molto belle, le catechesi di Francesco sulla preghiera. Il Papa fa un’azione di decodificazione che a volte è difficile da fare. E questa capacità gli è riconosciuta dalla maggioranza delle persone.


C’è un libro che consiglieresti?

Rischiando di essere banale, dico Il Piccolo Principe. Come romanzo “Il vecchio e il mare” di Hemingway.


Hai in mente delle priorità pastorali?

Non guardo avanti. C’è sicuramente un portato personale, ma c’è soprattutto una comunità alla quale sei affidato.


Come ti descriveresti?

Sono uno che fa molte domande. Sono uno al quale piace stare e passare del tempo in compagnia. Mi piace camminare, leggere e giocare a pallone, ma sono aspetti difficili da custodire perché il tempo è poco.

Figlio unico, come hanno accolto i tuoi genitori la decisione di entrare in Seminario?

Hanno accolto bene l’ingresso in Seminario nella misura in cui mi hanno visto sereno in quello che facevo.


Come possiamo spiegare la serenità?

Mi piace l’immagine del mare. A pelo d’acqua ci può essere anche una burrasca, ma sul fondo il mare è tranquillo. Parlo di una serenità che non è facilmente individuabile. Uno si rende conto che la vita non è una lotta, ma un accogliersi a vicenda come dono. Tutto cambia.


I tuoi amici come hanno reagito?

Alcuni se lo aspettavano, altri pensavano a un ingresso in qualche Ordine religioso, altri erano curiosi.


Parliamo dei giovani, ma poco con i giovani. Come intercettare le loro gioie e le loro preoccupazioni?

Quelle domande di senso che spesso compaiono nelle analisi, ci sono, ma non vengono tematizzate. Provengo da una compagnia di amici ai quali è sempre piaciuto dialogare e confrontarsi anche su grandi temi. Ma mi rendo conto che quella non è sempre la normalità. Le domande di senso sono quasi un fiume carsico: a volte ci sono, a volte no.


Come risvegliare queste domande?

Un cristiano deve curare le relazioni viso a viso. È quello il luogo in cui passa il Vangelo. È una questione di tempo, anche “perso”, per gli altri. In Evangelii Gaudium il Papa ci ricorda che il tempo è superiore allo spazio.


Tutto è connesso. Come possiamo far capire alle persone che ci salviamo tutti insieme?

La sfida è riconoscere le persone che si hanno davanti non come ostacoli ma come le vie per incontrare Cristo. Mi viene in mente una citazione del card. Tomáš Špidlík: “Gli incontri sono la vita eterna”. Quando ci relazioniamo con le persone, fatichiamo a cogliere questo.


C’è un sacerdote al quale sei particolarmente legato?

Ci sono tante figure di presbiteri che mi hanno aiutato. Gli anni importanti dell’adolescenza li ho trascorsi, ad esempio, con l’allora curato di Montichiari, don Davide Colombi. Ma sono veramente tanti i presbiteri che dovrei ricordare e ringraziare…

LUCIANO ZANARDINI 07 giu 2023 08:30