Il vescovo Giulio aveva lo sguardo fisso su Gesù
Sabato 8 novembre, prima della tumulazione in Cattedrale davanti al monumento di San Paolo VI, è stata celebrata una Messa in suffragio del vescovo emerito Giulio Sanguineti. Nell'omelia, mons. Pierantonio Tremolada l'ha ricordato come "pastore mite e lungimirante, concreto e sobrio. Il vescovo Giulio è stato uomo di grande fede e di forte spiritualità. Il suo motto episcopale 'In sanguine suo' lascia trasparire la centralità che ebbe per lui il rapporto con Gesù, l’Agnello di Dio che per amore dell’intera umanità ha versato il suo sangue sulla croce. Si potrebbe riassumere la sua spiritualità in un versetto della Lettera agli Ebrei che gli era particolarmente caro e che spesso proponeva agli altri: “Anche noi dunque, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento (Eb 12,1-2).
Aveva lo sguardo fisso su Gesù. Non fu certo un caso che egli abbia scelto questi versetti come citazione per l’immagine ricordo del suo cinquantesimo anniversario di ordinazione presbiterale (il 29 maggio 2005) e abbia voluto unirvi la riproduzione fotografica della meravigliosa icona del volto di Gesù presente nella sacrestia della nostra Cattedrale. La riconosciuta capacità di ascolto del vescovo Giulio – caratteristiche della sua paternità – rifletteva esattamente questo: lo sguardo del vescovo era affascinato e incantato dal volto di Cristo.
Chi ha conosciuto da vicino il vescovo Giulio, racconta che, arrivando a Brescia agli inizi del 1999, egli rimase letteralmente impressionato dai numeri e dalle dimensioni della Diocesi. Siccome, però, era un uomo dal cuore lieto e allietante, invece di spaventarsi o bloccarsi, decise di investire sulle relazioni. Il primo impegno che si prese fu di imparare i nomi e i volti dei suoi sacerdoti.
Coltivare le relazioni: era questa la sua scelta pastorale prioritaria. Si impegnò nella visita pastorale che condusse dall’anno 2001 all’anno 2006 e che visse non come atto amministrativo ma come occasione di grazia. In quelle visite diffondeva serenità e simpatia. Dopo qualsiasi incontro con i più diversi gruppi parrocchiali, i Consigli Pastorali, le Associazioni o i Movimenti laicali era unanime la reazione e il commento di chi lo aveva ascoltato: tutti si sentivano incoraggiati e rallegrati. La sua capacità di infondere speranza, pur tra mille problemi e complessità, era innata e spontanea. Si fondava sulla sua vita di preghiera, cioè nella sua relazione personale col il Signore Gesù Cristo, sul quale manteneva fisso lo sguardo. Questa fede genuina generava un altro dei suoi tratti caratteristici: l’entusiasmo. Fu questo il motore che lo spinse a valorizzare i mezzi di comunicazione sociale e di informazione. Questi ultimi furono oggetto di una sua specifica attenzione, che derivava, oltre che dalla sua sensibilità, dalla convinzione che il loro uso corretto e creativo contribuisse ad una evangelizzazione al passo con i tempi. Una simile convinzione gli valse il riconoscimento della Conferenza Episcopale Italiana, che gli affidò per cinque anni (dal 1995 al 2000) l’incarico di presiedere la Commissione per le Comunicazioni sociali. La nostra Diocesi di Brescia ha voluto dedicare a lui il proprio Centro per le Comunicazioni. Che una simile sensibilità si coniugasse armonicamente con la sua formazione di stampo giuridico – era laureato in Diritto Canonico – è un particolare che stupisce e lascia intravedere la variegata fisionomia della sua personalità.
Ebbe inoltre molto a cuore la cura dell’educazione dei ragazzi e promosse con convinzione e impegno la revisione della proposta di catechesi per loro e per i loro genitori, i cui principi fondamentali stanno ancora ispirando la nostra azione pastorale in questo campo. Considerava inoltre l’oratorio un’originale e feconda modalità di accompagnamento dei ragazzi nel loro cammino di fede e di crescita umana. Raccomandava di valorizzarlo in modo creativo.
Il vescovo Giulio guardava alla Chiesa in una prospettiva missionaria. In una delle sue ultime omelie si esprime così: 'Chiedo alla Chiesa bresciana di non accontentarsi della sua forte tradizione cristiana, ma di assumere lo sforzo per un impegno di testimonianza nel presente della nostra terra' . Sentiva il bisogno di superare una visione statica della Chiesa e la spronava a compiere un coraggioso cammino di rinnovamento. Sentiva vivo l’appello del Concilio Vaticano II a riconoscere i segni dei tempi, per accogliere la voce dello Spirito. Esortava ad una viva corresponsabilità nella Chiesa, che permettesse a ciascuno di dare il proprio contributo per l’edificazione del Corpo vivo di Cristo. Della personalità del vescovo Giulio non va infine dimenticato il tratto della semplicità. Chi lo ha conosciuto più da vicino è stato testimone della sua spontanea empatia, unita a una squisita amabilità. Più nascosta è stata la sua generosità e la condivisione nei confronti delle persone povere e in difficoltà.
Infine, se l’anno liturgico ben celebrato costitutiva l’ossatura del suo ministero sacerdotale ed episcopale, una tenerissima devozione a Maria Santissima illuminava la sua ferialità e dava ristoro alle sue intense giornate".






















