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Brescia
di LUCIANO ZANARDINI 05 gen 2017 10:00

La devozione mariana è ancora viva?

Con don Piero Bonetta, assistente generale dell'Oftal, iniziamo in questo 2017 un percorso per riscoprire settimana dopo settimana su "Voce" i santuari mariani presenti nella diocesi di Brescia. Lo facciamo in questo anno particolare nel quale ricorre anche il centenario delle apparizioni di Fatima

All’inizio di ogni anno, celebriamo, come ha ricordato il Papa il 1° gennaio, “la maternità di Maria come madre di Dio e madre nostra" per ricordare "una certezza che accompagnerà i nostri giorni: siamo un popolo con una Madre, non siamo orfani. Celebrare la Santa Madre di Dio ci spinge a creare e curare spazi comuni che ci diano senso di appartenenza, di radicamento, di farci sentire a casa dentro le nostre città, in comunità che ci uniscano e ci sostengano”.

Don Piero, nel nostro territorio sono sorti, nei secoli, molti luoghi dedicati al culto mariano. Perché da sempre l’uomo affida le sue speranze a Maria?

Il territorio della nostra Diocesi è veramente disseminato di Santuari espressione viva e sincera dell’ affetto che sempre la gente ha avuto e tutt’ ora ha verso la Madre celeste. Alcuni sono sorti in seguito ad apparizioni della Vergine Maria altri invece sono di origine devozionale o frutto di voti o grazie. Il motivo per cui l’ uomo affida da sempre le sue speranze e attese a Maria lo si può trovare già nell’ esempio che Lei ha dato accanto a suo Figlio Gesù. Perché la si sente donna incarnata nella sua storia a pieno titolo, dentro la vita banale ma straripante di provvidenza di tutti i giorni. Sposa, madre, vedova, discepola. Ci si affida a Lei perché Lei capisce, prevede e provvede: “La tua benignità non pur soccorre a chi domanda, ma molte fïate liberamente al dimandar precorre” (Paradiso, canto XXXIII). 

E oggi Maria con il suo affidamento a Dio che cosa può comunicare alle nostre comunità?

Tanto, tantissimo: in Lei comprendiamo le parole della parabola del tralcio e della vite e divenne un tutt’ uno con Gesù. Ma ci rendiamo conto che una piccola donna di Nazareth che tutto aveva in mente che prestarsi a una maternità divina si trova, per lo Spirito Santo, quindi per Dio, ad essere la donna più amata sulla terra, ancora oggi. Da Maria le nostre comunità imparano a pregare per generare Cristo partecipando alla comunione del suo Corpo Mistico; a fidarsi del Magistero, come lei si è fidata dell’angelo Gabriele, per accogliere e donare Cristo. Poi ci insegna l’ obbedienza alla Parola di Dio luce per illuminare le nostre scelte e forza per realizzare i progetti di una comunità amante dell’umanità. Maria ci insegna a non temere la polvere che si aggrappa ai vestiti nel tempo del servizio e della carità. Infine ma non è ancora tutto ci insegna a guardare in alto per rispecchiare verso la terra un frammento di cielo

Spesso si liquida il culto mariano solo come un retaggio della devozione popolare. È così impossibile riscoprire e valorizzare la devozione popolare?

Precisiamo subito che dire “devozione popolare” non significa affermare qualcosa di negativo, anzi … se non fosse per quella tantissimi di noi, senza quelle basi,  sarebbero ancora primitivi spiritualmente. Benché ci siamo fatti l’opinione che oggi la gente si allontani dalla preghiera e dai sacramenti in controtendenza va evidenziato l’ affollamento dei santuari e la spasmodica spinta di veder riconosciute alcune apparizioni ancora, prudenzialmente,  in fase di osservazione. Rispondendo alla domanda è possibile riscoprire e valorizzare la devozione popolare rispondo sì, però è necessario crederci. Tante cose sono state tralasciate perché a detta di qualcuno erano superate o anacronistiche ma ci si rende conto del vuoto che esperienze comunitarie di devozioni varie hanno lasciato. Oggigiorno è facile gettare insieme all’ acqua sporca  anche il bambino. Poi non dimentichiamo che il primo devoto di Maria è stato Dio: “ … perché ha guardato all’ umiltà della sua serva …”. Il Beato Paolo VI disse: “ Non si può essere veri cristiani se non si è anche mariani”. Giustamente si cammina e si cerano nuove strade anche per percorsi spirituali ma credo si possa inserire uno spirito nuovo in strutture sperimentate, perché no? Bobbiamo fare attenzione a non relegare la novità in ciò che è estremamente profano. Ad esempio: spesso abbiamo creato spazi per le sagre intorno ai Santuari. Abbiamo tolto la gente dalle chiese la gente per portarla sotto le tensostrutture; li abbiamo spostati dai banchi della chiesa ai banchi (tavoli) di mense imbandite di ogni ben di Dio; abbiamo sostituito l’odore dell’incenso con quello degli spiedi; abbiamo smesso di cantare i salmi per ascoltare musichette; non abbiamo più chierichetti a servire alla mensa del Signore ma ci sono schiere di ragazzi e ragazze a servire piatti. Senza demonizzare la buona volontà e le esigenze concrete delle Parrocchie, però ci vorrebbe un po’ più di equilibrio

Per concludere, don Piero, in questo tuo viaggio nei santuari mariani hai trovato un filo conduttore, delle caratteristiche comuni?

Certamente il filo conduttore è il desiderio di pace, di tenerezza, di famiglia, insomma di autenticità. Poi la fede che si respira: quella solida di tante creature splendide tra le quali molte provate da dolori e sofferenze ma con una fede appunto  imperturbabile e incrollabile. Bello vederle ringraziare e sorridere a Maria. Poi la fede rinata in tanti altri e quella finalmente sbocciata in altri ancora. La fede. La gioia di trovarsi intorno alla Vergine è palpabile e sprona tutti a sentirsi corresponsabili della serenità di ognuno.  Il sorriso ancora è contagioso tanto da farti desiderare di portare un pezzo di quei luoghi a casa, come Naaman il Siro voleva fare, dopo essere stato liberato dalla lebbra,  con la terra di Giordania. La Vergine Maria infine rafforza nei pellegrini la speranza: di continuare a desiderare la Verità, di rendere sempre più gioiosa la vita e facendo quello che Maria disse alle nozze di Cana e che oggi ripete a noi, riguardo a Gesù: “Fate quello che vi dirà”. Tenendo ben saldi i nostri piedi sulla via tracciata da Gesù. Sì, è così: i Santuario sono luoghi della speranza dove ci si rigenera e ci si rafforza. Sono insomma il luogo del possibile.

LUCIANO ZANARDINI 05 gen 2017 10:00