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Brescia
di ELISA GARATTI 11 feb 2025 10:28

Insieme per la cura dei senza fissa dimora

In occasione della Giornata del malato, Brescia rilancia “Insieme si cura”, progetto nato dalla collaborazione tra diocesi, istituzioni e realtà sanitarie per garantire assistenza ai più fragili, inclusi i senza dimora

“Insieme per la cura” per le persone senza fissa dimora: l’opera segno della diocesi di Brescia. Come interpretare la speranza alla luce della malattia? È l’interrogativo che emerge in questo anno giubilare in occasione della XXXIII Giornata mondiale del Malato che si celebra come consuetudine l’11 febbraio, nella memoria della beata Vergine Maria di Lourdes. Se è vero che, a Brescia, le celebrazioni sono cominciate già la scorsa domenica, 9 febbraio, con la messa giubilare per gli ammalati presieduta da mons. Pierantonio Tremolada, e proseguiranno anche oggi con la visita del vescovo alla Rsa “Le Rondini” di Lumezzane, la diocesi bresciana ha dimostrato di agire concretamente in tal senso non solo in questa occasione.

Ne è stato un esempio l’esperienza del “Covid Hotel” al Centro Paolo VI – unica in Italia - durante la pandemia, ottenuta grazie al volere del vescovo Tremolada che ha, fin da subito, trovato il supporto delle strutture ospedaliere del territorio. Così come ne è un’ulteriore conferma “Insieme per la cura”, il protocollo d’intesa sottoscritto ad inizio anno dalla diocesi insieme ad alcuni enti locali per contrastare la crescita di situazioni di marginalità, sociale e sanitaria, attraverso interventi a medio termine.

Insieme si cura. “Durante il momento tragico della pandemia – sono le parole di Giuliano Binetti, vicedirettore dell’Ufficio diocesano per la pastorale della Salute – sono nate importanti collaborazioni con le strutture sanitarie del territorio. A pochi anni di distanza, abbiamo sentito nuovamente la necessità di fare squadra, intervenendo sulla difficile questione dell’accesso alle cure delle persone senza fissa dimora. Abbiamo, quindi, dato vita al progetto ‘Insieme si cura’”.Tre gli obiettivi del progetto: migliorare l’accesso ai servizi sanitari e socio-assistenziali delle persone senza fissa dimora in condizioni di fragilità fornendo degli interventi di primo livello presso le sedi ospitanti o gli enti erogatori, creare un sistema di supporto integrato che garantisca continuità assistenziali post-ospedalizzazione e promuovere la collaborazione e la comunicazione tra le strutture ospedaliere, i servizi sociali, le organizzazioni non-profit e le istituzioni locali.

Fare rete. Dalla proposta formulata dal vescovo, si è passati all’azione. “Anzitutto, ci siamo mossi per incontrare queste persone e conoscere le loro esperienze e le loro storie. Abbiamo scoperto che circa il 60% di soggetti in estrema fragilità ha esigenze di natura sanitaria, che siano essi problemi fisici o psichici. L’accesso alle cure, al tempo stesso, è complicato, visto che meno del 10% di loro ha il tesserino sanitario e in molti, soprattutto chi non ha permessi regolari di soggiorno, sono restii a rivolgersi a ospedali attraverso i canali istituzionali” ha continuato Binetti. Dalla fase di ascolto si è poi passati a quella di costruzione di un tavolo di discussione e progettazione. “Abbiamo capito fin da subito che bisognasse fare rete per agire efficacemente - è sempre il racconto del vicedirettore -.

Le realtà del territorio hanno risposto subito presenti. Le Acli provinciali, per esempio, si sono messe a disposizione per offrire una consulenza in materia assistenziale e previdenziale e la Congrega Apostolica per fornire risorse essenziali per l’acquisto dei beni sanitari e dei farmaci. Ma ancora: il Fatebenefratelli e la Poliambulanza hanno deciso di offrire il proprio personale medico e infermieristico che prenderà in carico la persona segnalata dal Case Manager e attiverà l’equipe medica itinerante". È proprio questo uno degli aspetti più interessanti del progetto: "il personale non aspetta queste persone nelle strutture ospedaliere, ma va nelle zone dove queste si muovono e vivono, le incontra e fornisce loro supporto”. Nella lista dei firmatari, oltre ai già menzionati, figurano anche: il Comune di Brescia, l’Agenzia di tutela della salute di Brescia, la Fondazione Opera Caritas San Martino, l’associazione Casa Betel 2000, Kemay Società Cooperativa sociale, la Congregazione Suore Ancelle della carità, la Società San Vincenzo de Paoli e la Provincia Lombardo Veneta – Ordine ospedaliero San Giovanni di Dio Fatebenefratelli a cui afferisce l’Irccs Centro San Giovanni di Dio e il Villaggio di San Giovanni di Dio. “Pellegrino della speranza”.

Un gesto che ricorda la figura del “pellegrino della speranza”, simbolo del Giubileo 2025. Non a caso, “Insieme si cura” è stata scelta come una delle opere segno del Giubileo bresciano. “Questa iniziativa è un vero segno di speranza, perché va incontro agli emarginati e alle persone con estrema fragilità”. È quindi, per così dire, un’opera 1 / 2 ‘seme’, che infonde speranza in una prospettiva non solo di cura fisica, ma anche relazionale, prendendo a cuore la dimensione più psicologica, spirituale e sociale della persona. L’obiettivo è chiaro: nessuno deve essere lasciato indietro. “Con unione e impegno condiviso, Brescia si fa portavoce di una visione di città inclusiva e attenta alle necessità di tutti i suoi cittadini – ha concluso Binetti -. ‘Insieme si cura’ è un progetto pilota e mi auguro che, in questo anno giubilare, possano nascere nuovi sviluppi”.

ELISA GARATTI 11 feb 2025 10:28